Nuove strategie di lotta all’abuso delle sostanze stupefacenti potrebbero arrivare dalle recenti scoperte scientifiche. Un gruppo di ricercatori americani, coordinati da Eric Nestler della Mount Sinai School of Medicine di New York, comunica dalle pagine della rivista Neuron che eliminare il desiderio per la cocaina e la gratificazione che deriva dalla sua assunzione potrebbe essere un traguardo non così lontano.
I ricercatori hanno studiato i meccanismi attraverso cui la cocaina modifica l’espressione genica nelle aree cerebrali coinvolte nei circuiti del piacere, della motivazione e della ricompensa. Grazie a una tecnica innovativa, chiamata ChIP-chip, è stato possibile analizzare i cambiamenti strutturali della cromatina - la forma in cui il DNA è presente nel nucleo delle cellule - nel nucleo accumbens di topi sottoposti a somministrazione ripetuta di cocaina.
Il nucleo accumbens fa parte del sistema dopaminergico mesolimbico, un circuito cruciale nella modulazione degli effetti di ricompensa sia in risposta agli stimoli naturali (cibo, sesso, interazioni sociali), sia verso le sostanze d’abuso. I risultati dello studio hanno dimostrato che in questa regione cerebrale la cocaina interferisce con l’attività di numerosi geni e induce l’espressione di CREB e deltaFosB. Questi due fattori di trascrizione si legano a particolari sequenze di DNA e regolano molteplici funzioni cellulari e comportamenti, tra cui l’apprendimento, la memoria, la risposta emozionale agli stimoli.
CREB e deltaFosB avrebbero un ruolo decisivo nella caratterizzazione della dipendenza dalla cocaina. In particolare, CREB è responsabile degli effetti a breve termine associati all’assunzione degli stupefacenti e alla crisi di astinenza. L’assunzione cronica di cocaina produce invece un’overespressione di deltaFosB, che aumenta la sensazione di ricompensa e induce una continua ricerca della droga, soprattutto da parte dei soggetti più giovani. Con il risultato di un vero e proprio scompiglio molecolare, perchè viene modificata l’espressione di geni coinvolti in innumerevoli processi cellulari, dalla trasmissione sinaptica alla biochimica dei recettori di membrana, dalla funzionalità dei canali ionici alla crescita e al differenziamento cellulare, fino alla risposta immunitaria.
I cambiamenti dell’espressione genica si traducono in alterazioni persistenti dei network nervosi della gratificazione. La cocaina incrementa il rilascio di dopamina, un neurotrasmettitore che provoca una sensazione di piacere. Il consumo continuo di cocaina crea però tolleranza, per cui è necessaria una dose di sostanza sempre maggiore per ottenere lo stesso piacevole effetto iniziale. Si innesca così un circolo vizioso che porta alla dipendenza.
La tecnica ChIP-chip ci fa viaggiare all’interno del genoma, nelle molecole che lo compongono, verso la sorgente di questo effetto domino, talvolta letale. Essa combina l’immunoprecipitazione della cromatina (ChIP) con l’analisi microarray (chip) e permette di identificare i siti di legame delle proteine al DNA mediante uno screening rapido dell’intero genoma. Le proteine analizzate sono in gran parte fattori di trascrizione e proteine coinvolte nella replicazione del DNA, tra cui gli istoni. Una loro modificazione varia il normale assetto dei siti di legame al DNA creando nuovi elementi funzionali che possono essere così riconosciuti.
L’analisi ha rivelato che la cocaina modifica le proteine istoniche (nei topi già 30 minuti dopo una singola iniezione) provocando un rimodellamento della cromatina e quindi della trascrizione che, in ultima analisi, ridefinisce i meccanismi della plasticità neuronale e il comportamento degli abituali consumatori di questa sostanza. I ricercatori americani hanno identificato per la prima volta uno dei bersagli di questi rimodellamenti genetici provocati dalla cocaina. Si tratta delle sirtuine, una famiglia di proteine conservate nel corso dell’evoluzione tra le diverse specie. Queste proteine sono fondamentali per coordinare gli schemi dell’espressione genica perchè decidono quali geni attivare e quali mantenere silenti, regolando, a loro volta, il rimodellamento della cromatina. L’assunzione cronica di cocaina incrementa la trascrizione delle sirtuine aumentandone l’attività nel nucleo accumbens e quindi potenziando gli effetti della sostanza, in una sorta di circolo senza uscita. L’inibizione delle sirtuine potrebbe rivelarsi un potenziale trattamento farmacologico contro la dipendenza dalla cocaina.
I geni sono la tappa finale. Il viaggio inizia lontano, tra le montagne della Colombia, del Perù e della Bolivia, principali luoghi di produzione della cocaina, continua attraverso le rotte sudamericane e caraibiche verso l’Africa e termina in Europa, luogo di consumo massiccio e trasversale tra le classi sociali e le generazioni. Nel rapporto annuale dell’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addiction si legge che in Europa 12 milioni di persone tra i 15 e i 64 anni hanno consumato cocaina almeno una volta nella vita, e il 20 per cento dei giovani tra i 16 e i 24 anni abusa di questa sostanza più di una volta al mese. Inizialmente invisibili, le alterazioni genetiche producono effetti devastanti a livello neurologico e cardiovascolare, che possono essere aggravati da condizioni cliniche preesistenti, quali malformazioni vascolari, oppure da fattori di rischio come il fumo o l’abuso di alcol. Un vero e proprio dissesto di vaste proporzioni.
Marina Ferrario
© RIPRODUZIONE RISERVATA