Non c’è dubbio, la genetica ha cambiato il ritmo e il volto delle scoperte scientifiche, offrendo nuovi approcci clinici alle malattie. Nel mirino è finita di recente l’obesità, una patologia che nei paesi ricchi ha raggiunto numeri da epidemia. I nuovi risultati, secondo alcuni ricercatori, mostrano che i geni che predispongono allo sviluppo dell’obesità sono attivi nel cervello. Come dire, alcuni individui sarebbero programmati geneticamente per essere in sovrappeso. Secondo questi dati, nella definizione di massa corporea sembra prevalere l’appetito sul metabolismo, il comportamento alimentare sui processi biochimici. I sei nuovi geni identificati sono infatti abbondantemente espressi nell’ipotalamo e nella corteccia cerebrale, due aree coinvolte nella regolazione del peso corporeo, dell’appetito e di altri aspetti comportamentali. Lo studio, pubblicato su Nature Genetics, ha coinvolto oltre 90.000 persone ed è stato condotto da ricercatori appartenenti a 76 istituzioni internazionali, riunite a formare il Genetic Investigation of Anthropometric Traits Consortium. Grazie a una tecnica innovativa, la genome-wide association, è possibile effettuare uno screening rapido dell’intero genoma per cercare geni e varianti genetiche – cioè variazioni a livello di una sequenza di acidi nucleici – associate a una particolare patologia. Così nel 2007 fu scoperto il primo gene associato all’obesità, il fat mass and obesity gene (FTO). Ora, con la stessa metodologia, altri sei geni aggiungono un tassello alla comprensione delle cause di questa patologia. Punto di partenza, 32.000 individui di origine europea, nelle cui mappe genetiche sono stati cercati i geni associati all’indice di massa corporea (BMI), un indicatore dello stato di peso forma espresso come rapporto tra peso e altezza. Le associazioni più significative sono state confermate in altri 59.000 soggetti. Tappa finale, la scoperta di sei nuovi geni fortemente associati a un maggiore rischio di sviluppare l’obesità. La sorpresa, questi geni sono attivi in alcune aree cerebrali piuttosto che nel tessuto adiposo. L’influenza assoluta di questi geni sull’aumento del BMI è relativamente modesta ma consistente. I chili di troppo per chi si ritrova con la pesante eredità sono meno di due, tuttavia l’elevato numero di partecipanti ha consentito di ottenere solidi dati statistici per poter affermare ragionevolmente una correlazione tra presenza delle varianti genetiche e sovrappeso. Due dei sei nuovi geni identificati sarebbero inoltre associati allo sviluppo del diabete di tipo 2. L’obesità è una malattia molto diffusa, in crescita soprattutto tra i bambini. In Italia oltre un milione di bambini tra i 6 e gli 11 anni vive tra sovrappeso e obesità. Questi i dati allarmanti dell’ultima indagine condotta lo scorso maggio nelle scuole di diciotto regioni italiane dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali in collaborazione con l’Istituto superiore di sanità, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, l’Istituto nazionale di ricerca e nutrizione. I dati raccolti indicano che il 24 per cento dei bambini è in sovrappeso e il 12 per cento è obeso. Il quadro è critico soprattutto perchè l’obesità rappresenta un importante fattore di rischio per altre gravi patologie, in particolare per le malattie cardiovascolari e per il diabete. Di qui l’urgenza di far luce sui meccanismi che regolano il bilancio energetico per mettere a punto terapie farmacologiche e strategie di prevenzione capaci di mantenere sotto controllo il peso corporeo. Ancora non esistono terapie efficaci per la cura dell’obesità. I nuovi geni identificati e quelli che verranno scoperti in futuro sembrano indicare un percorso possibile.