Cancellare le memorie di lungo periodo, legate magari ad eventi traumatici, o al contrario rinforzarle quando iniziano a deteriorarsi a causa di malattie degenerative: non più fantascienza, ma un traguardo sempre più vicino.
Un gruppo di neuroscienziati, guidato da Cristina Alberini, professore di Neuroscienze all'università di New York, ha scoperto il meccanismo base del processo di consolidamento di determinati ricordi, legato ad alcuni ormoni, come ha spiegato a Venezia alla conferenza The future of science.
«Perché una memoria diventi a lungo termine - spiega - serve un certo livello emotivo, di stress ed eccitazione». Tuttavia, se lo stress diventa troppo elevato, «si crea un deficit - continua - si interrompe il processo di apprendimento e il ricordo non si consolida».
Alcune memorie, come quelle negative associate alla paura, sono «legate al rilascio di ormoni, come il cortisolo e l'adrenalina. Noi abbiamo visto - precisa - che si può intervenire per ridurre o consolidare la memoria sfruttando una particolare finestra temporale. Dopo che il ricordo si è formato, c'è un momento in cui la memoria diventa labile prima di conèolidarsi nuovamente. Proprio quando il ricordo è labile, noi interveniamo con dei farmaci, bloccando, nel caso di ricordi negativi, i recettori del cortisolo. Se invece vogliamo rinforzare il ricordo, aggiungiamo il fattore di crescita IGF2, che aumentà l'intensità e la persistenza del ricordo».
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