Incrocio i loro sguardi nel pc
la scuola online non è virtuale

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Anche nelle prossime settimane la scuola proseguirà e si concluderà - per quest’anno scolastico - on line. Sono numerose le lettere che arrivano su questo tema, sia da parte di insegnanti come degli studenti.

24 alunni in pochi centimetri

Dopo circa due mesi di didattica a distanza posso affermare che, benché sia risaputo che la comunicazione sia facilitata dalle nuove tecnologie, fare scuola online è faticoso.

Nello stesso tempo, è una sfida che stiamo fiduciosamente affrontando. Non intendo esprimere valutazioni pedagogiche o didattiche. Racconto solo una storia.

Sono un’insegnante che, come moltissimi altri docenti, si è affacciata all’ipotesi della didattica online con timore, ma anche con entusiasmo e ottimismo.

Quando abbiamo sospettato una lunga chiusura delle scuole, i miei colleghi ed io abbiamo immediatamente iniziato a sperimentare videolezioni o altre opportunità di didattica a distanza. Ci si chiamava a qualsiasi ora: «Ti ho inviato il link, guarda se riesci a collegarti…,mi senti? Mi vedi?...».

Fino a notte fonda, i primi giorni sono stati un fermento di idee e di strategie nel tentativo di scollare il nostro “fare scuola” dalle aule per renderlo un fluido sistema che potesse viaggiare leggero nell’etere. Insomma, una sorta di “scuola da campo” virtuale per fronteggiare la ben nota situazione d’emergenza.

Già dai primi giorni di marzo, dopo le sperimentazioni iniziali, avevamo pianificato un orario studiato ad hoc con videolezioni di tutte le discipline per ogni classe.

È vero, non è certamente la scuola che abbiamo lasciato il 22 febbraio, prima della breve vacanza di carnevale. Chi se lo aspettava? Chi poteva prevedere tutto ciò?

Abbiamo cercato nel più breve tempo possibile di fornire un sostegno e una presenza costante ai nostri ragazzi a casa, strappati così all’improvviso dalla vita scolastica e dalla loro quotidianità.

Abbiamo voluto con fermezza mantenere vivo con loro uno scambio emotivo, educativo e didattico, corroborando la certezza di essere parte imprescindibile della propria comunità di appartenenza.

Non è stato facile. Abbiamo dovuto superare pregiudizi, la nostra paura di banalizzare e di far scadere il valore educativo e culturale della scuola, insieme alla paura di non essere pienamente “docenti 2.0”. Ma, nonostante le innegabili fatiche, la stanchezza, le forti preoccupazioni, ci siamo velocemente trasformati in insegnanti capaci di fare scuola con fiducia anche in un momento così straordinariamente difficile e, per noi bergamaschi, così doloroso.

Ora la campanella, quel lungo squillo acuto al cambio dell’ora, ha un altro suono: sono le note sorde ma rassicuranti degli alunni che chiedono di partecipare alla videolezione: uno, due, tre… 23… 24. «Buongiorno profe!». Eccoli, li guardo, uno ad uno. Poi la domanda di tutte le mattine, posta con il fiato sospeso: «State bene? Anche i vostri familiari?».

Posso dire che i pochi centimetri quadrati del mio computer hanno sostituito un’aula di 25 metri quadri. Ma quanto spazio serve per riuscire a scrutare l’universo?

I loro sguardi li incrocio ogni giorno in una dimensione nuova, quasi “lillipuziana”. È come se, a causa di un incantesimo, tutto fosse stato rimpicciolito in scala 1:10 nel mio desktop: gli alunni, i colleghi, i genitori, la nostra scuola.

Didattica a distanza? Tutto ciò non è solo virtuale. Siamo collegati da magiche applicazioni del pc ma anche da un ponte invisibile che ci permette di continuare ad appartenere alla nostra comunità scolastica e di fare scuola. In modo diverso, imprevisto, incompleto.

Ma anche, eccezionalmente, umano.
Daniela Fuccio - docente Scuola secondaria primo grado, Stezzano

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