«Il silenzio è un grande dono
nella ripresa non perdiamolo»

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci hanno scritto per condividere i loro sentimenti, i progetti nei momenti di isolamento forzato per combattere il coronavirus.

Questo spazio è dedicato ai lettori che ci hanno scritto per condividere i loro sentimenti, i progetti nei momenti di isolamento forzato per combattere il coronavirus.

La vita che ci aspetta non sarà più la stessa. E se sarà migliore o peggiore dipenderà anche da noi.

Il dono del silenzio

Qualche mese fa non potevamo immaginare cosa avrebbe stravolto le nostre vite. Qualche mese fa non avremmo saputo dimostrare che l’uomo può improvvisamente trovarsi avvolto nel silenzio per colpa di un virus microscopico.

L’uomo, con la sua potenza e le sue conquiste, è riuscito ad arrivare ad un punto di non ritorno epocale e, sull’orlo del precipizio, si è dovuto fermare. Qualcuno accosta l’oggi alla grande peste del 1300, o alla febbre “spagnola” di inizio Novecento, ma lo fa senza comprendere le grandi differenze che, oltre l’aspetto medico, poco ci accomunano a quelle lontane pandemie. Innanzitutto i presupposti che l’hanno scatenata, il contesto storico, i mezzi scientifici limitati, la scarsa diffusione delle informazioni, la distanza abissale tra le comunità... Ma qui non voglio parlare dei parallelismi su precedenti pandemie che di simile registrano solo le vite falciate e le crisi economiche conseguenti.

Qui voglio soffermarmi brevemente sul silenzio... Il silenzio che ha caratterizzato sin dall’inizio questo flagello degli anni Duemila lo abbiamo riscontrato nelle immagini drammatiche dei media, il silenzio che ha contraddistinto la chiusura nelle nostre dimore, dalle quali ci affacciavamo durante il giorno per cercare di percepire suoni che alleggerissero la nostra angoscia. Suoni che spesso ci riservavano solo l’ululato di sirene lanciate in soccorso di una umanità naufragante.

Il silenzio delle nottate stellate a cavallo tra l’inverno ed una primavera incipiente, con una natura che si stava prendendo la scena e la rivincita sull’uomo sconfitto.

Il silenzio assordante come mi piace descriverlo delle fontane nelle città d’arte, a partire da quella di Piazza Vecchia, senza il vocìo delle persone.

Il silenzio di fronte alle nostre domande ripetute. Il silenzio che ci ha accompagnato davanti alla sequela di bare allineate o trasportate in luoghi lontani senza il conforto dei propri cari.

Il silenzio delle valli bergamasche, martoriate, inermi, dove nessuno aveva voglia di cantare dai balconi perché troppo impegnato a piangere o a combattere contro l’angoscia di un domani incerto.

Poi abbiamo sperimentato anche il mancato silenzio, alimentato da chi ha voluto esprimere a tutti i costi la propria opinione, ora alimentando il malcontento, ora cavalcando la polemica, ora dando spazio alla disinformazione che per giorni ha contraddistinto i social. Mi riferisco a quel “dono del silenzio” di cui molti non sono riusciti a fare tesoro, proprio nel momento in cui potevamo davvero sfruttarlo.

Adesso che tutto sembra lentamente riprendere, quel silenzio lascia il posto all’attesa. Per qualcuno può essere il momento di tornare alla propria realtà alienante, dove il silenzio non è mai presente, per altri un modo per riprendersi la vera essenza della vita che forse, ma meglio affermarlo a bassa voce, questa prova ci ha suggerito.

Diceva Martin Luther King: «Le nostre vite cominciano a finire il giorno in cui stiamo zitti di fronte alle cose che contano». E le cose che contano sono lì, a portata di mano; basta coglierle e viverle.
Giuseppe De Carli

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