«Eravamo a bordo
di una barca coi buchi»

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IL VIDEO: La Bergamo che non avete mai visto: una città che lotta in silenzio
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Sono in isolamento dal 7 marzo, come molti. Sto benissimo, non mi manca nulla, nemmeno un’oretta di esercizio fisico. Quando sento le sirene che ogni mezz’ora risuonano nel silenzio, penso che la mia situazione è di privilegiato.

In questi giorni si parla di guerra al virus, la prima linea dei medici, gli eroi, lo sforzo bellissimo dell’Ana per l’Ospedale da campo... Sì, grazie a chi viene a darci una mano, è davvero uno sforzo di volontà e presenza che commuove e meno male che c’è.

A tanti questa epidemia ha portato via amici e parenti, persone insostituibili che se ne sono andate senza nemmeno salutare e che non hanno potuto ricevere un saluto. Ora queste persone ci mancano.

Poco fa un vicino mi ha gentilmente portato la fattura del gas, finita per caso tra le sue lettere. Dopo averla presa il primo istinto è stato di correre a igienizzare le mani. Nemmeno mi è venuto di ringraziarlo, preso dal timore che affonda le radici nella nostra primordiale autoconservazione. Ma dopo un attimo di esitazione e silenzio l’ho rincorso ringraziandolo per una gentilezza. Poteva spostare la busta da una cassetta all’altra e morta lì, ma forse aveva voglia o bisogno di vedere una faccia.

Gli esperti ci ricordano che la comunicazione è al 70% fatta di non-verbale: tono della voce, atteggiamenti, espressioni facciali, silenzi. Quando parliamo con qualcuno percepiamo subito il silenzio, istintivamente avvertiamo un vuoto e lo stesso istinto primordiale che ci allarma con la paura ci dice che c’è qualcosa che non va. Percepiamo nel silenzio che l’altro si sottrae, sentiamo in quella sospensione di parole e gesti un momento di insincerità, a volte sanato da un motto di spirito che scioglie la tensione. Però il rapporto reale con l’altro cambia, cogliamo da un nuovo punto di vista il nostro interlocutore, lo conosciamo diverso da come era prima.

Ora in molti abbiamo silenzio intorno. Forse anche questo silenzio parla, ci mostra le azioni che si fanno solo per abitudine. Qualcuno dice di far passare gli armadi, riflettere se davvero ci serve tutta la roba che abbiamo. Ci suggeriscono, per decidere se dar via quel vecchio maglione, se la nostra vita cambi dall’averlo o no, se ne sentiremmo la mancanza.

Si sa, è la mancanza delle cose ed il silenzio delle persone, quelle che ci sono e quelle che non ci sono più, a farle brillare di più per la loro assenza.

Ecco: in Italia mancano - mancavano già prima 50.000 infermieri e 10.000 medici negli ospedali. Il vero problema è questo: non ci siamo accorti che eravamo a bordo di una barca coi buchi? Che i Pronto Soccorso scoppiavano? Che i medici di famiglia avevano più di 1.500 pazienti? Ora nel silenzio lo sappiamo.
Luigi

La fotografia:

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