Uccise transessuale a coltellate
Chiesti 16 anni per Daniel Savini

Richiesta di condanna a sedici anni per omicidio. Il pm ha fatto questa conclusione nella mattinata di venerdì 18 marzo in riferimento all’assassinio di una transessuale a Villa d’Adda.

L’accusato è Daniel Savini, 31enne di Villa d’Adda: sarebbe stato lui a uccidere Lucas Martins Dos Santos, 21 anni, transessuale che era nota nel suo ambiente con il nome di «Luna», massacrato a coltellate nella casa dove l’imputato viveva con la famiglia, nella notte fra il 13 e il 14 febbraio scorso a Villa d’Adda.

La difesa ha chiesto di valutare l’eccesso colposo in legittima difesa e di escludere le aggravanti della crudeltà e degli abbietti motivi. In aggiunta ha anche chiesto le attenuanti generiche e il minimo della pena.

«Era fuori di sé, voleva più soldi ma io non ne avevo, così impugnò un coltello per aggredirmi. Io riuscii a disarmarlo e reagii» questa è, in sostanza, la versione di Savini. Quest’ultimo ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato. L’imputato, assistito dall’avvocato Gianfranco Brancato, lo scorso gennaio ha ammesso l’addebito (solo all’inizio aveva cercato di sostenere che la vittima si fosse introdotta in casa sua per aggredirlo, poi aveva confessato davanti al pm Fabio Pelosi nel corso di un interrogatorio in carcere).

Stando al suo racconto, avrebbe trascorso parte della serata a casa sua con un’amica (che avrebbe confermato la circostanza) da cui poi si sarebbe separato. Nel prosieguo della nottata avrebbe incontrato il trans brasiliano e lo avrebbe fatto salire in macchina, per poi fare ritorno, con lui, nell’abitazione di Villa d’Adda, anche perché fuori faceva molto freddo.

Non ci furono rapporti sessuali, stando al racconto di Savini, ma i due fumarono crack (droga ricavata tramite processi chimici dalla cocaina: viene assunta inalando il fumo dopo aver surriscaldato i cristalli in pipe apposite di vetro o realizzate artigianalmente con bottiglie di plastica modificate).

Dopo l’assunzione la situazione precipitò. Probabilmente proprio a causa dell’alterazione provocata dalla droga (può essere molto forte quella data dal crack) la trans – stando all’imputato – avrebbe cominciato a dare in escandescenze pretendendo da Savini più soldi di quelli pattuiti. L’imputato non li aveva. I due erano anche usciti per tentare un prelievo al bancomat, che però non andò a buon fine. Rientrati, Lucas Dos Santos si sarebbe fatto ancor più minaccioso e avrebbe impugnato un coltello per aggredire Daniel, il quale però, conoscitore del karate grazie a un trascorso da agonista, lo avrebbe disarmato. Poi la colluttazione fatale: la trans avrebbe morso Savini (che avrebbe riportato lesioni a una falange) il quale lo avrebbe colpito con numerosi fendenti e finito con una mannaia. Fu Savini stesso a chiamare il 112, inizialmente cercando di sostenere che la vittima si fosse introdotta nella sua abitazione per aggredirlo. Poi, la confessione. Tutto è successo in pochi minuti di blackout, costati la vita a una persona e l’imputazione di omicidio (con le aggravanti contestate di crudeltà e futili motivi) a un giovane che, prima di allora, non aveva mai avuto guai. Lunedì 21 marzo la decisione del gup Raffaella Mascarino.

© RIPRODUZIONE RISERVATA