Stessa classe e stesso prof, ma gli alunni hanno 50 anni

CALUSCO D'ADDA. La rimpatriata della «mitica terza media A 1987/88», tra emozioni e ricordi. Gli ex studenti accolti dai prof Francesco Giofrè, Rita Cavagna e Rosaria Rendine: «Il vostro era un animo gentile, disponibile, pronto a comprendere e aiutare. Si cominciavano a intravedere i primi sintomi di una sana, misurata competitività nello studio e nel donare agli altri. E dico donare, non regalare! Eravate già diventati non solo compagni, ma amici».

Al compimento dei loro 50 anni hanno voluto rivivere l’emozione e il brivido del suono della campanella. Quella stessa campanella che li accoglieva tra il 1985 e l’88, quando frequentavano le medie «Leonardo da Vinci» di Calusco d’Adda, sui banchi di quella che loro chiamano «la mitica terza A». Trentasei anni dopo dall’ultima campanella e 39 dalla prima, l’allora docente di Lettere, Francesco Giofrè, ha richiamato i suoi ex studenti all’appello, nel vero senso del termine, accogliendoli proprio nella loro classe: aspetto, questo, pressoché rarissimo per le rimpatriate scolastiche, che solitamente avvengono lontano dai banchi di scuola di un tempo. Ad accogliere i 17 «ragazzi» ormai cinquantenni c’erano in cattedra anche altre due insegnanti: le prof di matematica e inglese, Rita Cavagna e Rosaria Rendine. Finita la terza media, ciascuno dei ragazzi aveva intrapreso la sua strada, che per ben 21 anni non si era più incrociata con quella degli altri.

«Poi siamo tornati a frequentarci per uno sfortunato caso della vita – raccontano –: la classe si è stretta attorno a una compagna che stava affrontando un grave problema di salute. Così, da 15 anni organizziamo almeno un incontro annuale per celebrare la nostra amicizia, esprimere la nostra gratitudine agli insegnanti che hanno contribuito alla formazione delle persone che oggi siamo diventate, ricordare i compagni e i prof che hanno condiviso con noi il cammino e che oggi, purtroppo, non ci sono già più».

Tornare tra i banchi di tanti anni fa e con qualche anno in più sulle spalle è stata un’emozione per gli «studenti» e per i «prof». L’incontro si è aperto, come anni fa, con l’appello dei 17 presenti: «Stamattina siamo qui per celebrare, per vostra volontà e mio compiacimento, il vostro cinquantesimo genetliaco, seguendo una forma un po’ inusuale – ha detto il prof Giofrè –. Inusuale perché abbiamo scelto, avete scelto, di farlo nelle quattro mura che vi hanno accolto poco più che fanciulli e vi hanno licenziato adolescenti. Qui, nido del passaggio dalla fanciullezza all’adolescenza, è nato lo spirito di gruppo che vi tiene e ci tiene ancora uniti».

Poi il prof ha ripercorso i tre anni di lezioni e crescita formativa e personale: «Il vostro era un animo gentile, disponibile, pronto a comprendere e aiutare. Si cominciavano a intravedere i primi sintomi di una sana, misurata competitività nello studio e nel donare agli altri. E dico donare, non regalare! Eravate già diventati non solo compagni, ma amici». Inevitabile la commozione degli «alunni»: «Abbiamo rivissuto tanti momenti, ricordi, ed emozioni. Il suono della campanella all’entrata non ci ha colti impreparati: in classe non ci aspettavano interrogazioni o verifiche. Sui banchi ci aspettava il nostro passato: immagini, scene, volti dai contorni netti e dai colori brillanti, che il tempo non ha sbiadito, perché il cuore li ha mantenuti vivi. In un attimo, la scuola, il corridoio, la classe, la palestra si sono popolati di noi, hanno rivissuto con noi. E nutriamo la speranza che storie come la nostra, fatte di immutata amicizia, sincera vicinanza e profonda solidarietà, possano ridarci credibilità agli occhi dei nostri giovani e infondere in loro la speranza di poter costruire nella vita relazioni vere, che superano i limiti del tempo, le diversità e le barriere tra le persone».

© RIPRODUZIONE RISERVATA