Suter: «I vaccini contro la pandemia
sono un capolavoro»

Una nuova intervista per la nostra rubrica #iomivaccino. A parlare Fredy Suter, per anni primario dell’Unità di Malattie infettive degli allora Ospedali Riuniti e oggi primario emerito dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Il vaccino, sicuro anche per quanto riguarda i bambini, è l’unica risorsa per uscire da questa pandemia. Il concetto viene ribadito da Fredy Suter, per anni primario dell’Unità di Malattie infettive degli allora Ospedali Riuniti e oggi primario emerito dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo.

Partiamo dalla campagna vaccinale dedicata ai bambini dai 5 agli 11 anni. Molti genitori stanno attendendo di procedere con l’inoculazione del vaccino. Come superare questi timori?

«È logico che ci sia preoccupazione nel somministrare i vaccini anche ai bambini. Bisogna segnalare che oltre un quarto dei contagiati attuali ha un’età compresa tra 5 e gli 11 anni. Il Covid può causare malattie gravi anche nei bambini. Da inizio anno in Italia si sono verificati 35 ricoveri in Rianimazione con 9 decessi. Oggi non abbiamo solo dati sperimentali ma valutazioni in oltre 5 milioni di bambini, che tollerano meglio il vaccino degli adulti, con effetti collaterali modesti e complicanze non gravi».

Purtroppo a livello mediatico, ma soprattutto sui social network, prevalgono le notizie relative alle reazioni avverse dei vaccini. Della serie, fa più rumore un albero che cade, piuttosto di una foresta che cresce...

«Partiamo nel dire che il vaccino è infinitesimalmente meno pericoloso rispetto al Covid-19, che anche oggi sta mietendo contagi e vittime. Dobbiamo prestare molta attenzione alle informazioni che riceviamo quotidianamente e tener presente che generalmente tutto ciò che accade dopo il vaccino, rischia di essere imputato alla somministrazione. I vaccini, che rappresentano un capolavoro scientifico e l’unico modo per uscire dalla pandemia, sono assolutamente sicuri e frutto di studi approfonditi, affrontati in maniera più rapida rispetto al passato grazie a quattro diverse fasi che hanno dato in sequenza risultati positivi. I vaccini – ribadisco – rappresentano la più grande scoperta della medicina occidentale e sono utilizzati da oltre 100 anni. Di fatto hanno cambiato la storia dell’uomo, eliminando malattie tragiche, come il vaiolo o la poliomielite, salvando milioni di persone. Le malattie che in termini epidemiologici ci preoccupano di più sono semmai quelle per cui non è disponibile un vaccino, come l’Aids, che registra di conseguenza un incremento dei casi».

Un’altra critica che arriva dai cosiddetti «No Vax», o comunque dagli scettici nei confronti del vaccino viene giustificata con il fatto che si ammalano anche i vaccinati.

«Questa osservazione merita una risposta chiara. Il vaccino non protegge al 100 per cento dalla malattia, ma è indispensabile per contenere la pandemia e gli effetti sull’organismo. Un individuo vaccinato è protetto dalle forme più gravi, che quotidianamente stanno portando i pazienti non vaccinati in ospedale e in terapia intensiva, causando anche la morte di molte persone».

Un po’ di confusione nell’opinione pubblica è forse giustificata dal dibattuto scientifico, che è stato portato in televisione e all’attenzione dell’opinione pubblica, così come alcuni medici che si dichiarano contrari al vaccino.

«I medici non vaccinati, o che sconsigliano la vaccinazione, sono da ritenersi assolutamente fuori dalla medicina reale e dal mondo della ricerca scientifica. Ritengo che in questi casi non debbano essere ammesse deroghe e chi non si riconosce nella comunità scientifica, un pilastro della professione medica, debba essere escluso. Sarebbe come se un ingegnere disconoscesse i principi della matematica e pretendesse di costruire un palazzo in altro modo. Del resto, è facile confrontare l’altissimo numero di contagi e dei morti causati dal Covid-19, con i pochi pazienti che hanno subito effetti collaterali causati dal vaccino».

Effettivamente sembra che in molti non abbiano ancora preso contezza della reale entità pandemica. E a Bergamo abbiamo vissuto una delle pagine più tragiche della nostra storia. Cosa ha pensato quando si sono presentati i primi casi in Cina?

«È stata un’epidemia assolutamente imprevista e imprevedibile, che ha messo a dura prova la popolazione mondiale e ha segnato tragicamente la popolazione, in particolare bergamasca e Lombardia, dove si sono registrate punte e livelli di infezione superiori ad altre regioni. L’emergenza sanitaria è stata affrontata con grande difficoltà dal nostro sistema sanitario e ha messo a dura prova sia gli ospedali, in particolare le terapie intensive per il numero elevato di pazienti che hanno necessitato di trattamenti con respiratori automatici sia il territorio che lo scorso anno all’esordio dell’epidemia non era sufficientemente preparati e ha risposto come ha potuto alla diffusione del virus».

Ormai si conta il numero di ondate del virus, che ciclicamente si ripresenta alla porta della popolazione mondiale. Nelle ultime settimane c’è molta preoccupazione per la variante Omicron.

«La pandemia generalmente si attenua durante i mesi estivi e si ripresenta con il periodo freddo. Oggi l’attenzione è altissima, in particolare per la variante Omicron, della quale non si conosce ancora tutto, ma si sa che ha un’elevata contagiosità. Da una prima analisi parrebbe che fortunatamente gli effetti siano di minore gravità rispetto alle altre varianti presenti in Europa e nel mondo. Dobbiamo proteggerci con i dispositivi di sicurezza e procedere al meglio con la campagna vaccinale».

Oggi abbiamo più armi anche dal punto di vista delle cure, che sono efficaci pure a domicilio, proprio grazie ad un progetto che lei ha portato avanti con l’Istituto di ricerca Mario Negri.

«Dalla prima parte del 2020 mi sono occupato, come medico volontario in pensione, di virus e patologie nei reparti Covid. È stata un’esperienza fondamentale che mi ha permesso di dedicarmi alle cure domiciliari necessarie per limitare i danni del virus e il numero degli accessi nelle strutture di cura. Insieme al team dell’Istituto Mario Negri, abbiamo approfondito il tema dell’efficacia delle cure domiciliari, partendo dal presupposto che i pazienti vanno trattati nei primi giorni della malattia, quando il virus si moltiplica in maniera esponenziale. Al contrario, è chiaro che le terapie, se iniziate tardivamente nei malati già compromessi, producono risultati meno soddisfacenti. Abbiamo stilato un documento, destinato ai medici di base per curare il Covid-19 al domicilio del paziente colpito dal Coronavirus. Si tratta di un protocollo che si basa su una solida letteratura scientifica e grazie al contributo del Mario Negri abbiamo elaborato i dati e ottenuto riscontri clinici: l’incidenza dell’ospedalizzazione si è ridotta dal 10/12% a meno del 2. L’uso dei farmaci antinfiammatori, insieme al cortisone, rappresenta il principale rimedio per contrastare complicanze infiammatorie che sono alla base di polmoniti, trombosi e conseguenti danni irreparabili agli organi del corpo umano».

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