Diventare madre? Una lente
sulle priorità della vita

«Essere madre mi ha dato una lente sulle priorità della vita, mi ha riportato alla donna che immaginavo di voler essere, mi ha riconnesso con la mia, di madre». È un’esperienza luminosa, piena di coraggio e di tenacia quella narrata da Mariangela Tarì ne «Il precipizio dell’amore» (Mondadori).

L’autrice ha due figli, entrambi con gravi patologie: Sofia ha la sindrome di Rett, Bruno un tumore al cervello. Per lei «sono loro due che ridanno il nome alle cose del mondo». Sostenerli e affrontare ogni giorno la sofferenza le ha insegnato che «il dono è cogliere in mezzo alla bufera qualcosa che le dia un senso». I ruoli si ribaltano nel romanzo di Rachid Benzine «Canto d’amore a mia madre» (Corbaccio), in cui un professore cinquantenne single accudisce la madre di 93 anni vivendo con lei, ma soprattutto leggendole ad alta voce «La pelle di Zigrino» di Balzac. La letteratura è potente, crea un luogo e un tempo diverso, un legame intimo, fatto di parole e di emozioni oltre la fragilità e le situazioni concrete.

Non c’è solo luce nelle vite delle madri: Suzy Galluzzo si insinua nelle crepe del rapporto tra madre e figlia, in «Quello che non sai» (Fazi). Nella storia di Ella, Aurelio e della figlia Ilaria, priva di stereotipi e sdolcinature, ci sono molti nodi irrisolti, egoismi, insicurezze, paure. Ella scrive alla madre morta mentre la sua vita va in frantumi: è un modo per chiarirsi ciò che le accade ma anche per ritrovare se stessa. La narrazione, come uno specchio deformante che esaspera limiti e difetti, finisce per riportare al centro il ruolo di forza motrice delle madri, tornando alle radici di cosa significa «creare una famiglia» e cementarla con l’amore.

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