Giochi e tecnologie
Sabato 22 Aprile 2017
Mass Effect: Andromeda
Nuova casa cercasi
Mass Effect: Andromeda è un ottimo prodotto che non riesce tuttavia a toccare le vette della trilogia originaria, soprattutto sul lato narrativo. Seppur la galassia di Andromeda si presenti affascinante, vibrante, misteriosa e ricca di contenuti, i fratelli Ryder e i loro compagni di viaggio faticano a entrare nel cuore del giocatore. Si lasciano dimenticare.
Piattaforma: PlayStation 4, Xbox One e PC
Genere: action RPG
Sviluppatore: BioWare
Produttore/Distributore: Electronic Arts
PEGI: 18
E se il nostro pianeta – per non dire l’intera Via Lattea – non fosse più in grado di sostenerci, o fosse divenuta addirittura inospitale? È quello che accade in Mass Effect: Andromeda, quarto capitolo della popolare e amatissima saga sci-fi realizzata dall’accoppiata vincente BioWare-Electronic Arts, il primo per l’attuale generazione console.
Siamo nel 22esimo secolo e l’umanità, insieme ad altre razze che abitano la Via Lattea, decide di organizzare una spedizione nel tempo e nello spazio per colonizzare nuovi pianeti. La meta scelta per questo viaggio intergalattico è la galassia di Andromeda, distante ben 200 milioni di anni luce ma considerata ricca di pianeta floridi ed ospitali. Per raggiungerla ci vorranno ben 600 anni. Tempo durante il quale i viaggiatori spaziali faranno un lungo sonno “di ghiaccio” all’interno di cabine criogeniche. Ma al loro risveglio i colonizzatori non troveranno l’Eden tanto anelato, ma un luogo ancora più inospitale di quello lasciato. Per stabilirsi nella nuova galassia si dovrà combattere.
Abbandonato il buon, vecchio comandante Shepard, il giocatore potrà vestire i panni di uno dei due fratelli esploratori Ryder: Sara o Scott. Una volta fatta la scelta, il giocatore viene immediatamente gettato nella mischia con l’obiettivo di rendere ospitale il primo pianeta della Galassia di Andromeda in modo da avviare l’iniziativa di colonizzazione. Se nei primi tre capitoli il giocatore era chiamato, come comandante Shepard, a proteggere la galassia da una minaccia aliena in Andromeda la situazione è totalmente ribaltata: questa volta sono i terrestri, e gli altri compagni della via Lattea (Krogan, Salarian, Turian, Asari e tanti altri) ad “invadere”. Ovviamente le intenzioni sono tutt’altro che bellicose, ma Ryder & Co dovranno fare fare i conti con alieni poco amichevoli.
Alcuni punti in comune con i predecessori ovviamente non mancano. In primis il ruolo di Pioniere vestito dal protagonista Scott/Sara Ryder, una sorta di guida con uno “status sociale” superiore simile a quello dello Spettro visto nella vecchia trilogia. Il suo compito non sarà però quello di proteggere e combattere i nemici, ma di trovare una nuova casa. Anche se, ovviamente, imbracciare il fucile non sarà un’optional. Narrativamente parlando Mass Effect: Andromeda non fa rimpiangere i suoi predecessori, con importanti colpi di scena, un buon tasso di epicità (anche se meno forte rispetto al passato), una trama tutt’altro che scontata, tantissime razze aliene da scoprire ricche di curiosità e storia, dialoghi profondi, le consuete scelte morali (qui declinate anche dal tono adottato nei dialoghi), e personaggi caratterizzati. Su questo ultimo punto ci mettiamo però una riserva: non siamo infatti ai livelli della trilogia originaria, soprattutto per via di un protagonista scialbo e tutt’altro che indimenticabile, come invece è stato l’amatissimo Shepard. E pure i compagni non spiccano in quanto a personalità.
Sin dai primi minuti di gioco si nota un’esplorazione più spinta rispetto ai capitoli precedenti. Il tutto è reso inoltre più facile dal rover Nomad (una sorta di fuoristrada spaziale) che, proprio come il Mako del primo Mass Effect, permette di spostarsi in lungo e in largo su tutti i pianeti visitabili della Galassia Andromeda. Dimenticatevi però No Man’s Sky: l’universo di Mass Effect: Andromeda non permette di atterrare su tutti i pianeti ma solamente su alcuni, tutti ricchi di missioni, incarichi e tanti materiali da recuperare. La componente esplorativa fortuntamente non è fine a se stessa ma viene valorizzata da due componenti fondamentali nell’economia ludica di Mass Effect Andromeda: il crafting e la Vivibilità di Andromeda.
Per quanto riguarda il crafting, il giocatore può acquisire nuove conoscenze – e quindi sbloccare progetti di armi e potenziamenti – tramite i punti ricerca, che si accumulano analizzando con uno scanner visivo tutti gli oggetti degni di interesse sparsi per la galassia di Andromeda. Una volta attivati i progetti, questi possono essere trasformati in armi vere e proprie tramite l’utilizzo dei materiali, che si possono reperire sui vari pianeti, sia quelli esplorabili che quelli sui cui si può inviare solamente delle sonde dall’astronave. Un sistema abbastanza macchinoso, e forse anche un po’ grezzo, ma che consente di portare il livello di personalizzazione del personaggio ad un livello mai visto prima nella saga.
La vivibilità di Andromeda è – come dice la parola stessa – quanto un pianeta esplorato può essere vivibile o meno. Prima di poterlo colonizzare il giocatore deve raggiungere un punteggio minimo e, per farlo, si devono completare missioni secondarie, stringere alleanze aiutando le eventuali razze autoctone, spazzare via nubi tossiche e tanto altro ancora. Ecco perché ogni azione collaterale non va compiuta per il solo gusto di farla, ma rientra all’interno di un mosaico di causa-effetto più ampio e strutturato, il che rende anche gli incarichi meno stimolanti (e ce ne sono tanti) utili per un fine più grande. Una scelta derivativa, visto che anche in Mass Effect 3 c’era una soluzione simile, ma che ad ogni modo ci ha convinto.
Per recuperare materiali e rendere vivibili i pianeti sarà ovviamente necessario imbracciare fucili e pistole. Rispetto alla tradizione, il combat system di Mass Effect Andromeda ha subito una deriva action: le coperture ora sono automatiche – ma imprecise – e in generale l’azione scorre molto più frenetica, grazie anche alla possibilità di eseguire super scatti e salti iperbolici (tra l’altro gli ambienti di gioco si sviluppano molto più verticalmente rispetto al passato). Non è più possibile mettere in pausa per agire in maniera più strategica e ragionata nei combattimenti più impegnativi. Una scelta che alcuni fan potrebbero non apprezzare, ma dopo qualche ora di gioco anche il nuovo sistema saprà regalare delle belle soddisfazioni. Inoltre, il tutto è impreziosito da un sistema di crescita molto più versatile che in passato, con la possibilità di creare personaggi multi-classe andando a mixare i tre rami tradizionali: biotica (la “magia” del mondo di ME), combattimento e tecnologia.
Chiude il cerchio contenutistico la componente multiplayer. Si tratta di un sistema che ricorda molto da vicino le squadre degli assassini di Assassin’s Creed. In pratica il giocatore può inviare delle squadre di assalto a svolgere alcune missioni random che conferiscono premi da sfruttare nel singolo giocatore. Alcune quest possono essere compiute anche in prima persona, insieme ad altri tre giocatori in modalità co-op. Un passatempo slegato dalla campagna ma che incrementa la longevità del titolo e può aiutare nel crafting. Sinceramente ne avemmo fatto anche a meno, ma, come dicono i latini: «Melius est abundare quam deficere».
Mass Effect: Andromeda è un ottimo prodotto che non riesce tuttavia a toccare le vette della trilogia originaria, soprattutto sul lato narrativo. Seppur la galassia di Andromeda si presenti affascinante, vibrante, misteriosa e ricca di contenuti, i fratelli Ryder e i loro compagni di viaggio faticano a entrare nel cuore del giocatore. Si lasciano dimenticare. L’avventura è, sì, epica, ma viene percepita dal giocatore in maniera più debole e “diluita” rispetto ai vecchi capitoli, forse anche a causa della maggior vastità del mondo di gioco. Altri aspetti da sottolineare in rosso sono animazioni corporee legnose, espressioni facciali assolutamente mediocri (anche se una patch ha leggermente migliorato la situazione) e l’assenza del doppiaggio in italiano. Un aspetto, quest’ultimo, che per i giocatori italiani abituati all’ottimo doppiaggio della trilogia originale potrebbe fare la differenza.
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