Inside: dentro la malinconia

Dopo aver incantato tutti con il puzzle-platform Limbo nel 2010, lo studio indipendente danese Playdead ha rilasciato il successore spirituale Inside, avventura caratterizzata da atmosfere cupe, melanconiche e profondamente emozionali.

Piattaforma: PC, Xbox One

Genere: Puzzle-Platform

Sviluppatore/Produttore/Distributore: Playdead

PEGI: 18

Dopo aver incantato tutti con il puzzle-platform Limbo nel 2010, lo studio indipendente danese Playdead ha rilasciato il successore spirituale Inside, altra avventura caratterizzata da atmosfere cupe, melanconiche e profondamente emozionali. Disponibile solo in formato digitale su PC e Xbox One.

Il primo aspetto a colpire di Inside - proprio come il predecessore Limbo - è la totale assenza di una trama a fare da sfondo all’incedere del giocatore. Una mancanza che, tuttavia, non si fa per niente sentire e che viene colmata, o per meglio dire sostituita, da una “narrativa esperienziale” che si sviluppa attraverso stati d’animo e sensazioni declinate dagli scenari, a volte epici, altre volte decadenti, dalla puntualità delle musiche di sottofondo e dalla forza di alcune scelte di level design, spesso sorprendenti, sicuramente mai banali, e con il tipico aspetto onirico e illusorio che contraddistinse anche Limbo.

In Inside si vestono i panni di un ragazzino che inizialmente scappa da alcune guardie e, successivamente, procede lungo scenari via, via sempre differenti ma accomunati dalla solitudine e malinconia del ragazzino protagonista, soffocato e preda di un mondo in cui gli unici esseri umani come lui vengono controllati come marionette da un’entità superiore di cui (ovviamente) non si conosce praticamente nulla. Innumerevoli le metafore, le allegorie e i significati che il nuovo pargolo targato Playdead riesce a trasmettere (a volte subliminalmente) al giocatore, il cui compito non è quello di assorbirli passivamente ma di interpretarli, leggere fra le righe del testo videoludico scritto con attenzione dagli sviluppatori danesi. Inside è come un foglio bianco, su cui è il giocatore stesso a scrivere la sua personale storia, a stampare il suo più intimo pensiero riguardante un mondo tratteggiato in totale decadenza, disperazione. Come le più criptiche opere dei grandi poeti, la cui esegesi può variare a seconda dell’analizzatore, del momento. Un mondo, quello di Inside, senza speranza, disturbante, inquietante, (purtroppo) spiritualmente molto più vicino a quello reale di quanto si possa pensare.

Inside è senza dubbio poesia in movimento ma, prima di tutto, è un videogioco. E dal punto di vista più concreto il nuovo titolo firmato Playdead non delude, offre situazioni di gioco sempre diverse, divertenti e fa scorrere due ore di gioco (il doppio rispetto a Limbo) senza annoiare mai. L’incipit ludico è rappresentato dalla fuga, dove il protagonista deve scappare da guardie con torce, cani e automezzi. In queste sequenze il pericolo è rappresentato dalla luce mentre l’oscurità, che permea quasi tutto l’ambiente di gioco, è la salvezza. Tenebra salvifica, un vero e proprio ossimoro: in Inside c’è poesia pure nel gameplay.

Proseguendo le situazioni varieranno in maniera ciclica e con un ritmo davvero inaspettato (molto più incalzante rispetto a Limbo): enigmi ambientali mai troppo complicati e geniali ma comunque divertenti (attiva leva, sposta scatola eccetera), fasi sott’acqua a bordo di un mini sommergibile, momenti di platforming basico (arrampicare su pareti, scivolare da alcuni tetti e saltare da una corda all’altra), e sfide più “action” da superare, ad esempio, una fase in cui si deve procedere trovando riparo da fortissime onde d’urto che si susseguono a distanza di pochi secondi. Ma la vera novità è rappresentata dalla possibilità di controllare altri personaggi insieme al ragazzino protagonista. Indossano uno speciale caschetto, che si trova all’interno di alcuni scenari, si prende il controllo di esseri umani in stato di incoscienza presenti nelle vicinanze: questi ultimi eseguono gli stessi movimenti fatti dal protagonista, come fossero delle ombre. Muovendo la squadra degli “uomini copia” è possibile risolvere alcuni puzzle ambientali, rimuovere ostacoli, attivare meccanismi e spostare oggetti ma anche raggiungere luoghi inaccessibili. Fondamentale sarà coordinare il movimento degli uomini a quello del protagonista – che spesso si trova in punti differenti dello scenario – in maniera il più precisa possibile per risolvere rompicapo ambientali o superare fasi platforming. Queste fasi sono senza dubbio le più stimolanti dell’intera avventura, ma anche in questo non si raggiungono mai vette di complessità degne di nota e, come per tutto il resto del gameplay, la soluzione arriva in maniera lineare e automatica in pochi minuti.

Inside è un viaggio ludico ed emozionale in continua evoluzione, capace di intrattenere senza riserve per tutte le due ore di gioco. Per alcuni l’unica pecca – tipica per un titolo che pone l’accento sull’esperienza più che sulla profondità di gameplay (come lo stesso Limbo o Journey di Thatgamecompany) – potrebbe essere la quasi totale assenza dell’elemento sfida.

Enigmi, fasi action e platforming scorrono senza troppi problemi e non richiedono (quasi mai) particolare impegno e grande reattività da parte del giocatore. Inside è soprattutto un percorso introspettivo, un videogioco emozionale, intimo, piacevolmente inquietante.

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