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Martedì 18 Ottobre 2016
Gears of War 4, ingranaggio
vincente non si cambia
Gears of War 4 è un buon titolo, un blockbuster di qualità, rimasto però troppo ancorato al suo (glorioso) passato. Un prodotto derivativo come non ci saremmo aspettati considerato – tra l’altro – che il team di sviluppo è cambiato e avrebbe potuto metterci parecchio di suo.
Piattaforma: Xbox One e PC
Genere: Sparatutto in terza persona
Sviluppatore: The Coalition
Produttore/Distributore: Microsoft
PEGI: 18
Anche se Gears of War è da sempre considerato una “bandiera” del gaming firmato Microsoft non è ancora sbarcato su Xbox One un suo nuovo capitolo. La sua ultima apparizione – uno spin-off interlocutorio senza infamia e senza lode (Gears of War: Judgment) – risale infatti a marzo 2013, negli ultimi mesi dell’era Xbox 360. A distanza di cinque anni dal terzo indimenticabile capitolo, gli «Ingranaggi di Guerra» tornano a farsi sentire per la prima volta su Xbox One con Gears of War 4.
Rispetto al passato alcune cose sono però cambiate: in cabina di regia non c’è più lo storico team Epic Game e nemmeno il creatore della saga Cliff Bleszinski (che ha abbandonato già dopo il terzo capitolo), ma i ragazzi di The Coalition a cui è stato affidato il brand dopo che Microsoft ha acquistato il marchio Gears of War da Epic Games nel 2014. Ma bando alle ciance, e passiamo ad analizzare il tanto atteso quarto capitolo.
Vecchi ingranaggi, nuovi personaggi. O quasi. La prima novità riguarda infatti il protagonista. Il vecchio Marcus Fenix è stato pensionato in favore del figlio, J.D. Fenix, grosso e testardo come il padre ma decisamente meno carismatico e affascinante. Incredibile come gli sviluppatori si siano impegnati poco nella caratterizzazione del nuovo protagonista; segno che potrebbe non esser destinato a caricarsi sulle spalle il futuro della saga. Fortunatamente il buon, vecchio Marcus tornerà a riprendersi parte della scena già dopo qualche ora di gioco (anche se solo come spalla dello scialbo figlio), ma ovviamente non vi sveliamo quando e perché. Paradossalmente fanno una figura migliore del nuovo alter ego i due comprimari di J.D.: la bella ed intrigante Kait Diaz e il migliore amico Delmont «Del» Walker.
Gears of War 4 si svolge 25 anni dopo gli accadimenti del terzo capitolo. JD e i due compagni fanno parte degli estranei, un gruppo ribelle composto da civili ed alcuni ex soldati Gears che si sottrae al controllo totalitario del Governo – il COG (Coalizione dei Governi Organizzati) – e cerca di sopravvivere in maniera indipendente in piccoli villaggi di fortuna. Ma il vero nemico non è il COG, ma una nuova minaccia che arriva, ancora una volta (tanto per cambiare), da sotto terra. Questa volta però non si tratta delle Locuste anche se gli sceneggiatori si sono sforzati poco per offrire ai fan qualcosa di diverso e tutto quello che accadrà, purtroppo, sa di già visto.
Stesso discorso sul fronte del gameplay. Gears of War 4 si basa ovviamente sullo storico e granitico gameplay in terza persona con sistema di copertura tipico della saga, ma manca di originalità e quasi tutte le situazioni sono ormai prevedibili e scontate per chi ha già affrontato i vecchi capitoli. Ad onore del vero una nuova dinamica di gioco è stata introdotta: le “eruzioni di vento”. Si tratta di alcune fasi di gioco in cui fortissime tempeste influenzano proiettili e movenze dei personaggi. Ad esempio, è possibile schiacciare i nemici sparando ad alcune catene o bancali che bloccano grossi tubi, barili, automobili o balle di fieno e che – con il favore delle forti raffiche di vento – vanno a cadere o rotolare sopra i nemici, eliminandoli. L’eruzione di vento finisce una volta raggiunta l’area successiva, ma solo dopo aver evitato in corsa una serie di fulmini. Una soluzione che spezza indubbiamente la monotonia delle sparatorie, ma non si rivela particolarmente originale se non nella forma.
Per un titolo tripla A come Gears of War 4 è inoltre strano vedere la poca varietà situazionale. Se il terzo capitolo aveva offerto una campagna in crescendo, intensa e serrata, con numerose sezioni semi-guidate spettacolari e momenti ad «effetto wow», in questo sequel sono quasi tutte semplici sparatorie, con pochissime varianti come le già citate eruzioni di vento (che comunque non ci hanno entusiasmato), ondate e poco altro. Il ritmo migliora leggermente nella seconda parte dell’avventura, ma non siamo comunque ai livelli del terzo capitolo. Nonostante la buona varietà di armi e nemici e la consueta possibilità di affrontare la campagna in cooperativa per rendere l’esperienza più interessante, manca anche un valido livello di distruttibilità degli scenari in grado di rendere le sparatorie più dinamiche e stimolanti. Una caratteristica che per uno sparatutto del 2016 dovrebbe essere considerata basilare.
Ottimo il nuovo motore grafico Unreal Engine 4 (che prende il posto del vecchio 3.5), capace di portare su schermo scenari di pregevole fattura, ricchi di dettagli, vibranti, colorati e dall’alto tasso artistico. L’impatto estetico è ancora migliore su Xox One S con televisore 4K e tecnologia HDR. Siamo di fronte ad uno dei migliori comparti grafici dell’attuale generazione. Purtroppo il gioco è ambientato all’interno di location quasi tutte molto simili fra loro e quindi, anche in questo caso, la varietà lascia un po’ a desiderare.
Per quanto riguarda il multiplayer viene offerto il tipico ricchissimo pacchetto targato Gears of War con due macro sezioni: Orda e Versus. In Orda – che è il marchio di fabbrica del multigiocatore GoW – si deve sopravvivere ad ondate di nemici sempre più impegnative, collaborando con altri 3 giocatori. C’è anche una piccola novità: il fabbricatore, una sorta di scrigno che permette di realizzare barriere o torrette da posizionare in punti strategici dello scenario. Importante inoltre la presenza delle cinque classi (già introdotte in Judgement, ma qui un po’ riviste): soldato, cecchino, ingegnere, pesante e scout, ognuna delle quali dotata di abilità specifiche e che influenzano lo stile del giocatore e la collaborazione in team. In Versus ci sono, invece, ben 8 modalità di gioco, dai tradizionali deathmatch a squadra a simil cattura la bandiera come Re della Collina, passando per sfide più alternative come Dodgeball o Versus cooperativo contro l’IA. La componente multigiocatore è davvero ben fornita ed eterogenea e – anche alla luce della scialba campagna – dovrebbe essere il motivo principale per valutare l’acquisto di questo nuovo capitolo.
In definitiva, Gears of War 4 è un buon titolo, un blockbuster di qualità, rimasto però troppo ancorato al suo (glorioso) passato. Evidentemente, per paura di sbagliare o spiazzare troppo i fan, The Coalition ha preferito andare sul sicuro (forse persino troppo). Insomma, se potessimo riassumere Gears of War 4 con una frase, diremmo: «Gameplay che vince, non si cambia». Indubbiamente consigliato agli appassionati della saga, soprattutto lato multiplayer, mentre chi è stanco delle solite meccaniche TPS trite e ritrite o non è interessato alla componente multiplayer farebbe meglio a guardare altrove.
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