Deus Ex: Mankind Divided
Razzismo cyberpunk

Chi ha apprezzato il reboot non potrà che amare anche Deus Ex: Mankind Divided, l’evoluzione naturale – verrebbe da dire: la versione “potenziata” – del suo predecessore, arricchito da nuove abilità e un’ambientazione ricca di fascino e ben ricostruita.

Piattaforma: PC, Xbox One e PlayStation 4

Genere: Gioco di ruolo/Sparatutto

Sviluppatore: Eidos Montreal

Produttore: Square Enix

Distributore: Koch Media

PEGI: 18

Per gli amanti del cyberpunk cresciuti a pane e Blade Runner il reboot della storica saga Deus Ex, Deus Ex: Human Revolution (2011), fu una vera e propria manna dal cielo. Non un’opera perfetta, ma un gioco di ruolo capace di proiettare il giocatore all’interno di un universo cyberpunk vibrante, con dialoghi profondi e sfaccettati, un gameplay impegnativo e stimolante e verosimili dinamiche sociali legate al concetto di “transumanesimo”, ovvero l’utilizzo – anche smodato – della tecnologia per migliorare le capacità umane o curare malattie. A distanza di cinque anni arriva sugli scaffali dei negozi il sequel Deus Ex: Mankind Divided che ripropone la medesima formula del predecessore con qualche piccola miglioria.

Deus Ex: Mankind Divided è ambientato nel 2029, in un futuro prossimo nel quale il razzismo ha raggiunto un nuovo livello: la discriminazione non si limita più a religione, cultura o colore della pelle, ma assume una nuova accezione: uomini naturali contro uomini potenziati, ovvero la distinzione fra chi è ricorso a protesi cibernetiche per migliorare prestazioni fisiche o mentali oppure per compensare la perdita di arti o curarsi a causa di incidenti o malattie e chi, invece, ha preferito mantenersi naturale al 100%. Una diatriba quella fra persone “normali” e potenziate, chiamate con tono dispregiativo “lattine”, che si è estesa alla politica internazionale con la nascita di movimenti a difesa dei diritti dei potenziati e altri, invece, che sostengono la necessità di impedire legalmente l’utilizzo degli innesti cibernetici. Il tutto inasprito ulteriormente da un incidente accaduto due anni prima dell’inizio del gioco (e chi ha giocato a Deus Ex: Human Revolution lo sa bene).

Il buon Adam Jensen – ancora una volta alter ego del giocatore – pur essendo un potenziato (in seguito ad un incidente subito all’inizio del primo capitolo) si trova fra il martello e l’incudine di una guerra sociale e ideologica che lo vede, suo malgrado, in prima linea. Jensen non è più il responsabile della sicurezza della multinazionale Sarif Industries, caduta in disgrazia in seguito agli eventi del reboot, ma è passato alla squadra antiterrorismo dell’Interpol dove è chiamato ad indagare su alcuni attentati dietro ai quali potrebbe esserci l’ARC, coalizione per i diritti dei potenziati. Ma la verità non è mai una sola, soprattutto in Deus Ex. E così, come nel più classico dei film o romanzi thriller, il protagonista si deve muove con circospezione fra un indizio e l’altro raccogliendo informazioni, prove, torchiando indiziati, fiutando tracce e svelando complotti e doppiogiochisti.

Una sceneggiatura condita da un contesto sociale pregnante di richiami al razzismo, terrorismo e paura del diverso che porta inevitabilmente alla mente i recenti fatti di cronaca internazionale. A livello narrativo quello che manca è l’Adam Jennsen carismatico e ben caratterizzato che tutti i fan della serie speravano di vedere: ci si dovrà accontentare, ancora una volta, di un protagonista anonimo e con poca personalità. Sarà per la prossima volta, Adam.

In compenso la nuova ambientazione, la città di Praga, non ricorda i film cyberpunk anni ’80 come gli scenari del primo capitolo ma è davvero bella da vedere, ben ricostruita, affascinante nella sua dicotomia architettonica che vede convivere con spigolosa armonia storia e tecnologia, antico e ipertecnologico. Ad affiancare la capitale cecoslovacca, che è la mappa principale del gioco, ci sono anche altre zone, come la città di Golem o Dubai, un centro urbano per soli potenziati dall’aspetto decisamente più “hi-tech”; ma si tratta di aree fondamentalmente piccole. Pur essendo discretamente vasta – anche se non tanto quanto le mappe di altri GDR di recente produzione – Praga non offre molte attività secondarie da svolgere, ad eccezione di alcune missioni secondarie, negozi e poco altro.

Colpi di scena e cospirazioni sono gli ingredienti base del piatto narrativo di Deus Ex: Mankind Divided, che oramai non colpisce come fece a suo tempo il predecessore ma riesce ad offrire un intrattenimento di altissimo livello non attraverso esplosioni a profusione, azione sfrenata o sequenze spettacolari, ma grazie a scenari ben tratteggiati e dialoghi ottimamente scritti, credibili e, a volte, anche dinamici. In certi situazioni, infatti, è possibile influenzare l’interlocutore tramite un sistema di persuasione che permette di “pilotare” la conversazione in base ad alcuni parametri suggeriti a schermo, come i tratti della personalità o l’allineamento psicologico di chi ci si trova di fronte. Una soluzione che rende i colloqui più interessati e stimolanti, e dona maggior peso alle scelte dialogiche. Ogni scelta presa, infatti, influenzerà il comportamento dell’interlocutore e quindi alcuni avvenimenti della storia.

Da buon gioco di ruolo quale è, però, Deus Ex: Mankind Divided non è solo dialoghi, anche se questo ultimo è uno degli aspetti più caratterizzanti e predominanti dell’intera esperienza. Nel nuovo pargolo firmato Eidos esiste anche l’azione che, proprio come in passato, può essere approcciata in due modalità completamente differenti: eliminando tutti e sparando all’impazzata come un vero Rambo della situazione, oppure – scelta assolutamente consigliata e più idonea – agire di soppiatto mettendo fuori combattimento i nemici silenziosamente o evitandoli, scovare indizi dai computer, trovare passaggi alternativi, curare con più attenzione i dialoghi o cercare indizi utili fra le cianfrusaglie di una stanza secondaria. Sì, perché agendo in maniera stealth e ragionando da detective più che da “macchina assassina” ci si diverte di più, ma non solo: si ottengono più punti esperienza i quali, a loro volta, conferiscono i punti Praxis che servono per migliorare le caratteristiche di Adam.

Le skill del protagonista sono più o meno le medesime del precedente capitolo, quindi: invisibilità, capacità di hacking (per aprire porte o violare computer), forza per sollevare oggetti pesanti, visione assistita per localizzare meglio i nemici anche attraverso i muri, capacità di salto aumentate e tanto altro ancora. La differenza rispetto al primo capitolo è che Adam dispone di queste abilità – almeno nella loro versione base – sin dall’inizio. Tuttavia ci sono anche alcune novità, ad esempio, una potente lama celata in stile Assassin’s Creed o il braccio-cannone che spara onde d’urto. Queste skill – denominate abilità sperimentali – hanno però un prezzo: per essere utilizzate non solo devono essere attivate con i punti Praxis, ma richiedono la disattivazione di alcune abilità standard. A tutto ciò si aggiunge ovviamente un set di armi convenzionali come pistole, fucili e mitragliatori, personalizzabili e potenziabili utilizzando dei componenti ad hoc.

Chi ha apprezzato il reboot della serie Deus Ex non potrà che amare anche Deus Ex: Mankind Divided, l’evoluzione naturale – verrebbe da dire: la versione “potenziata” – del suo predecessore, arricchito da nuove abilità e un’ambientazione ricca di fascino e ben ricostruita. L’intelligenza artificiale, tallone d’Achille di Human Revolution, è un po’ migliore rispetto al passato ma comunque rivedibile. Altro neo si conferma il protagonista Adam Jensen, assolutamente anonimo e privo di pathos.

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