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Una passeggiata “aperitiva” al borgo di Cacciamali

Racconto. Prendetevi tre ore e mezza di tempo e scoprite la minuscola contrada di Ardesio, un gioiellino di storia e di bellezza. L’itinerario che vi presentiamo oggi non presenta difficoltà tecniche e vi permette di ammirare anche il nevaio della Valle di Las

Lettura 7 min.
La contrada Cacciamali di Ardesio

Per non cadere nei rimorsi di coscienza in vista delle prossime scorpacciate pasquali, ecco la proposta di un giro “aperitivo”, breve ma sorprendente. Ci rechiamo in Alta Val Seriana, ad Ardesio, per andare alla scoperta di Cacciamali e dei segreti del Monte Secco.

Fin dalle prime ore del mattino la contrada Cacciamali è baciata dal sole: questo consente di partire di buonora ben presto allietati da una temperatura gradevole. Lasciamo l’auto nel posteggio pubblico di via Locatelli (540m), cento metri alle spalle della rinomata pasticceria Minuscoli che raggiungiamo a piedi per gustare una ghiotta colazione.

Ardesio vanta una storia plurimillenaria che lo ha reso, a buon diritto, il paese più importante dell’Alta Val Seriana. A tal proposito vale la pena curiosare tra le vicende storiche del borgo in questo articolo. Il toponimo del paese deriva dal latino aridus, arido. Il riferimento alla natura poco fertile del terreno è evidente. Non per nulla il monte che domina il paese, sull’opposta sponda del Serio, si chiama Secco. Con il lento trasformarsi della lingua dal latino all’italiano la parola è divenuta Ardus e, già nel 1500, Ardese, nome che verrà mantenuto per alcuni secoli trasformandosi definitivamente in Ardesio. Quindi nulla a che vedere con l’ardesia, la pietra utilizzata per la copertura dei tetti delle case dei nostri monti.

Attraversiamo il ponte sul fiume nei pressi della centrale idroelettrica e risaliamo la valle per un centinaio di metri. All’altezza di una scaletta, portando la dovuta attenzione, attraversiamo la strada provinciale e seguiamo la scaletta-sentiero fino a immetterci su via Monte Secco. Superiamo i tubi della condotta forzata della centrale e, al primo tornante sinistrorso, lasciamo la retta via per imboccare il sentiero CAI delle Orobie Centro – Orientali n° 220. Il fondo è piuttosto malmesso e la pendenza significativa e alcuni arbusti spinosi invadono il sedime: diciamo che come biglietto da visita del prestigioso sentiero non siamo al top…

Guadagniamo quota velocemente fino ad innestarci su una strada sterrata. Il 220 piega a destra dirigendosi verso Valcanale, noi invece teniamo la sinistra fino al bivio stradale per Cacciamali (845m). Ci manteniamo sulla carrareccia che, con pendenze da fuoristrada, sbuca dal bosco in corrispondenza della contrada Cacciamali (1030m): uno splendido nucleo di case di pietra e legno, mirabilmente restaurate e in posizione privilegiata sull’Alta Valle Seriana. Rimango letteralmente folgorato dalla bellezza di questo borgo. Il nome è decisamente insolito e stuzzica la fantasia. «Il termine Cacciamali sarebbe ideale per una clinica salutistica…», asserisce Sabrina. La contrada, in realtà, prende il nome dalla famiglia Cacciamalus de Cacciamalis, i cui antenati acquistarono i terreni dal Vescovo di Bergamo Guala nel lontano 1185.

Il fatto che un sito così isolato sia stato abitato stabilmente fin da tempi remoti è legato al fatto che in zona erano presenti alcune miniere d’argento. Esistono documenti datati 1026 che parlano dell’estrazione della galena argentifera ad Ardesio e a Gromo. Tali atti testimoniano anche la presenza di «furni, furnelli e fusinas», giustificando l’insediamento abitativo significativo e perenne di Cacciamali. Dell’argento di Cacciamali si smette di parlare nel 1279 (nel 1302 la Zecca di Bergamo, che era collocata nel palazzo Pacchiani Rivola, smise di coniare soldi in argento) ma l’attività estrattiva continuò, in modo diverso, fino alla metà del XVIII secolo. Nel XVII secolo Cacciamali era abitata da quindici famiglie, per un totale di circa cento persone. Nel marzo 1789, dopo che l’attività mineraria venne interrotta per esaurimento del minerale, ne vennero invece censite soltanto 60. Chiuse le miniere, gli abitanti di Cacciamali si dedicarono alla pastorizia e all’agricoltura. Il casato Cacciamalus de Cacciamalis si estinse in Ardesio nel XX secolo con la morte dei suoi ultimi rappresentanti. Oggi le case di Cacciamali sono abitate soltanto nei fine settimana e nei mesi estivi.

Rimane tuttavia viva la mia personale curiosità riguardo all’origine del nome Cacciamali. Scartabellando nel web ho trovato un’ipotesi, non so quanto attendibile, ma sicuramente suggestiva: un’antenata di questo nobile casato pare fosse una «scacciamali», una sorta di guaritrice, una strega, che per non fare la fine di altre donne accusate stregoneria, si nascose sui ripidi pendii del Monte Secco.

È bello aggirarsi per le case di Cacciamali, lasciandosi catturare dalla magica atmosfera di un tempo. Siamo nei primi giorni di aprile e qualche casa è aperta. Ci intratteniamo a scambiare due parole con alcuni abitanti. Veniamo così a scoprire la storia di Mosè, di Desenzano sul Garda, che ha rinunciato alla casa di villeggiatura di Vermiglio preferendo la pace e la poesia di Cacciamali. Oppure quella di Lois, vivacissimo settantenne di Ardesio che, quarant’anni fa, ha preso in affitto la baita da un pastore e, con grande passione, l’ha rimessa a nuovo con l’intima speranza, un giorno, di riuscire ad acquistarla senza però riuscirvi. Ciononostante Lois continua a salire in baita per non rinunciare all’incanto di Cacciamali.

Tra le case notiamo un bimbetto giocare con un pallone. Accanto a lui la nonna vigila con attenzione affinché la palla non rotoli a valle fino al Serio. Le chiedo: «Non ci sono fontane a Cacciamali?» sorridendo mi risponde: «Non ce ne sono, mica per niente questo monte si chiama Secco…una volta si utilizzava l’acqua piovana raccolta dai tetti e conservata nelle cisterne. Per fortuna oggi abbiamo l’acqua potabile, pompata su dal basso». Scopro che la signora è sagrista della chiesetta, che cura con amorevole passione aprendola nei finesettimana, dalla primavera all’autunno. Ci precipitiamo a visitarla. È minuscola, intima e accogliente, un piccolo gioiello. Edificata nel 1545 come ex voto e intitolata a San Sebastiano (come conferma l’affresco dietro l’altare), è stata successivamente intitolata a Maria Bambina. I dipinti all’interno sono del XVI secolo. A fianco dell’altare ci sono anche un paio di ex voto.

Riprendiamo il cammino seguendo le indicazioni lignee per il nevaio della Valle di Las . Il sentiero procede pianeggiante in direzione Nord alla volta di un pianoro erboso con vista superlativa sui tremila delle Orobie, sfavillanti di bianco. Il pianoro è il luogo ideale per una sosta relax. Proseguiamo addentrandoci nei boschi posti all’imbocco della Valcanale.

Ci abbassiamo di quota fino alla baita la Tesa (980m), immersa nell’ombra del bosco e riconoscibile per la bandiera canadese sventolante. Qui incontriamo Simon Pietro, intento a tagliar legna, che interrompe il lavoro per salutarci. È l’occasione buona per carpire notizie e curiosità sul luogo. Simon Pietro mostra una cordialità non comune, ci offre persino un Campari che accettiamo di buon grado. Con lui sono la moglie e il figlio sedicenne. In baita si arriva solo per il sentiero e Simon Pietro riesce a trasportare il materiale indispensabile con la moto, altrimenti tutto a spalla. «La baita era del nonno di mia moglie che la abitava tutto l’anno. Allora qui intorno erano tutti pascoli, 40000 metri di prato, oggi c’è solo bosco. Questo bosco è stato piantato negli anni ‘80 quando elargivano contributi a chi piantava alberi… dicevano che era per l’ossigeno. Oggi questi abeti sono tutti morti ed ho ottenuto l’autorizzazione di abbatterli, ma è un lavoraccio».

Simon Pietro prosegue a ruota libera: «Non c’è acqua potabile in baita e nemmeno l’elettricità ma si sta bene lo stesso. Salgo nel fine settimana per fuggire dal trambusto della valle» e ci mostra la vecchia stalla, fatta a silter, la grande cisterna per l’acqua piovana, il fienile e le stanze. Tutto all’insegna di una sobria funzionalità e dell’essenzialità. Il luogo è molto fresco e la stufa sempre accesa. Chiedo se capita di incontrare animali selvatici e con un sorriso riprende il racconto: « Una sera dello scorso autunno abbiamo assistito al combattimento dei cervi in amore: emettevano bramiti tanto forti da far accapponare la pelle. Erano nel prato qui sopra, a un certo punto è iniziato il combattimento. Sentivi distintamente il rumore secco delle cornate. Alla fine il maschio vincitore ha iniziato a bramire ed è andato avanti ad emettere versi per tutta la notte come per festeggiare la vittoria! Un’altra volta invece, era il mese di maggio, siamo usciti la sera dalla baita e ci siamo ritrovati immersi in un “mare” di lucciole, tutte sfavillanti, uno spettacolo!». Ci fermeremmo volentieri a lungo ma dobbiamo proseguire. Salutiamo Simon Pietro con la promessa di tornare alla Tesa.

Il sentiero scende nel bosco con direzione Nord Ovest. Dopo pochi minuti veniamo proiettati in un paesaggio monocolore, arido e desolato: l’abetaia che ricopriva questo versante del Secco è stata rasa al suolo a causa del famigerato bostrico. Rimangono solo i ceppi tagliati e nulla più, la natura pare vinta. Sembra di essere sulla luna, eppure il taglio drastico del bosco adesso permette al sole di raggiungere ogni angolo del pendio e agli occhi di allargare l’orizzonte su tutta la Valcanale: di fronte a noi risaltano luminosissime le contrade della Valcanale, sovrastate da cima di Bani.

Ci immettiamo su una pista forestale utilizzata per il taglio boschi fino a un bivio (860m) con la strada che conduce alla baita Camnare (sulla destra). Il nostro itinerario prevederebbe il rientro passando da questa baita ma le temperature favorevoli e le energie ancora abbondanti mi inducono a suggerire una deviazione: « Perché non andiamo a sincerarci delle condizioni del nevaio della Valle del Las, il ghiacciaio più basso d’Italia? ». Di questa rarità glaciologica abbiamo già parlato in precedenza e vale sicuramente la pena raggiungerlo per una sbirciatina. Al bivio teniamo la sinistra e riprendiamo gradualmente quota fino ad addentrarci nella Valle di Las. L’ambiente è selvaggio e severo, con le incombenti pareti dolomitiche del Monte Secco ad impedire l’ingresso ai raggi del sole. Alcuni ometti di pietra ci guidano su un sentiero pietroso che si spinge fino alla base del nevaio (1125m).

La suggestione è forte, il silenzio e il freddo attanagliano l’animo. Alziamo lo sguardo, soltanto rocce e neve. Solo in alto, ma molto in alto, riusciamo a scorgere l’azzurro del cielo. Proviamo a risalire il nevaio serpeggiando faticosamente tra i compatti corrugamenti della valanga: «Ehi ragazzi, la neve è poca, mi sa che quest’anno non arriva nemmeno a luglio!» afferma Giovanni e mi trovo perfettamente d’accordo con lui. Peccato, la granita al limone salta anche quest’anno!

Torniamo sui nostri passi fino al bivio precedentemente descritto. Qui prendiamo la strada diretta a baita Camnare. Stiamo percorrendo a ritroso il primo tratto del sentiero CAI delle Orobie Centro – Orientali (segnavia n° 220) che seguiamo fedelmente fino ad Ardesio.

P.S. l’itinerario qui descritto è lungo 11.5km con un dislivello positivo pari a circa 850m. Calcolare tre ore e mezza di cammino. Escludendo la deviazione al nevaio della Valle di Las si risparmiano, tra andata e ritorno, 3 chilometri e 200m di dislivello, un’oretta circa. Non esistono difficoltà tecniche. La fascia oraria migliore è quella del mattino. Considerata la natura arida del terreno è opportuno portarsi una scorta d’acqua idonea. Cacciamali si può raggiungere anche partendo dalla contrada Cerete (800m) raggiungibile in auto, abbreviando ulteriormente il percorso.

Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli, salvo dove diversamente segnalato.

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