Sono certa di non essere l’unica che, da piccola, faceva girare il mappamondo per poi puntare il dito ad occhi chiusi e sognare di raggiungere la meta indicata. Oggi mi basta lo smartphone e un giorno libero per guardare una mappa, realisticamente ristretta alla provincia di Bergamo, e scegliere di trascorrere la domenica in una zona che non ho mai esplorato. È un esercizio che consiglio a tutti e che in una giornata grigia e molto umida mi ha portato a conoscere la bellezza delle sculture di Alberto Meli.
Dietro al Palazzo della Provincia di Bergamo esiste un Parco della Scultura a cui viene data molta meno attenzione di quella che merita. I più attenti però avranno sicuramente notato tra le opere degli artisti, tutti bergamaschi, un grande bronzo spaccato in due da una sorta di germoglio, una scultura dalla forma aliena, un giovinetto e un Mosè. Sono tutte opere di Alberto Meli, originario di Luzzana, ovvero la mia meta per oggi. Uno di quei paesi che separano Trescore dal lago e che ho sempre visto solo di passaggio, dal finestrino dell’auto.
Circa un secolo prima di Alberto Meli però, fu un altro Meli di Luzzana ad affermarsi come sculture: Giosuè. I due artisti, curiosamente, non sono nemmeno imparentati. Opere di Giosuè Meli si trovano a Roma e San Pietroburgo, ma a Luzzana ce n’è una davvero particolare, che è stata restaurata dopo anni di oblio: l’iconico Gigante.
L’opera è del 1841, realizzata in un blocco di roccia viva chiamata Sasso della Luna. Il Gigante si fonde con la montagna, sostenendola con la sua possente figura mitologica di 4 metri di lunghezza per quasi 5 di altezza. Intorno all’opera è stato realizzato il Parco del Gigante, che nella giornata grigia in cui lo visito è deserto e sembra emanare un’aura mistica: si raggiunge percorrendo i vialetti pedonali del paese abbarbicati sulla collina, e si sporge con una piattaforma suggestiva sopra il torrente Bragazzo. Il Gigante di Meli si può però ammirare anche dalla parte opposta del torrente, accanto alla chiesa parrocchiale di San Bernardino da Siena: in questo punto i due Meli scultori si incontrano, perché il portale della chiesa è stato realizzato da Alberto.
Che Luzzana sia un paese che trasuda arte mi è chiaro fin dal primo coloratissimo mosaico «Inno all’universo» che si trova nei pressi della chiesa. L’opera è realizzata dalla Scuola d’Arte Ester Gaini, intitolata alla pittrice che divenne moglie di Alberto Meli, ed è la prima delle tante sorprese che mi riservano le strade bagnate di pioggia del paese.
Tra muri di pietra e sampietrini si apre piazza Giosuè Meli e in fondo ad essa si trova il «Monumento all’ecologia» di Alberto Meli. L’opera è composta da un grosso masso di sarizzo rosso, materiale che venne trasportato a valle dal ghiacciaio della Val Camonica migliaia di anni fa, sopra al quale sono scolpiti un animale e vegetazione morenti. L’artista trasmette così tutta la sua preoccupazione nei confronti del pianeta e dei comportamenti umani che lo stanno uccidendo, ma lascia uno spiraglio di speranza nello stelo tortuoso che si apre, in alto, in un fiore, che oggi è costellato di gocce di pioggia quasi fosse rugiada.
Proseguendo lungo la strada che curva nei pressi del monumento, raggiungo un’altra opera della scuola d’arte, dedicata proprio al paese di Luzzana. Si tratta questa volta di un murales accompagnato da versi che augurano di realizzare i propri sogni. Accanto ad esso, mi colpisce un affresco dalle linee sinuose intitolato «La fiamma della vita» , dedicato “a tutti coloro il cui fuoco arde ancora dentro di noi”.
Appena distolgo l’attenzione dalle opere mi accorgo che il muro alle mie spalle è parte di una chiesa e affiancato da un piccolo campanile in pietra, la cui sommità sembra essere stata ricostruita in tempi più recenti rispetto alla base. Si tratta dell’ex chiesa di San Bernardino, di cui abbiamo notizie risalenti già al 1510, in un documento dove la contessa Ferma de Secchi, moglie del nobile Gualtiero Suardi, ne disponeva l’ampliamento. All’interno della chiesa sono stati condotti degli scavi archeologici che hanno portato alla luce diverse tombe e basamenti di muri di una chiesa antecedente e di un battistero.
Tre bambini giocano rincorrendosi nella piazzetta vicina, per poi rifugiarsi sotto al portico adiacente all’ex chiesa di San Bernardino. Il paese, in una domenica di lunghi pranzi al riparo dalla pioggia, sembra essere a completa disposizione dei loro giochi.
Per me invece è arrivato il momento di visitare il Museo d’arte contemporanea di Luzzana. Resto affascinata dall’edificio che lo ospita non appena supero l’arco di accesso al cortile: si tratta infatti di un castello del XIII secolo, che nel corso del Cinquecento venne trasformato nella residenza dei conti e mercanti di lana Giovanelli. Palazzo Giovanelli diventò nel 1989 proprietà del Comune di Luzzana, che oltre ad allestire i propri uffici destinò parte del castello alla biblioteca e al museo. Il museo è dedicato alla collezione di Alberto Meli ed Ester Gaini, donata dagli artisti stessi e ospita anche mostre temporanee.
Timidamente, mi affaccio alla prima sala. Chiedo informazioni sulla collezione al volontario che mi accoglie, ed è stata la cosa migliore che potessi fare: avendo frequentato sia Alberto Meli che Ester Gaini quando erano in vita, riesce a farmi conoscere attraverso le sue parole non solo la loro arte, ma anche gli artisti stessi.
«Alberto Meli era un uomo dal carattere deciso, che durante la sua vita ha sofferto molto. Ciò l’ha portato ad avvicinarsi a una certa spiritualità, che trasmette anche nelle sue sculture». Inizia così la storia che mi viene raccontata e che si snoda poi tra le sale del castello e gli aneddoti personali.
Dopo aver combattuto la seconda guerra mondiale, Meli frequentò l’Accademia Carrara a Bergamo e si trasferì a Locarno, dove si avvicinò a diversi artisti di fama internazionale e soprattutto al dadaismo grazie a Jean Arp, di cui diventò collaboratore.
Tornato in patria, si dedicò sia a commissioni che alla propria arte. Il museo ospita ritratti, oggetti e statue creati per committenti tra cui molte parrocchie del territorio, ma sono le opere personali ad essere davvero sbalorditive. Alberto Meli nel suo laboratorio raccoglieva materiali trovati nella natura, con cui aveva una profonda connessione, e nel corso degli anni la sua scultura diventò sempre più una sorta di assemblaggio di varie componenti. Nelle sue opere c’è un’espressività molto potente e una fusione tra elementi naturali o anche di riciclo (in un’opera ho notato l’ingranaggio di un motorino). Ci sono addirittura figure create con ossa di animali, magari ancora i denti attaccati: Meli raccoglieva materiali in cui riusciva già a vedere della bellezza non scontata, e che poi modificava caricando ulteriormente di significato e di poesia l’opera.
Mi soffermo sulle sale stipate di creazioni surreali, restando particolarmente affascinata dall’intensità dei cicli delle «Maternità» e delle «Genesi», e passo lunghi minuti ad osservare un’opera intitolata «Extraterrestre», che da ogni angolazione da cui la si guardi risulta sempre diversa.
Una sala del museo è riservata ai dipinti di Ester Gaini. La pittrice è stata per Meli un punto fermo sia nella vita privata che nella carriera: i due artisti, insieme fin dagli anni di Locarno, si sono sempre supportati e influenzati a vicenda. Mi colpisce e mi commuove la maniera in cui la sua pittura figurativa cambia di colpo, diventando astratta e ai miei occhi ancora più suggestiva, dopo la morte del marito nel 2003.
Quando esco dal museo, dopo aver visitato anche la sala dedicata a Giosuè Meli e alla mostra temporanea in corso, ho ancora gli occhi pieni di bellezza e appuntati nelle note del telefono una serie di luoghi della zona in cui trovare altre opere di Alberto Meli. Il piccolo museo di un paesino di provincia è riuscito ad aprirmi un mondo, e consiglio a chiunque di visitarlo negli orari di apertura: il mercoledì pomeriggio, il sabato mattina e la domenica pomeriggio. L’ingresso è gratuito e i volontari fanno davvero un ottimo lavoro. Per ulteriori informazioni, consulta il sito!
Prima di lasciare Luzzana, passo davanti alla grande «Genesi» sulla statale, collocata nei pressi di quella che fu la casa di Alberto Meli e Ester Gaini. Lascio alle mie spalle il grande bronzo che, aperto a metà, lascia spazio a un germoglio rigoglioso. La valle sta sprofondando nella nebbia, mentre le montagne circostanti sembrano isole sospese al di sopra delle nubi.