Ricordo che nei primi anni ’80 le pagine dell’Eco riportavano testimonianze di un vivacissimo dibattito tra ambientalisti, promotori turistici e amministratori dell’alta valle Seriana sull’opportunità di creare un comprensorio sciistico nella conca del Cardeto. Prevalse la linea della salvaguardia del territorio e, alla luce di quanto accaduto negli anni a seguire a molte stazioni sciistiche delle Orobie, oserei dire che fu una scelta lungimirante.
Sempre in quel periodo rammento, altresì, di aver letto su una rivista specializzata la descrizione di un itinerario escursionistico che declamava le bellezze naturalistiche della zona, ma che asseriva che gli splendidi laghi della conca erano destinati a scomparire nel tempo a causa di un progressivo interramento delle acque. Le due questioni ai miei giovani occhi parvero come un segnale d’allarme: così, prima che un disastro di tale portata potesse compiersi, decisi di andare alla scoperta della zona. Rimasi affascinato dalla bellezza del luogo e molto felice di aver goduto dell‘incanto dei laghi nella loro integrità, prima della imminente scomparsa.
Il ricordo delle belle suggestioni vissute nella conca mi ha spinto, negli anni seguenti, a nuove scorribande nella zona e, fortunatamente, i laghi sono sempre rimasti lì, al loro posto, limpidi e splendenti. Appresi così che i tempi geologici sono di tutt’altra natura rispetto ai tempi umani. Un paio di settimane orsono, in una di quelle domeniche di fine estate in cui le previsioni meteo suggeriscono di rinunciare alle alte vette, ho deciso di tornare al Cardeto in compagnia di Sabri.
Giunti all’abitato di Gromo, superato il bivio per gli Spiazzi, prendiamo la deviazione sulla sinistra che conduce alla frazione Ripa. La strada sale a tornanti con una carreggiata insolitamente ampia (mi è stato riferito che venne progettata così larga per permettere ai bus degli sciatori di raggiungere agevolmente i nascituri impianti di risalita). Nei pressi della bella chiesetta di Ripa Bassa (859m) si trova un posteggio da dove prende inizio il sentiero CAI n° 233 che conduce al passo Portula. Camminando su tratti di mulattiera e strada forestale si attraversa una zona abbellita da prati ben rasati e baite adorne di fiori fino a 1200m di quota. Successivamente, si procede sempre su pendenze allenanti entrando in un bosco in cui abeti alti e slanciati si alternano a giovani faggi quasi a contendersi il predominio arboreo.
La strada in breve si trasforma in sentiero e, in prossimità della baita del Nedulo (1487m), esce dal bosco. Le pendenze si riducono e la vista inizia a farsi estesa e spettacolare. Un lungo traverso ci conduce in direzione della conca del Cardeto rivelandone, poco alla volta, tutta la sua ampiezza. Camminiamo circondati da ciuffi di rododendro e cespugli di mirtilli (quest’anno, ahimè, avari di frutti a causa delle grandinate di luglio). Facciamo incontro con due cacciatori di cervi (per loro è l’ultima domenica prima della pausa concomitante con la stagione degli amori) che ci segnalano la presenza di alcuni esemplari in lontananza… molto lontani, sia per i nostri occhi che per la loro carabina.
Poco prima di raggiungere il grande pianoro acquitrinoso del Cardeto, imbocchiamo sulla sinistra (a quota 1680m) il sentiero (CAI n°233a) che raggiunge i Tre laghi del Cardeto compiendo un grande giro di tutta la conca. I laghi, posti su tre gradini naturali, sono immersi in un “mare” di mirtilli e risultano leggermente nascosti perché incassati nel terreno. Il dislivello che li separa uno dall’altro è ridotto e ciò rende molto divertente il cammino. In pochi minuti si sbuca sul primo gradino ed appare il Lago Basso di Cardeto (1708m), a mio avviso il più bello e invitante. Qualche scatto alla ricerca del riflesso migliore e poi su al Lago di Mezzo (1798m).
Clic, clic, e via verso il Lago Alto (1862m). Sono piccoli bacini di origine glaciale, di forma tondeggiante e abbastanza simili tra loro. Le acque limpidissime riflettono come uno specchio i monti circostanti. Dopo l’ennesima foto ripartiamo per completare l’anello della conca aggirando un immenso gregge di pecore che pascola nei pressi del sentiero. Si sale ancora un poco per sbucare su un piccolo pianoro che racchiude un altro laghetto, molto più piccolo degli altri, che probabilmente rappresenta il destino geologico dei fratelli maggiori. Buona parte della sua superficie è invasa dalle erbe che lo rendono più simile ad un acquitrino che a un lago.
Procediamo senza più dislivello in direzione della valle che scende dal passo Portula, strizzando l’occhio al monte Madonnino che sorveglia con fierezza tutta la conca. Superiamo un ruscello e raggiungiamo la baita alta monte Cardeto (1921m), piccola costruzione che si confonde tra i grandi massi circostanti. Alla baita il sentiero 233a termina. Gli escursionisti più allenati possono raggiungere in meno di un’ora il passo Portula (2273m) e da lì guadagnare la cima del monte Madonnino (2502m) oppure scollinare nella conca del rifugio Calvi. Una interessante alternativa è quella di raggiungere la baita rifugio Cernello (1956m), sulle rive dell’omonimo lago, nel comprensorio dei Laghi di Valgoglio (sentiero CAI n° 233b). Purtroppo, come previsto, le nuvole si sono repentinamente impossessate delle vette così rinunciamo al Madonnino e scendiamo lungo il sentiero n° 233 per concludere il periplo della conca.
Adagiata su bel un pianoro erboso a sbalzo sull’intera vallata, ecco apparire la baita di mezzo monte Cardeto. La vista è sublime! I giganti delle Orobie tutti al nostro cospetto: da sinistra in rapida successione ecco lo Scais, il Redorta, il Coca, il Torena, il Recastello e via via gli altri. In primissimo piano il monte Calvera e il Vigna Soliva. Ben ristrutturata e accogliente, la baita porta la dedica a Flavio Rodigari. Mentre mi aggiro curiosando nei dintorni, compare dal basso un giovane con uno zaino himalayano, grondante di sudore che, giunto alla baita, si libera del pesante fardello e si tuffa su una birra recuperata all’interno.
Appena lo vedo ristabilito mi avvicino e inizio a scambiare due parole. Scopro con grande sorpresa che Marco, questo il suo nome, è uno dei volontari dell’associazione Cardeto Solidale che ha in gestione la baita. L’associazione beneficia dell’operato di una decina di famiglie dell’alta Valle Seriana che fondono la loro passione per la montagna alla solidarietà verso chi ha bisogno. Le energie dei volontari sono rivolte al finanziamento di progetti mirati allo sviluppo di comunità sparse in tutto il mondo, con un occhio di riguardo per le iniziative dedicate ai bambini.
Entrando nella baita, le fotografie appese al muro raccontano delle belle iniziative in Malawi, Honduras, Madagascar, Brasile, Algeria e anche nel nostro territorio. Il ricavato della gestione della baita è devoluto a tali fini. Rimango commosso nel constatare come una piccola realtà possa dar vita a grandi progetti. Mi scappa l’occhio e scorgo in cucina la signora Angela, indaffarata nel preparare con le sue mani dei ravioli, mentre sul fornello un pentolone emana un gradevolissimo profumo di brasato … “È possibile fermarsi a pranzo?”, chiedo a Marco con interesse quasi sfacciato. “La consumazione dei pasti è riservata ai soci”, replica e, prima che la delusione comparisse sul mio volto, aggiunge: “tesserarsi costa un euro e si può fare al momento”. Detto, fatto: Camillo e Sabrina tessere n° 177 e 178!
Complici l’incanto del luogo, l’entusiasmo contagioso dei volontari, la delizia dei piatti amorevolmente preparati da Angela e, non da ultimo, la possibilità di contribuire a progetti solidali, conservo uno splendido ricordo di quella giornata. Con l’animo felice, ci incamminiamo verso valle. Il sentiero n° 233 scende con un comodo percorso fino a lambire la vasta torbiera posta alla base della conca, che probabilmente un tempo ospitava un grande lago. Superiamo un paio di torrenti utilizzando ponticelli di legno ben costruiti e ci ritroviamo sul medesimo percorso effettuato all’andata. L’escursione non presenta difficoltà, è lunga circa 14 chilometri e prevede poco più di 1000m di dislivello in salita. Richiede circa cinque ore di cammino per un escursionista mediamente allenato.
P.S. La baita rifugio Cardeto è dedicata al compianto Flavio Rodigari, ideatore e promotore di questa iniziativa solidale, nata in occasione del bando del comune di Gandellino per il recupero dei ruderi della baita da adibire a struttura ricettiva senza scopo di lucro. La baita dispone anche di 25 posti letto a disposizione degli avventori, non appena l’emergenza Covid sarà rientrata. Per contatti consultare il sito cardetosolidale.it.
P.P.S. gli anziani dell’alta valle Seriana ricordano che il formaggio d’alpeggio del Cardeto era molto rinomato grazie alle eccezionali qualità delle erbe dei pascoli. Da quindici anni, ormai, la mancanza di una strada di accesso alla conca ha tenuto lontano i pastori, e le mucche non pascolano più nei prati del Cardeto. Si è persa così una storica peculiarità della zona.