Da che mondo è mondo, gli uomini hanno sempre avuto la necessità di narrare la realtà che li circonda plasmandola attraverso la propria fantasia e traducendola in racconti popolari, storie e leggende.
Un modo per esorcizzare le proprie paure più ataviche o dare una risposta ai molti perché che caratterizzano l’inafferrabile mondo naturale che li (e ci) circonda. Una saggezza popolare che ancora oggi nel nostro immaginario si lega a visioni di gruppi di persone raccolte in ossequioso ascolto, magari davanti a un fuoco o nelle stalle, mentre un narratore evoca con la sola forza della voce mondi magnifici e immagini suggestive, talvolta popolate da figure sinistre.
Sia come sia, anche al giorno d’oggi le storie popolaritramandate per secoli in forma orale all’interno delle comunità e dei paesini continuano a esercitare il loro fascino. E con l’arrivo dei primi freddi e l’accorciarsi delle giornate, non c’è miglior occasione per rispolverare qualche racconto che popolava (e popola tutt’oggi) le nostre valli.
Val Seriana – La leggenda di Carletto
Il nostro viaggio comincia a Rovetta, dove in tempi remoti i locali avevano elaborato una leggenda davvero particolare per spiegare alcuni rumori sinistri che animavano le nottate in paese.
Qui si tramanda la leggenda di Carletto, un ragazzetto piuttosto disubbidiente e dispettoso. Il racconto narra che, dopo aver mancato di rispetto alla madre, il povero Carletto andò a letto, ma non si risvegliò più.
Trovato il piccolo senza vita, i genitori organizzarono il funerale e lo seppellirono al cimitero del paese. Fatto sta che il giorno seguente, la bara venne trovata dissotterrata: la sacra terra del cimitero sembrava proprio non apprezzare il piccolo Carletto a causa del brutto comportamento che lo aveva contraddistinto in vita.
Furono fatti vari tentativi, ma non vi fu nulla da fare: ogni mattina la bara del bambino tornava in superficie, risputata dalla terra. Così, in paese si decise di seppellire il feretro bistrattato al di fuori cimitero.
Ma una volta calata la notte, i lamenti e le urla di Carletto cominciarono a scuotere l’aria. Ancora oggi, si dice che dal cuore della terra si possano udire degli strani boati.
Val di Scalve – La leggenda delle Quattro Matte
La leggenda delle Quattro Matte ha inizio a Colere, ai piedi della Presolana.
Secondo i racconti, il paese accoglieva un tempo quattro avvenenti quanto vanitose sorelle. Mentre erano nei boschi, queste incontrarono un gruppo di gnomi, figure ritenute per lo più pericolose dagli abitanti del paese e per questo evitate, in quanto in possesso di poteri oscuri.
Noncuranti degli avvertimenti dei compaesani, le quattro sorelle decisero di trascorrere del tempo con i quattro gnomi che si invaghirono di loro. Divertite, siglarono un accordo, promettendo ai folletti che sarebbero tornate ogni settimana al calar del sole.
Ma ben presto il loro gioco venne smascherato: gli gnomi appresero che le quattro fanciulle erano in procinto di sposarsi. Beffati, organizzarono la loro vendetta.
Fu così che una notte le sorelle non fecero più ritorno dalla loro abituale passeggiata notturna. Furono infatti trasformate in pietra e divennero parte della montagna.
Ancora oggi sul paese di Colere si affacciano quattro grossi pinnacoli di pietra. Le Quattro Matte, per l’appunto.
Val Cavallina – La leggenda del Diavolo
Certamente, molti di voi avranno visitato la Valle del Freddo, un’oasi naturale di rara bellezza nell’area della Val Cavallina. Essa è caratterizzata da un fenomeno climatico davvero unico: dalle buche presenti sul suo suolo anche in piena estate soffiano delle correnti fredde con temperature comprese di 2°-4°.
Ebbene, prima di chiamarsi così questo luogo era conosciuto come la Valle del Diavolo e il fenomeno era originariamente spiegato con una leggenda che giustifica anche la scelta di questo nome sinistro.
Secondo i racconti un giorno il Diavolo lanciò una sfida a Dio. Chi dei due avesse scagliato più lontano un grosso masso, si sarebbe arrogato il diritto di impadronirsi delle anime degli abitanti delle quattro vallate circostanti.
Dalla cima del monte Clemo, il confronto ebbe inizio: il Diavolo lanciò per primo, ma senza particolare fortuna. Il suo masso atterrò infatti a poca distanza dalla Valle del Freddo, rompendosi in quattro. Fu poi il turno di Dio che, inutile dirlo, ebbe la meglio.
Adirato, il Demone batté con violenza il piede sulla montagna spaccandola a metà e sprofondò nelle viscere della terra. Da qui però non seppe stare quieto: cominciò infatti a emanare il suo alito gelido, che incuneandosi in gallerie sotterranee giungeva fino in superficie. E le grandi pietre che si possono trovare nella valle? Non sono parti del macigno lanciato dal Demonio, bensì i cosiddetti massi erratici: pietroni trasportati a valle dal ghiacciaio che un tempo occupava l’area.
Bergamo - Il Portone del Diavolo
Concludiamo questo breve viaggio nelle leggende popolari a due passi dal centro città.
Ebbene, qui non è un fenomeno naturale ad affacciarsi sui racconti, bensì un elemento architettonico perfettamente umano. O forse no, chi può dirlo. Certo è che attorno al cosiddetto Portone del Diavolo all’incrocio con via Celadina i racconti si sprecano. Dopo aver creato le bocche d’aria della Valle del Freddo, ancora una volta il Diavolo ci mette lo zampino.
Tutto ha inizio nel 1550, quando Gian Giacomo de’ Tassis decise di affidare a un certo Sandro da Sanga la costruzione di un portone in marmo bianco per farne l’accesso alla sua villa. Sembra però che l’architetto sia stato piuttosto celere nella realizzazione di questo arco. Tanto celere che tra la gente si cominciò a vociferare che in realtà il portale non fosse altro che l’opera del Diavolo in persona.
Secondo molti infatti Sanga avrebbe stipulato un patto col Demonio per edificare l’architettura in una sola notte. Come siano andate davvero le cose non ci è dato saperlo. Certo è che, quando tira aria di tempesta, le pareti del portone emanano un sospetto odore di zolfo.