È molto avvincente l’esplorazione dei monti che si specchiano nei laghi perché regala scorci strepitosi e suggestioni impagabili. Ci rechiamo sulla sponda bresciana del Sebino, a Provaglio d’Iseo, lembo settentrionale della Franciacorta. È un territorio molto particolare quello di Provaglio: non può definirsi di montagna perché sorge in piano, nonostante si trovi addossato alle prime alture prealpine; nemmeno può dirsi di lago, perché non si trova in riva al lago ma con il lago ha un legame strettissimo. Provaglio, col suo monte, i suoi colli, le distese pianeggianti, le torbiere e il lago dietro l’angolo è un luogo unico.
Quello di oggi è un itinerario breve, ideale da effettuare di primo pomeriggio nei mesi invernali quando la luce ha una vivacità speciale e i panorami sono profondi e brillanti. Il nome «Provaglio» deriva dalla collocazione geografica del paese, dal latino pro-vallem (prima della valle), in riferimento alla depressione sottostante l’abitato dove si estende l’ampio bacino delle Riserva Naturale delle Torbiere. Il territorio di Provaglio era già abitato in epoca preistorica: reperti rinvenuti nelle torbiere fanno ritenere che esistesse un villaggio di palafitte. Testimonianze archeologiche più recenti attestano che il paese era abitato anche ai tempi di Roma, trovandosi in posizione strategica sulla via principale di collegamento tra la Val Camonica, Brescia e la pianura.
Immerso nella tranquillità della natura e in posizione dominante sulla distesa delle torbiere sorge il millenario monastero di San Pietro in Lamosa. Il toponimo Lamosa si deve all’antico nome delle torbiere, le «lame». Furono due fratelli longobardi, Ambrogio e Oprando, a donare nel dicembre 1083 al monastero benedettino di Cluny una chiesetta con tutti i beni, a suffragio delle loro anime. Dodici anni dopo, sorse il contiguo monastero che, nel 1147, divenne priorato cluniacense. Il monastero non è meta dell’itinerario odierno, ma ne consiglio la visita.
Oggi le nostre attenzioni sono rivolte principalmente all’aspetto naturalistico-ambientale: l’itinerario ad anello del monte Cognolo. Lasciamo l’auto nel posteggio visitatori del monastero (193m). Procediamo a piedi per via Olimpia fino a intercettare via Castello, che procede tra i muri di cinta di belle dimore circondate da ulivi rigogliosi. Ben presto la via prende quota risalendo trasversalmente la collina e arriva a intersecare via San Rocco, all’altezza dell’omonima chiesetta. Dietro la chiesa meritano una sbirciatina i resti dell’antico castello di Provaglio. Il maniero venne edificato della potente famiglia ghibellina degli Oldofredi tra il XIII e il XIV secolo, ma andò distrutto intorno al primo decennio del Quattrocento a causa dei conflitti tra i Visconti, alleati degli Oldofredi, e i Malatesta, di fede guelfa.
Siamo in località Pian delle Viti, un anfiteatro naturale coltivato a vite e ulivi, circondato dal bosco, ben esposto al sole e protetto dal monte Cognolo. In corrispondenza di un primo posteggio, svoltiamo a destra e percorriamo la strada agricola della località Spessa. Superiamo un paio di case rurali fino a rientrare nel bosco. Qui, sulla destra, prendiamo l’evidente sentiero che si stacca dalla strada e attraversa in salita il versante meridionale del monte Cognolo. Raggiunta la dorsale sud del monte Cognolo prendiamo il sentiero a sinistra che la risale integralmente. È curioso che, in questo tratto, la vegetazione e l’ambiente richiamino molto i sentieri costieri della Liguria.
L’ascesa è lineare e presenta più sentieri percorribili, tutti validi al raggiungimento della cima del monte Cognolo. Guadagniamo quota rapidamente e, dopo aver toccato alcuni capanni di caccia, giungiamo in vetta (674m). Bisogna sapere che il monte Cognolo è ricoperto di vegetazione e non offre vista panoramica, ma essendo la cima più alta della zona va indiscutibilmente onorata. Gli scorci panoramici ci allieteranno lungo la discesa. A guidarci ora è il sentiero CAI n°290 che seguiamo in direzione Provaglio. Ci abbassiamo fino ad un capanno di caccia, dove si trova la deviazione che conduce al Corno del Creilì (cartelli indicatori).
Il Corno è uno sperone roccioso, proteso nel vuoto e affacciato meravigliosamente sul lago. Una croce esalta il misticismo del luogo. Per raggiungere la croce bisogna discendere alcuni gradini rocciosi, nulla di complicato ma occorre prestare un po’ di attenzione. La vista sul lago e le montagne che fan da contorno è davvero incantevole. Non esagero nel considerarlo uno dei punti panoramici più belli di tutto il Sebino.
Localmente il Corno viene anche chiamato Balòta del Coren, ma tale nome non è propriamente corretto. Il termine dialettale balòta (palla di materia soda) identifica, in questo caso, i massi erratici che il ghiacciaio dell’Adamello ha trasportato fin qui nel corso delle numerose glaciazioni. Nulla a che vedere con lo sperone roccioso calcareo del Creilì. Una balòta vera, di verrucano lombardo, si trova invece lungo il sentiero che corre appena dietro i ruderi del castello di Provaglio. La contemplazione dalla croce è d’obbligo, così come le foto di rito, ma bisogna essere molto rapidi nel click, perché è tutto un viavai di gente che sale fin quassù per godere del panorama.
Torniamo al capanno e riprendiamo la discesa lungo il sentiero 290 che raggiunge la chiesa della Madonna del Corno (447m). Alla chiesa, il nostro percorso devia a destra per dirigersi verso la grande croce di Provaglio (o della Madonna) che sovrasta il paese e le torbiere. La croce (446m) si trova in un altro punto panoramico che merita questo piccolo sforzo in più. I riflessi del sole che si abbassa sulle torbiere creano splendidi giochi di luce.
Torniamo sui nostri passi fino alla Madonna del Corno. La chiesa fu eretta intorno al 1500 ed è dedicata all’Annunciazione della Madonna. La sua posizione privilegiata e la devozione popolare la rendono tutt’oggi meta di pellegrinaggi dalla popolazione locale. Grazie ad alcuni volontari è normalmente visitabile nei giorni festivi. Da una ventina d’anni, la parte abitativa annessa alla chiesa è gestita dal CAI di Provaglio d’Iseo che l’ha adibita a rifugio aperto al pubblico.
Faccio due rapidi calcoli e capisco che abbiamo i tempi contati per concederci una sortita vespertina sui sentieri delle torbiere. Così acceleriamo il passo. Appena superata la chiesetta abbandoniamo la strada principale e scendiamo a destra per il sentiero che ci riconduce nei pressi del monastero. Esistono tre percorsi all’interno della riserva naturale delle Torbiere del Sebino.
Decidiamo di seguire il percorso sud-centrale, un itinerario circolare che inizia proprio a destra del monastero appena sotto la strada provinciale. Quando circa 10.000 anni fa l’ultimo ghiacciaio si ritirò, il fondo di questo lembo di terra, essendo più basso delle zone circostanti, rimase allagato, diventando una conca d’acqua poco profonda e senza sbocchi. Una ricca vegetazione vi si depositò e vi si decompose parzialmente, originando uno strato di torba. Com’è noto, la torba essiccata è un ottimo combustibile.
Per più di cent’anni, da inizio Ottocento fino agli anni cinquanta del secolo scorso, a forza di braccia, il deposito torboso fu asportato, ricreando una conca d’acqua di 350 ettari, suddivisa in specchi da un reticolo di argini erbosi. Il nuovo ecosistema venutosi a creare ospita una flora particolare, come la ninfea candida, ed è luogo ideale per la sosta e la nidificazione di decine di specie di uccelli acquatici. Per salvaguardare l’unicità e l’integrità della zona, nel 1984 è stata istituita la Riserva Naturale Regionale delle Torbiere del Sebino.
Il percorso, completamente pianeggiante, si snoda nel cuore della riserva attraverso passerelle di legno che collegano le diverse lingue di terra di separazione delle vasche. Lungo i pontili sono state allestite alcune postazioni di birdwatching . Gli scorci sono unici e le luci del tramonto rendono l’atmosfera magica. Gli ultimi raggi di sole illuminano il monastero e lassù in alto la Madonna del Corno. Poco prima di tornare al monastero l’itinerario attraversa i binari del trenino della valle Camonica… peccato perché l’abbiamo sentito passare pochi minuti fa!
P.S. L’escursione qui descritta è lunga 6,5 km con 450m di dislivello positivo. Calcolare due ore e mezzo. Il percorso sud-centrale delle Torbiere è lungo 4km. Prevedere un’oretta aggiuntiva. L’accesso alla Riserva prevede il pagamento di un ticket di due euro come contributo per finanziare i lavori di conservazione e ricerca dell’area naturalistica ed è acquistabile presso i distributori automatici posizionati agli ingressi della Riserva.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli)