«Perché non vieni a bere una birra a NoLo?» mi chiese un amico di Milano qualche tempo fa. Incuriosita da questo quartiere, della cui vivace trasformazione ho sentito molto parlare, non potevo che approfittarne per andare ad esplorare le sue strade e le sue piazze, in una breve escursione urbana fitta di scoperte. Come SoHo a New York è l’acronimo di «South of Houston Street», è la zona Nord Loreto (in italiano, in questo caso) compresa tra il Naviglio della Martesana, la Stazione Centrale e via Leoncavallo che definisce NoLo.
Fino a non troppo tempo fa, il nome NoLo, coniato da tre architetti e che si può ora considerare quasi un vero e proprio brand, non esisteva nemmeno. Gli spazi della zona versavano in condizioni decisamente non rosee fino ai primi anni Duemila, quando il quartiere, popolare e multiculturale, si fece forza proprio di queste caratteristiche per rinascere dal basso con un’identità nuova: quella di quartiere creativo, vivace, brulicante di idee e attività.
In rete si legge di tutto su NoLo: dagli studi sul rebranding della zona alla preoccupazione per il processo inevitabile di gentrificazione, alle lamentele nei confronti degli schiamazzi fuori dai locali di Piazza Morbegno, che sta diventando un polo sempre più frequentato nella nightlife milanese, fino all’apprensione per i prezzi degli immobili, che salgono vertiginosamente andando a danneggiare proprio chi il quartiere l’ha reso quello che è ora.
Le strade del quartiere sono totalmente indifferenti a quello che si scrive su di loro, mentre le calpesto dirigendomi verso il Cinema Beltrade in quella manciata di minuti sonnolenti che precedono il vivace sabato pomeriggio cittadino. Questa sala storica nascosta dietro a una piccola porta di legno risale agli anni Trenta ed è ancora oggi uno dei luoghi chiave di NoLo. Qui ogni giorno vengono proiettati diversi film indipendenti, tutti in lingua originale con sottotitoli. Luogo e format hanno un’atmosfera fuori dal tempo, familiare e accogliente, dovuta al fatto che la sala era nata come cinema dell’oratorio e sorge letteralmente fianco a fianco alla Chiesa Parrocchiale di Santa Maria Beltrade.
La facciata di mattoni rossi della chiesa si apre uno spazio tra le case, e il porticato sembra slanciarne la figura piuttosto austera. L’interno, deserto a quest’ora, è un tripudio di dipinti, tra i quali noto subito il particolare «Cristo nell’abside», crocifisso all’Albero della Vita invece che alla croce, sotto a un sereno cielo azzurro. Nello splendido affresco della controfacciata distinguo alcune delle principali chiese di Milano, mentre ai suoi estremi sono raffigurate la vecchia Chiesa di Santa Maria Beltrade e quella attuale.
Le vie di NoLo si vanno via via animando una volta uscita dalla chiesa, mentre mi incammino verso l’incrocio tra Viale Monza e Via Crespi. Qui trovo il Mercato Comunale Coperto, uno dei primi a Milano, costruito all’inizio degli anni Trenta. Nell’epoca dei grandi centri commerciali, questo mercato come tanti altri in città è stato trascurato, ma in anni più recenti sta tornando alla ribalta in una veste diversa: alcuni commercianti restano aperti per l’aperitivo o la cena, trasformando il mercato in un luogo dove spendere anche il proprio tempo libero e non solo il denaro per la spesa. Anche se pare che qui si possa comprare della carne equina di ottima qualità!
Dal 2020, uno spazio all’interno del mercato è riservato a « Off Campus », un progetto del Politecnico di Milano che vuole portare l’Università sul territorio, per renderla partecipe delle sfide sociali e co-progettare interventi che abbiano un impatto positivo sulle comunità. Inoltre, è di poche settimane fa il patto tra il Comune di Milano e diverse associazioni del territorio, stipulato per dare vita a «OUT, il cortile sociale» proprio all’interno del mercato. Credo che sarà interessante tornare tra qualche tempo, per vedere come crescerà un progetto che ha tutti i presupposti per essere vincente.
Prima di attraversare la strada per entrare nel mercato a sbirciare com’è, intravedo un edificio lungo viale Monza che mi sembra decisamente poco in armonia con i palazzi circostanti. Sembra quasi un antico castello di pietra, con tanto di merletti e bifore. Incuriosita, faccio qualche breve ricerca per scoprire che si tratta della bizzarra Ca’ de Sass, fatta costruire nei primi anni del Novecento quando la zona apparteneva ancora al Comune di Turro e gli edifici circostanti con tutta probabilità non esistevano. Il proprietario era un eclettico industriale appassionato di Medioevo e ha lasciato un chiaro segno del suo stile. Visto da fuori l’edificio mi sembra ancora abitato, dato che alle finestre bifore le tapparelle (ben poco medievali) sono alzate.
Il mio percorso alla scoperta di NoLo prosegue all’interno di Parco Trotter, che si rivelerà la tappa più interessante della mia piccola escursione urbana. Il pomeriggio ormai inoltrato e il sole tiepido hanno portato tra le vie del parco una fiumana coloratissima di bambini e ragazzi di tutte le età, che animano ogni angolo del parco. La prima cosa che noto entrando nel Parco Trotter è la Torre della Sirena: un pannello esplicativo spiega che la sirena segnava l’inizio e la fine delle giornate scolastiche.
Scopro così che il Trotter, originariamente un ippodromo, diventò all’inizio degli anni Venti una scuola per i bambini cosiddetti «gracili», ovvero esposti ai rischi della tubercolosi. La scuola aveva un approccio didattico all’avanguardia, che prevedeva molte attività manuali e all’aria aperta, perché il contatto con la natura giovasse alla salute e all’educazione degli alunni. La scuola, che in estate diventava colonia elioterapica, disponeva di diversi edifici dislocati nel parco, una piscina, orti, palestre, una chiesetta e un piccolo teatro. Il regime diede poi una connotazione educativa in chiave fascista alla scuola, che chiuse durante la Seconda Guerra Mondiale per poi riaprire negli anni Cinquanta come «Casa del Sole». Pian piano, la scuola “speciale” si trasformò in una scuola di quartiere, con mille vicissitudini, prestando però sempre particolare attenzione all’inclusività.
Nel corso degli ultimi anni, complice la multiculturalità di chi vive la zona, la scuola è arrivata ad avere una buona parte di alunni di origine straniera, con un parco aperto anche al quartiere: insomma, il Trotter è oggi un parco che contiene una scuola. Tra gli schiamazzi dei ragazzi che giocano a calcio dentro quella che in origine era la piscina, le risate di un gruppetto di bambine che gareggia con le biciclette e i pianti di un bimbo appena inciampato nel prato, mi trovo a pensare che sarebbe stato molto bello, da bambina, frequentare una scuola del genere. Purtroppo però, proprio nel momento in cui scrivo, mi arriva la notizia di alcuni atti di vandalismo ai danni degli edifici scolastici. Forse non è tutto idilliaco come sembra.
Dato che per gli appassionati di street art NoLo è una meta da non perdere, decido di passare a scattare qualche foto alle opere di via Pontano, tra le quali appaiono i nomi degli artisti più conosciuti di Milano. Mi soffermo con un velo di nostalgia ad ammirare questo tipo di arte che per sua natura è sempre in divenire: ciò che vediamo oggi verrà cancellato domani, per far spazio a un nuovo dipinto. Proprio come è accaduto alla balena bianca dipinta su uno di questi muri, che fino a qualche anno fa è stata adottata come simbolo di NoLo, prima di scomparire. Vicenda che diventa una metafora del quartiere stesso, in costante mutamento al pari dei suoi muri.
Mi allontano da via Pontano camminando verso l’iconica piazza Spoleto, diventata pedonale grazie all’intervento «Piazze Aperte» del Comune di Milano. Mi aspettavo un luogo di ritrovo piuttosto vissuto, ma la trovo pressoché deserta. Ne resto un po’ delusa, ma forse è ancora presto, il sole non è ancora calato: al contrario, quando raggiungo la piccola e tranquilla Piazza del Governo Provvisorio, l’aperitivo è già in corso nei locali adiacenti e l’atmosfera è più vibrante.
Prima di lasciare NoLo passo davanti al Mosso , che ormai a Milano è un’istituzione. Bar e ristorante qui vanno di pari passo con progetti culturali, musicali, formativi e inclusivi, tutti organizzati nello spazio dell’ex convitto del Trotter. Dai tavolini disposti all’aperto, al completo nonostante la serata sia ancora fresca, sale un chiacchiericcio che fa da sfondo ai miei pensieri.
Mi chiedo cosa ne sarà di questo quartiere, che cambia così velocemente. La gentrificazione che avanza inesorabilmente arriverà a snaturarlo, rendendolo l’ennesimo quartiere “alternativo” nel senso più snob del termine? Oppure la comunità dei cittadini, allo stesso modo in cui è stata in grado di operare un forte cambiamento dal basso, riuscirà anche a tenersi ben stretta l’identità di quartiere che ha reso possibile il cambiamento stesso?
Lascio NoLo con un filo di nostalgia verso questa giornata, cullata dallo stesso sentimento che ho provato davanti alle opere di street art. Passeggiare nel quartiere è stata un’esperienza stimolante e fitta di scoperte interessanti, ma so già che la prossima volta che tornerò da queste parti qualcosa sarà inevitabilmente cambiato.
(Tutte le foto sono di Lisa Egman)