Sarà per la limpida giornata di sole dopo tanta pioggia, per la sagra di San Vittore che si tiene in questi giorni o per una fortunata combinazione dei due eventi, ma a Brembate oggi è difficile trovare un parcheggio libero. Sono contenta di aver pedalato fino a qui, anche se durante il tragitto mi era sembrata tutt’altro che un’idea geniale, complice la mancanza di una pista ciclabile per un lungo tratto. Lego la bici nei pressi del cimitero e mi dirigo lungo via Marconi, che fiancheggiata da una fila di alberi porta fino al cuore del paese.
L’atmosfera è di festa, gli stendardi campeggiano sui cancelli e i tavolini esposti al sole del bar all’angolo sono tutti pieni. Mi incammino subito verso l’elegante facciata di Villa Tasca, rivolta verso il fiume Brembo. La villa è oggi sede della biblioteca, nella piccola ex cappella gotica si celebrano spesso le unioni civili e il giardino è un piacevolissimo parco pubblico. L’edificio che sto ammirando è l’ampliamento ottocentesco progettato dall’architetto Simone Elia di una struttura già preesistente, ed è stata la dimora di Vittore Tasca, ricco possidente, commerciante e garibaldino. Dopo essersi unito alla spedizione dei celeberrimi Mille, Vittore Tasca volle rendere la sua villa un luogo di ritrovo di artisti e politici accomunati dalle stesse idee, e per questo motivo a Villa Tasca soggiornarono anche personaggi come Alexandre Dumas e Giovanni Carnovali detto “Il Piccio”.
Vittore Tasca ha voluto fare della sua dimora anche una sorta di grande monumento all’epopea garibaldina, e ciò si nota benissimo sul bassorilievo della balaustra esterna della villa, che raffigura le imprese dei Mille. Mentre ne osservo i dettagli, noto che il parco è particolarmente affollato, quindi torno sui miei passi ed entro a sbirciare. Un gruppo di ragazzini occupa un paio di panchine all’ombra, mentre dietro alla villa sta per iniziare il soundcheck sul palco della sagra di San Vittore.
Tra gli alberi c’è un piccolo gazebo tranquillo e una signora seduta a leggere alza la testa al mio passaggio, un po’ infastidita dalla musica che proviene dal palco. «Se è qui per le mostre deve salire al primo piano» mi dice indicandomi una porta aperta. Anche se in realtà non ero qui per le mostre, che sono allestite in occasione della sagra di San Vittore, la mia curiosità non se le fa ripetere due volte e mi porta a varcare la soglia della villa. Una sala elegante fa da cornice a delle splendide fotografie, mentre gli autori in un angolo discutono dell’aurora boreale che si è manifestata la sera precedente in luoghi del tutto insoliti. «L’avete vista?» chiede uno di loro. «No, ma l’attività solare questa sera sarà ancora più alta» risponde un altro mostrando una app sul telefono. «Guarda qui, stasera la vediamo sicuro».
Approfitto delle mostre per gironzolare tra le sale di Villa Tasca, osservarne i fregi e percorrere la scala che sale in un elegante spirale al primo piano. Qui resto assorta per qualche minuto davanti ad alcuni acquerelli che attirano la mia attenzione e quasi mi spavento quando alle mie spalle l’artista stessa si materializza, salutandomi. Si chiama Enrica Cavalli. Le faccio i complimenti, le dico che di arte non capisco molto ma il dipinto che stavo guardando mi ha emozionato parecchio. «Non è necessario capire» mi risponde con un sorriso.
Riflettendo su queste parole che mi sembrano di una saggezza preziosa, esco da Villa Tasca per dirigermi verso il luogo forse più importante di Brembate, soprattutto in questi giorni di festa: il Santuario di San Vittore Martire. Quest’altro Vittore era un soldato romano originario della Mauritania, che in quanto cristiano fu perseguitato e imprigionato da Diocleziano. Leggenda vuole che il soldato, fuggito dal carcere, trovò rifugio in una grotta di Brembate e vi si nascose, senza viveri di nessun tipo. Assetato, Vittore spremette la roccia della grotta, da cui zampillò una goccia d’acqua, che in quantità minima ma costante aiutò il martire a sopravvivere fino a quando venne trovato e ucciso dalle guardie.
A lungo l’acqua della grotta venne considerata miracolosa dagli abitanti della zona, fino a quando un contadino non vi lavò il proprio cane per guarirlo da un morbo, e il miracolo ebbe fine. Tra storia e leggenda, l’unica data certa che abbiamo è quella del 962, anno in cui la grotta viene citata per la prima volta e sopra la quale venne costruita la piccola chiesa rupestre che vediamo oggi. Tramite una Scala Santa di 33 gradini (che rappresentano gli anni di Cristo), dall’interno della piccola chiesa, semplice ma ornata di affreschi preziosi, si raggiunge la grotta e si possono ammirare gli affreschi, esposti purtroppo all’umidità costante.
Accanto al Santuario di San Vittore Martire c’è una terrazza panoramica da cui si può osservare cosa succede lungo il Brembo: a destra si vede il punto in cui il fiume incontra l’Adda, nei pressi di Crespi, mentre a sinistra si può ammirare il Ponte Vecchio, un ponte romanico composto di due archi a tutto sesto costruiti sulla roccia.
Il ponte ha subito diverse ricostruzioni a seguito di alcune piene del Brembo, come quelle particolarmente violente del giugno 1646, quando il livello del fiume superò di addirittura un metro il parapetto, e del 1892. Ora il Ponte Vecchio è riservato solo al passaggio pedonale, ma mette le vertigini pensare a tutta l’acqua e la storia che ha visto scorrere nel tempo.
Mi allontano a malincuore da un Brembo particolarmente limpido e piacevole da osservare e torno indietro verso il centro del paese fino alla chiesa parrocchiale, intitolata ai Santi Faustino e Giovita. Dietro la facciata barocca, la fresca penombra lascia intravedere una finta cupola dipinta.
Proseguo oltre il monumento dedicato a Don Todeschini, mentre lungo la via si spande il profumo di kebab proveniente da un vicino negozio. Di fronte a me si staglia la Torre di Berengario, che faceva parte del Castello Medievale Moretti, ora Villa Moretti. Il castello sembra essere stato costruito intorno al 950: da allora vi si sono susseguite diverse proprietà, tra cui i noti Suardi, ed è stato teatro di lotte tra Guelfi e Ghibellini. Tra Seicento e Settecento i proprietari diventano i Tasca, seguiti a inizio Ottocento della famiglia Moretti.
La mia passeggiata si interrompe per scattare qualche foto al suggestivo Vicolo Archi, dove il tempo sembra essersi fermato. Subito dopo mi trovo a sbirciare tra i cancelli di una villa elegante, con un grande parco che dal lato opposto della strada che scende fino al fiume: è Villa Morlacchi, e ricordo di essere stata nello splendido giardino qualche anno fa, in occasione di un’apertura straordinaria nel periodo della fioritura.
Nel tentativo di riuscire a cogliere anche in questa occasione qualche scorcio di fiori colorati e piante rigogliose, scendo invano lungo via Stretta alla Fontana, dove però riesco a vedere solo la fontana che dà il nome alla strada e il Brembo che scorre tranquillo pochi metri più in là.
Recupero la mia bicicletta e concludo il mio itinerario girovagando senza una meta precisa tra le vie più antiche di Brembate, fermandomi di tanto in tanto per curiosare dietro ai portoni che si aprono su cortili nascosti. Le strade del centro sono silenziose, ma i bar hanno riversato i tavoli all’aperto e fuori dalla gelateria in piazza Todeschini si è formata una piccola coda. L’ultima serata della sagra di San Vittore sta per iniziare e gruppetti di persone si affrettano verso il giardino di Villa Tasca per godersi la festa.
Condivido un ultimo episodio, che potrebbe stonare con il tono del racconto e l’atmosfera di festa, ma che ha aperto una crepa difficile da rimarginare e che per questo ho deciso di riportare. Passando davanti a un bar, ho sentito un gruppo di uomini discutere di come una certa donna di loro conoscenza debba vestirsi alla sua età, giustificando eventuali comportamenti poco gentili nei suoi riguardi. Mentre mi allontanavo da Brembate, ho incrociato una ragazza molto più giovane di me. Mi auguro che non abbia sentito nulla, e non senta mai niente di simile.
(Tutte le foto sono di Lisa Egman)