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Lo spettacolo dei larici che si colorano di sole

Articolo. Nel cuore dell’autunno il larice si colora tutto d’oro attirando a sé i raggi del sole. È il suo modo raffinato di salutarci prima di spogliarsi dei morbidi aghi e coricarsi per l’inverno. Sono questi gli ultimi giorni per godere la magia dei larici colorati di sole e ne approfittiamo! Gita attorno a pizzo Badile brembano partendo dal paese di Piazzatorre.

Lettura 5 min.
Il pizzo Badile e la casera di monte Colle

Tre anni orsono, girovagando per il pizzo Badile brembano, incantato dalla bellezza dei larici che adornavano le pendici del monte, mi ripromisi di farvi ritorno d’autunno. Eccomi puntuale all’appuntamento con la proposta di un itinerario che ruota attorno al pizzo Badile.

Piazzatorre, borgo dalla secolare vocazione pastorizia, conobbe un primo sviluppo turistico nei primi decenni del ‘900 con la presenza di alcune famiglie benestanti che venivano a trascorrervi l’estate. Nel secondo dopoguerra il paese acquisì popolarità grazie alla realizzazione dei primi impianti sciistici sul monte Torcola, cui seguì, negli anni ’70, un considerevole sviluppo edilizio. Dopo alterne vicende oggi Piazzatorre punta ad un rilancio turistico non più orientato solo agli sport invernali ma anche all’outdoor estivo.

Il ripristino dei vecchi sentieri di accesso agli alpeggi sta rendendo Piazzatorre una meta gettonata dagli escursionisti.
Il toponimo Piazzatorre, apparentemente, non lascia alcun dubbio: è opinione comune che derivi da piazza della torre ad identificare una piazza in cui sorgeva una torre. In realtà già nei secoli XII e XIII il borgo veniva indicato come Plazatorro e Plazatora dove il vocabolo torus o taurus, indica un’altura. Unito a platea (piazza, spiazzo) acquisisce il significato di “spiazzo rialzato” che è proprio la caratteristica geografica di Piazzatorre. Non è mai apparso il termine turris ad indicare una torre. La trasformazione linguistica in Plateaturris cominciò ad essere usata nei documenti religiosi del Seicento e come tale finì con l’affermarsi nella successiva traduzione in lingua italiana.

Posteggiamo in località Piazzo (1112m), in cima al paese, nelle vicinanze della stazione di partenza della seggiovia Gremei. Adiacente al posteggio un cartello indica la via per il passo monte Colle (sentiero CAI n° 118), nostro primo obiettivo di giornata. Seguiamo in salita via Piazzo fino ad intercettare l’inizio del sentiero, ben indicato dai cartelli. Tra alberelli e piccoli arbusti risaliamo l’argine artificiale del Gerù (ghiaione), il vallone che si stacca dal monte Secco e scende verso l’abitato. In occasione della disastrosa alluvione del luglio 1987 si generò una enorme frana che oltrepassò l’alveo naturale invadendo di sassi e detriti le strade e le case di Piazzatorre. Importanti opere di imbrigliamento del torrente sono state realizzate dopo l’alluvione e una strada sterrata serpeggia nell’alveo fino alle pendici del monte Secco.

È interessante il contrasto tra la sensazione wild che il sentiero 118 regala fin dai primi passi e l’imponente intervento dell’uomo che si può cogliere allontanandosi di pochi metri dal tracciato. Mantenendosi sempre a destra del Gerù, il sentiero si impenna addentrandosi in un bel bosco di faggi e pecci. Notiamo i resti di un aral e di una calchera, testimoni della leggendaria operosità delle popolazioni locali. Affrontiamo con determinazione la salita anche perché l’ascesa è in ombra e le temperature autunnali impongono ritmi brillanti. Nel sottobosco si nota ancora una buona varietà di funghi.

In un’oretta giungiamo alla biforcazione (1670m) che conduce alla baita del Costone, alpeggio ormai inutilizzato da tempo. Teniamo la destra e abbandoniamo il vallone del Gerù per risalire, con minor fatica, il pendio boscoso fino al crinale. La vegetazione si fa più rada lasciando filtrare i raggi del sole. Passiamo accanto a un capanno di caccia (1740m) con un terrazzino che regala una splendida vista su Piazzatorre e sui dolci pascoli delle Torcole. Alle nostre spalle risaltano luminosissime le guglie rocciose del monte Secco e la parete occidentale del pizzo Badile. Il sole è tutto per noi e ci concediamo una sosta contemplativa.

Senza troppo affanno raggiungiamo la baita di monte Secco (1840m), da tempo inattiva ed oggi trasformata in bivacco sempre aperto. Adiacente alla baita spicca una cisterna di sassi per la raccolta dell’acqua piovana, manufatto indispensabile per garantire la permanenza in alpeggio nelle zone di rocce calcaree come questa.

Con un ultimo sforzo ci spingiamo al soprastante passo di monte Colle (1941m), valico affacciato sui territori del ramo del Brembo di Carona. I raggi del sole fanno risplendere i numerosi larici che ricoprono il versante orientale del pizzo Badile, un vero spettacolo! Dal passo, una traccia piuttosto aerea lungo il crinale, conduce in vetta al pizzo Badile. Mentre ci incamminiamo verso la cima, a pochissimi metri di distanza, notiamo un camoscio fermo ad osservarci. È un fatto piuttosto insolito per un animale schivo come il camoscio. È tranquillo, sembra studiarci. Proviamo ad avvicinarci per qualche scatto esclusivo ma decide di defilarsi. Lo fa con molta calma e, guadagnata una posizione di sicurezza su uno sperone roccioso, si ferma nuovamente e si volta a controllare le nostre mosse.

Salutiamo il camoscio e in pochi minuti raggiungiamo la vetta (2044m): siamo in un punto di osservazione privilegiato, al centro delle Orobie brembane. Molto curiosa è la prospettiva su Foppolo, con i ghiacciai alpini del Bernina a fare da sfondo come se fossero parte del medesimo territorio. Una piccola croce di ferro, leggermente decentrata, nobilita la cima.

Torniamo al passo di monte Colle e proseguiamo sul sentiero n°118 entrando nel territorio di Branzi. Ci abbassiamo di quota fino alla casera di monte Colle (1732m). Stiamo camminando immersi in un tripudio di larici dorati che dipingono il paesaggio come un quadro impressionista.

Il larice è la conifera che si spinge più in alto sui monti, capita sovente di incontrarlo anche oltre i 2000 metri. È un albero elegante dal portamento snello, molto longevo e dalle dimensioni imponenti. Nel larice resistenza e bellezza si fondono armoniosamente. I suoi aghi, morbidi e gentili, d’autunno ingialliscono per cadere in inverno, lasciando l’albero completamente spoglio. È l’unica conifera in Europa a perdere le foglie, una strategia di sopravvivenza ai rigori invernali: i rami spogli riducono la possibilità che la neve vi si depositi copiosa evitandone la rottura; inoltre, la mancanza di aghi, annulla la richiesta di acqua dal terreno in un periodo in cui essa è ghiacciata e quindi indisponibile per le piante.

Ci spingiamo fino alla rustica croce di legno posta sulla collinetta di fronte alla casera. La prospettiva sul pizzo Badile e sul monte Secco è molto suggestiva. Torniamo alla casera per immetterci sul sentiero CAI n° 117. Procediamo tra larici splendenti, radure pascolive e baite dai panorami invidiabili, guadagnando, senza fatica, i 1856m del Forcolino di Torcola. Abbiamo compiuto un giro semicircolare intorno al pizzo Badile, nostro fedele compagno di giornata. Salutiamo gli ultimi larici e ci tuffiamo nel verde dei pascoli di Torcola Vaga e Soliva. Ora a guidarci è il sentiero CAI n°119. Si prosegue in leggera discesa verso Sudovest passando a monte della baita Cima per poi scendere al colletto che ospita l’omonimo stallone. È cambiato anche il contesto geologico: le chiare rocce calcaree del pizzo Badile cedono il posto alle violacee rocce di Verrucano lombardo.

Per chi ha fretta dallo stallone c’è la possibilità di rientrare rapidamente al Piazzo con il sentiero CAI n° 121. La bella giornata ci invoglia a proseguire sul sentiero 119 che si mantiene in prossimità dello spartiacque, regalando splendide veduta sui monti Menna e Arera. Transitiamo accanto alla stazione d’arrivo della seggiovia Gremei 2 (1780m) e procediamo sulla pista da sci (Panoramica) fino al colletto sottostante la cima di Torcola Soliva, riconoscibile dai ruderi della vecchia stazione sciistica. Evitiamo la cima e ci manteniamo sulla strada forestale fino a sottopassare il cavo del vecchio impianto di skilift del Roccolo che, curiosamente, monta ancora gli scodellotti. Qui abbandoniamo il sentiero 119 per lanciarci nei prati fino alla stazione di partenza dell’impianto. Si passa accanto a baite ben ristrutturate e a un roccolo, che ben si presta a qualche clic d’effetto. Raggiunto il casottino dello skilift (1515m), un cartello bianco/rosso indica il sentiero per il rientro. Una bella discesa nel bosco ci porta rapidamente a connetterci alla pista da sci (1260m), che seguiamo nel tratto finale per raggiungere la località Piazzo, nostro punto di partenza.

P.S. l’escursione qui descritta è lunga 13km con 1200m di dislivello positivo. Calcolare cinque ore di comodo cammino. L’unico tratto che richiede attenzione è la salita dal passo di monte Colle al pizzo Badile lungo il crinale. È consigliato per escursionisti esperti. In questa stagione suggerisco di partire presto per godere dello spettacolo dei larici con il sole della tarda mattinata. È una zona totalmente priva d’acqua, riempire le borracce prima di incamminarsi. Gustoso punto d’appoggio è il rifugio Gremei ma in questa stagione consiglio di informarsi sugli orari d’apertura.

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