A Casnigo c’è una chiesa romano-gotica conosciuta come la «Sistina della Bergamasca» per via degli affreschi del «Giudizio Universale» dei pittori Baschenis che caratterizzano l’arco trionfale e il presbiterio. È la Chiesa della Santissima Trinità, raggiungibile in auto o anche con un breve percorso a piedi. Una volta arrivati, prima ancora di entrare, a colpire è il panorama che dall’antico portichetto dà sull’intera Val Gandino. Quando ci sono stata per la prima volta, mi sono fermata a guardare il tramonto seduta sul muretto di cinta del sagrato esterno alla chiesa. È uno di quei piccoli spettacoli nascosti – sia l’interno che l’esterno della chiesa – capaci di rendere speciale anche quella che era iniziata come una gita domenicale senza pretese.
La Val Gandino è ricca di posti come questo, di percorsi a piedi che conducono a mete inaspettate. Recentemente se n’è aggiunta una nuova: la « Big Bench del Doppio Lago », una panchina gigante sulle alture dello Sparavera , in territorio di Gandino. È raggiungibile con un’escursione che parte dalle aree di parcheggio di Peia Alta (oltre due ore di cammino, abbastanza impegnativo) oppure, in quota, dalla zona di Valpiana, salendo da Gandino (qui, lasciata l’auto, può bastare un’oretta di escursione). Fa parte del circuito internazionale (è ufficialmente la numero 294) del « Big Bench Community Project », nato in provincia di Cuneo dall’idea del designer americano Chris Bangle e oggi diffuso in Italia, Belgio, Spagna, Regno Unito, Polonia e Svezia.
«Le panchine giganti sono spesso conosciute per via delle foto – ha spiegato Bangle – ma una volta che ci si siede su una di esse e si prova la sensazione di godersi la vista come se si fosse di nuovo bambini, si vive un’esperienza intensa, da condividere con gli altri. Le panchine sono fatte per rilassarsi: a differenza di una sedia o di una poltrona, sono larghe abbastanza da accogliere uno o più amici. Sedersi su una panchina è un gesto sociale piacevole».
Il nome «Big Bench del Doppio Lago» deriva dal fatto che la panchina, situata a poca distanza dal Rifugio Malga Lunga, consente di ammirare dall’alto sia il lago d’Iseo che il lago d’Endine. «Un panorama davvero incomparabile»: così lo descrive Mauro Giudici, ideatore del progetto insieme alla Pro Loco Gandino e al Distretto de «Le Cinque Terre della Val Gandino», che continua: «la peculiarità del luogo di installazione è quella di consentire una visione a tutto tondo, che spazia dalle vicine Orobie (compresa la Presolana), a Val Seriana, Valcamonica e Val Cavallina».
La panchina gigante è stata realizzata con modalità il più possibile sostenibili, usando legno locale e coinvolgendo artigiani del posto. La logica di interazione con il contesto ha del resto a che fare con l’idea alla base dell’intero progetto: la panchina è stata pensata per inserirsi in un reticolo di itinerari che ruotano attorno ai monti della Val Gandino, toccando i territori di Casnigo, Cazzano S. Andrea, Gandino, Peia e Leffe.
Il Percorso delle Malghe
Uno di questi itinerari è il Percorso delle Malghe , che si snoda lungo la strada agro silvo pastorale che collega la conca del monte Farno agli alpeggi della Montagnina. Si tratta di un viaggio alla scoperta delle malghe, della vita del malgaro, delle qualità delle erbe dei pascoli di altura da cui derivano le qualità organolettiche del latte prodotto e dei formaggi freschi e stagionati. Un’occasione per immergersi in quelle tradizioni locali che sono patrimonio tramandato solo oralmente, con cui difficilmente si entra in contatto se si è solo di passaggio.
Si parte da un ampio parcheggio collocato all’ingresso della conca del monte Farno. Dopo poco più di un chilometro si raggiunge la prima tappa, dove sono visibili tre grandi malghe: la malga del Pergallo, la malga «Guazza» e la malga «della Montagnina». Le malghe, immerse negli alti pascoli, sono dense di valore storico e documentale che si respira nell’aria per tutto il percorso.
Protagoniste del percorso sono le mucche, o meglio «vacche», che d’estate vengono lasciate pascolare nei prati sia di giorno che di notte e munte al mattino e la sera. Sembra quasi di vedere i contadini di una volta, seduti su sgabelli tipici in legno, mentre mungevano il latte nei secchi di lamiera, i «sedèi». Terminata la mungitura della mandria i malgari si caricavano in spalle il latte con il «bazzol» e lo portavano nel «caseröl dol lacc», il casello del formaggio dove veniva lavorato. Oggi la modernizzazione ha cambiato molte fasi della mungitura e della lavorazione del latte, ma i principi rimangono gli stessi, immutati, da sempre.
Tra doline carsiche e pozze di abbeverata si raggiunge l’arrivo, quella che un tempo era la Baita Alta della Montagnina e che oggi è stata riconvertita nel Rifugio Parafulmine , da dove si può ammirare uno scorcio di passato – un antico recinto (stazzo) realizzato con pietre – e una vista a 360° sulle tre malghe e sul Pizzo Formico.
Il Percorso del Bosco
Il secondo itinerario alla scoperta della Val Gandino cambia panorami e passa dalle malghe agli alberi: si tratta del Percorso del Bosco , che si snoda per 8.650 metri su sentieri e tratti di strade agro silvo pastorali tra Val Piana, Campo d’Avene e la Croce di Corno. Protagonista è, appunto, il bosco: la tipologia di legname e i suoi utilizzi, i suoi frutti, la vegetazione e gli animali che lo popolano.
Si parte dalla località Bóda Bassa, dal parcheggio collocato all’ingresso della Val Piana. Cà ‘Mas-cio (Cascina di Mas-cio) è la prima delle cinque soste. Qui il tema è l’ampia varietà di alberi che si possono trovare lungo il percorso per raggiungerla. Alberi di latifoglie come il faggio, la betulla, l’acero, il frassino, il tiglio, il nocciolo, la quercia e il carpino e i sempre verdi come l’abete rosso e il larice.
La seconda sosta è «Schezzagàmp» (Spezzagambe), che prende il nome dall’andamento discontinuo a gradoni della strada. I profumi che si sentono però aiutano a dimenticare la fatica: il bosco è ricco di fragole, mirtilli, lamponi e more, così come di funghi come porcini, chiodini, mazze di tamburo, gallinacci, ovoli, pioppini e prataioli.
Passata la parte difficile il paesaggio cambia e si apre in una radura, su cui svettano le cime delle Prealpi Orobiche e il massiccio della Presolana. Siamo alla «Pozza Crùs», nei cui dintorni vive una ricca e variegata fauna. Si possono incrociare caprioli, mufloni, cervi, volpi, lepri e qualche occasionale scoiattolo. Dopo aver superato l’altipiano denominato Campo d’Avene (Cap d’Aé) si torna tra rocce e strapiombi che si affacciano sulla Val Gandino e sulle montagne circostanti. La Croce di Corno domina sulla sommità dello sperone roccioso che ci si trova alle spalle. Qui possono essere avvistati rapaci come la poiana, l’aquila, il falco e il gufo.
La Traversata tra i Pizzi della Val Gandino
Terzo itinerario (ma ce ne sarebbero molti altri: sono tutti raccolti e spiegati sul sito) è la Traversata tra i Pizzi della Val Gandino , che unisce le principali cime che fanno da corona ai comuni di Casnigo, Cazzano S. Andrea, Gandino, Peia e Leffe. Oltre trenta chilometri complessivi di sentiero e un dislivello positivo superiore ai 2000 metri, che può essere spezzato in singole tappe ideali per escursioni alla portata di tutti.
Si parte dai circa 700 metri della Santissima Trinità a Casnigo , la «Sistina della bergamasca» nominata all’inizio. Attraverso il sentiero con segnavia 542-543 si raggiunge il Roccolo del Giundit a 823 metri e successivamente (sentiero 542) si sale sulla destra orografica verso la Val Sponda, raggiungendo i 1285 metri del monte Farno.
La seconda tappa, che porta alla piana del Campo d’Avene, comprende la «cima Coppi» del Pizzo Formico, a 1636 metri. Dopo di quella si scende verso la piana della Montagnina e si prosegue in quota verso il Tribulino dei Morti. La terza tappa, il cuore della traversata, percorre il sentiero 548/a sino al Pizzo Corno (1370 metri) e successivamente, seguendo il segnavia 545, porta alla Pozza Crus e alla Baita Monte Alto.
La quarta tappa allarga gli orizzonti sui laghi d’Endine e d’Iseo, giungendo al monte di Sovere e alla Malga Lunga, dove è stata collocata la «Big Bench del Doppio Lago». La Malga Lunga, oggi attrezzato rifugio gestito dall’ANPI e sede del Museo della Resistenza bergamasca, fu teatro di uno degli episodi più cruenti della lotta partigiana sulle nostre montagne.
Dal monte di Sovere, in circa 5 chilometri di tracciato panoramico, si raggiunge Monticelli e la Pozza dei Sette Termini. Il tratto finale comprende il monte Pizzo, sopra Peia, con la grande statua della Madonna della Vita che domina l’intera Val Gandino. Attraverso il sentiero 513 si prosegue sino al passo della Forcella, a meno di mille metri di quota, dove prende il via la tappa finale che porta nel comune di Leffe, sul monte Croce e successivamente allo stadio Martinelli, dove il percorso si conclude.
Tra i percorsi escursionistici in Val Gandino c’è davvero l’imbarazzo della scelta e, come afferma il loro slogan, sono tutti «a due passi da te».