La funicolare parte dal cuore di San Pellegrino e consente di raggiungere i 653m della località Vetta, regalando scorci suggestivi sul paese termale e sul fiume Brembo. In questo periodo è operativa dal venerdì al lunedì con corse ogni venti minuti. Negli altri giorni della settimana si può salire in Vetta in auto oppure a piedi, percorrendo i numerosi sentieri che partono da vari punti del paese.
La «Pista del Sole»
Prima di assaporare il Liberty della Vetta, decido di spingermi alla ricerca delle testimonianze di una storia che merita di essere raccontata: la «Pista del Sole», una splendida realtà degli anni ’60: nel 1963, l’ imprenditore brembano Francesco Cima, sulle ali dell’entusiasmo della crescente diffusione e popolarità dello sci alpino, iniziò la realizzazione di un centro sportivo per la pratica degli sport invernali … d’estate! Acquistò una pista di plastica e, dopo un’attenta ricerca del luogo più idoneo, decise di allestirla sopra San Pellegrino, in località Foppi, tra le frazioni Frasnito e Vetta. In questo modo gli appassionati potevano allenarsi e divertirsi sugli sci anche nel periodo estivo senza ricorrere alle lunghe e costose trasferte sui ghiacciai alpini. La plastica utilizzata era di nuovissima generazione e consentiva una sciata molto simile a quella sulla neve. In brevissimo tempo vennero realizzate anche strutture ricettive e sportive di contorno, tali da creare un vero e proprio villaggio sportivo: seggiovia, piscina, pista di pattinaggio, campi da tennis, pista da slittino, pista da fondo, campo da calcio, impianti all’avanguardia che attirarono presso la «Pista del Sole» numerosi vip, oltre che atleti. Le prime gare di slalom si disputarono nel 1964 e, per alcuni anni, si avvicendarono sul tracciato i campioni più blasonati del panorama sciistico internazionale.
Mi affido alla guida dell’amico Paolo, maestro di sci nativo di San Pellegrino che, in gioventù, sulla «Pista del Sole» si è cimentato numerose volte. Ci rechiamo a un chilometro dalla Vetta lungo la strada asfaltata che sale da San Pellegrino. In corrispondenza di una evidente deviazione, oltrepassiamo una sbarra e ripercorriamo la strada di accesso alla pista. «Un tempo erano tutti prati» racconta Paolo, oggi sembra di entrare nella giungla. La vegetazione si è impossessata di ogni angolo e gli arbusti ostacolano il cammino costringendo a chinarci e a litigare con gli spini attorcigliati ai vestiti. Un sentimento di amarezza pervade Paolo mentre osserva lo stato di abbandono in cui versa la struttura. Ad ogni passo però noto un crescente entusiasmo nel descrivere tutti i particolari: «poco avanti c’era la partenza della seggiovia, più in là il campo da calcio» e, con mia grande sorpresa, azzecca ogni dettaglio. Tutto è inesorabilmente sommerso dalla boscaglia.
Risaliamo un tratto della pista da slittino che conserva ancora qualche traccia di plastica, poi mi guida dove c’erano l’albergo, la piscina e gli chalet: sono ancora al loro posto ma in condizioni di totale abbandono. Ci muoviamo con cautela tra i ruderi pericolanti con il timore di intercettare qualche serpe. Anche Blu, il cane di Paolo, procede guardingo e ignobilmente dietro di noi. Fatico a stargli appresso mentre i ricordi lo sospingono freneticamente sempre più in alto.
«Andiamo all’arrivo della seggiovia» suggerisce Paolo e, con passi sempre più lesti, si invola su per il pendio. Saliamo nel bosco fitto fino a sbucare nei pressi di una cavità nella roccia che ospita la stazione d’arrivo della seggiovia. Doveva essere un bell’impianto a giudicare dalle dimensioni dei piloni e della struttura. «Ecco, qui iniziava la pista, seguimi!» e si tuffa in discesa ripercorrendo l’antico tracciato. Lo seguo e arrivo ad apprezzare il percorso di un tempo: una pista molto varia, con pendenze significative e buono sviluppo. «Sciare su quella plastica era molto utile perché aiutava a migliorare la sensibilità sugli sci» afferma Paolo «era considerata la pista migliore del mondo».
Per meglio immergersi nell’atmosfera del tempo, vi consiglio il trailer di un documentario girato dalla guida alpina sanpellegrinese Michelangelo Oprandi e il sito della «Pista del Sole».
La Vetta
Riconosco di essermi entusiasmato in questa esplorazione immaginando tutto il fascino della «Pista del Sole». Ringrazio Paolo (in sua assenza non mi sarei mai avventurato in questo sito) e torno alla Vetta per intraprendere l’escursione di oggi.
Meta odierna è la contrada Sussia Alta, tappa finale della strada «Taverna», antica via di comunicazione che saliva dai ponti di Sedrina ed approdava in questa località prima di scendere a San Pellegrino. Dalla stazione di arrivo della funicolare, in compagnia di Luca e Sabrina, seguiamo la strada asfaltata per un breve tratto fino a superare la chiesa di Santa Maria Assunta. In corrispondenza del tornante imbocchiamo lo sterrato che, dopo pochi minuti di cammino rilassante, si impenna decisamente fino a scollinare nei pressi della Cappella della Madrera (765m): una graziosa santella con un arco a tutto sesto e uno stretto ingresso tra due muretti, dove un tempo si appoggiava la gerla per una sosta di preghiera.
Si procede ora con pendenze più dolci attraversando il versante settentrionale del Pizzo del Sole (da cui deriva il nome della «Pista del Sole»). Camminiamo ancora una mezzoretta per abbandonare la strada e risalire la mulattiera fino a Sussia Alta (1013m), seguendo i cartelli indicatori. Ci accoglie la bella chiesetta dedicata a S. Michele, circondata dai prati e mantenuta in buono stato dalla preziosa opera dei volontari dell’associazione «Amici di Sussia». Fino a un secolo fa il borgo era abitato da numerose famiglie ed esisteva anche la scuola elementare. Oggi Sussia regala silenzi e pace. Il sentiero transita dall’antica dimora natale di Antonio Baroni, alpinista bergamasco e guida di fama internazionale (1833-1912). Immancabile l’incontro con Gianni , pronipote di Antonio Baroni e unico residente di Sussia. Gianni è nato in questa casa e si è sempre recato quassù anche quando lavorava alla San Pellegrino. Raggiunta la pensione ha scelto di trasferirsi definitivamente a Sussia.
Abbiamo incontrato Gianni lo scorso autunno e, con grande naturalezza, riprendiamo il discorso iniziato allora come se ci fossimo visti ieri: «In paese scendo ogni tanto, c’è sempre da fare qui». Effettivamente l’abitazione, il prato e l’orto sono molto curati. Tocco il delicato tema delle infrastrutture e Gianni accenna un risolino: «Adesso qui arrivo in auto ma un tempo salivo a piedi dalla Vetta. Ci sono voluti quasi quarant’anni per avere la strada» e mentre parla indica una strada in costruzione, lì vicino, diretta alla baita soprastante. È contento perché altra gente si dedicherà alla cura del territorio. Gianni continua nel racconto intercalando spesso in bergamasco: «la corrente elettrica è arrivata solo negli anni settanta mentre l’acqua potabile vado a prenderla alla fontana». Oggi Gianni rimane insolitamente fermo, appoggiato alla legnaia, in un atteggiamento conservativo. Notiamo una vistosa fascia elastica che cinge l’addome: «Ha mal di schiena, Gianni?» e lui, con l’immancabile sorriso: «Passerà!». Ci congediamo così da Gianni, il custode di Sussia, con la promessa di tornare presto a trovarlo per continuare la chiacchierata.
Appena dietro la casa prendiamo lo sterrato che seguiamo per qualche minuto fino ad una curva a destra. Qui inizia il sentiero che conduce a Vettarola, ma il bivio rischia di sfuggire perché il cartello è visibile solo per chi procede nell’altro senso di marcia. Con percorso pianeggiante nel bosco si attraversa tutta la parte alta della conca del torrente Borlezza. Superiamo alcune vallette. Una di queste ospita un’antica «calchera», il forno di pietra in cui si cuocevano i sassi calcarei per ottenere la calce destinata all’edilizia.
La Valle del Borlezza
Usciamo dal bosco e, superate alcune baite circondate da pascoli rigogliosi, giungiamo a Vettarola (979m), contrada che conserva il suo carattere rurale. Alcune pannocchie di mais penzolano da un terrazzo di legno. Attraversiamo un sottopassaggio della casa principale per imboccare la strada asfaltata destinata alla vicina contrada Cà Boffelli (974m). In venti minuti circa di discesa siamo nei pressi della frazione Alino (687m, da Cà Boffelli, in alternativa alla strada, si può seguire l’antica mulattiera). In corrispondenza dell’ultimo tornante, prima del nucleo storico di Alino, deviamo sulla destra per il sentiero che conduce alla Vetta. Approfondiremo la conoscenza di Alino in un’altra occasione.
Il percorso è evidente, contrassegnato da bolli gialli. Ci addentriamo nella Valle del Borlezza che qui diviene più impervia e scendiamo fino al torrente. Siamo in località Boione, ove sgorga la sorgente principale dell’acquedotto di San Pellegrino. Consiglio una brevissima deviazione risalendo il torrente per raggiungere alcune pozze d’acqua e scivoli naturali molto caratteristici. Tornati sul sentiero principale superiamo il Borlezza attraverso un bel ponticello di pietra e riguadagniamo quota. In questo tratto il percorso diviene molto divertente con passaggi tra le rocce, in totale sicurezza. Ancora pochi minuti e arriviamo nei pressi delle «Grotte del Sogno», interessante apparato speleologico, il primo ad essere sfruttato turisticamente in Lombardia, nel 1932. Una curiosità: l’acqua che contribuisce a plasmare e formare le concrezioni è la stessa che poi finisce nelle bottiglie di San Pellegrino. Goccia dopo goccia ci vogliono, però, circa trent’anni prima che l’acqua termini l’intero percorso nel sottosuolo! Le grotte sono di proprietà della società San Pellegrino e, in questo periodo, sono visitabili solo la domenica pomeriggio, previa prenotazione.
Ancora una decina di minuti e ci ritroviamo nuovamente alla Vetta. È bello aggirarsi in questa frazione e cogliere il contrasto tra lo splendore delle ville Liberty di inizio Novecento e la decadenza delle strutture abbandonate definitivamente dopo la chiusura della «Pista del Sole» (1968) e della funicolare (1989). La nostra escursione è terminata. Scendiamo a San Pellegrino in funicolare gustando appieno gli splendidi panorami.
P.S. L’itinerario ad anello qui descritto, escludendo la sbirciatina alla «Pista del Sole», è lungo circa 9km con un dislivello positivo di 500 metri. Calcolate tre ore circa di cammino. Chi sceglie di partire direttamente da San Pellegrino aggiunga ulteriori 4km e 300m di dislivello (un’ora abbondante).
P.P.S. Il biglietto della funicolare è acquistabile presso la stazione di partenza e prevede solamente la combinazione di andata e ritorno. In Vetta non è possibile acquistare i biglietti.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli, eccetto ove altrimenti indicato)