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Emanuele Benedetti, un cucciolo di pantera come compagno di stanza. Storia del mio Parco delle Cornelle

Articolo. Dietro le quinte dello zoo di Bergamo, che festeggia i suoi primi 40 anni raccontati dal responsabile del parco: dalle prime zebre arrivate nei recinti costruiti su un terreno in riva al Brembo, ai grandi progetti di conservazione internazionale, passando per i piccoli di pinguino, gru e gufo

Lettura 3 min.
Gru dal Collo Bianco

Tutti abbiamo invitato un amico a dormire a casa quando eravamo piccoli, ma solo Emanuele Benedetti può dire di aver diviso la sua stanza con un cucciolo di pantera di 45 chili, che ha riposato per mesi nel letto accanto al suo. “L’abbiamo allevata in casa nutrendola con il biberon per un anno” ricorda il responsabile del Parco Faunistico delle Cornelle, dove ogni bambino o bambina di città e provincia negli ultimi quarant’anni è stato almeno una volta per vedere una giraffa o un ippopotamo a distanza ravvicinata.

Quello che si vede da fuori è un giardino zoologico con oltre mille esemplari divisi in centoventi specie, compresi i rarissimi rinoceronti bianchi o la coppia di elefanti indiani, Rupa e Inda di 40 e 42 anni, i preferiti di Emanuele, che è cresciuto insieme a questi storici ospiti del parco. A questi si aggiungono Kitale e Narok, una coppia di gnu provenienti dalla Germania, neoresidente del parco, oltre a una cucciola di pinguino, un pulcino di gru dal collo bianco e due piccoli gufi, tutti nati allo zoo bergamasco. Dietro le quinte però c’è molto altro: un luogo di ricerca e tutela della biodiversità, un fondamentale nodo di una rete internazionale di zoo e soprattutto un progetto in costante crescita, nato da un sogno di una coppia innamorata degli animali.

Sono i genitori di Emanuele, che nel 1979 hanno deciso di abbandonare la loro attività di import export di esotici di piccola taglia (come i pappagallini) e hanno comprato un terreno in riva al Brembo per trasformare in realtà la loro passione. La zona si chiamava già Cornelle, termine utilizzato per indicare le pietre di fiume che si trovavano pochi centimetri sotto la superficie del terreno, che avrebbe poi dato il nome al parco. “I miei sono partiti con pochi soldi – ricorda il responsabile del parco – non era facile ottenere credito dalle banche con un progetto così strano, ma si sono impuntati, ci hanno creduto tantissimo e ce l’hanno fatta. Così, ottenuta la terra, abbiamo cominciato a costruire i primi ricoveri e le casette per gli animali, poi un poco alla volta è cresciuto tutto”.

All’inizio non è stato semplice per Emanuele e le sorelle accettare la scelta dei genitori: “sapevo già di cosa si sarebbe trattato a livello di impegno, eravamo già abituati con l’attività precedente alla cura costante e totale che richiedono gli animali – ricorda – anche se poi con lo zoo è esploso tutto all’ennesima potenza, compresa la mole degli animali: siamo passati dai pappagallini ai leoni. Non c’era sabato o domenica che tenesse, eravamo sempre qua e io spesso non potevo andare in giro con gli amici perché dovevo far qualcosa allo zoo, ma alla fine dei conti la passione era tanta che abbiamo fatto nostro questo sacrificio e ora non potrei vedermi da un’altra parte”.

Prima sono arrivati i cammelli, le zebre e poi due giraffe da uno zoo inglese, poi negli anni l’aumento delle specie è stato costante. “La svolta però è stata nel 1993 con l’arrivo delle tigri bianche dal giardino zoologico americano di Cincinnati: siamo passati dalla pura esposizione, all’avviare progetti di salvaguardia, come lo ‘Snow Leopard’, il più importante ad oggi dedicato al leopardo delle nevi: siamo stati gli unici a fargli fare cuccioli, che poi sono andati in uno zoo francese e uno belga, mentre in Asia centrale continuiamo a sostenere l’acquisizione di terreni in cui gli esemplari in natura possano vivere liberi e al sicuro nel loro ambiente naturale”.

Alle Cornelle l’habitat degli animali viene ricostruito in tutto, clima compreso: “i rinoceronti hanno un riscaldamento doppio, ad aria e a pavimento, che mantiene la temperatura ideale, così gli elefanti. Pinguini e foche hanno una vasca refrigerata che garantisce la giusta climatizzazione anche d’estate e in generale ognuno ha le sue specifiche necessità”. Davanti ai dubbi etici sugli zoo e all’idea diffusa dell’animale in gabbia a cui viene tolta la libertà Emanuele propone il suo punto di vista: “bisogna considerare che zebre, tigri e ippopotami vivono da generazioni negli zoo, lasciarli liberi nel loro habitat equivarrebbe a condannarli. Inoltre la presenza di alcuni esemplari nei giardini fa sì che molti più animali possano vivere nelle riserve nelle zone d’origine grazie ai programmi di conservazione che sosteniamo”.

Oltre alla famiglia Benedetti, oggi alle Cornelle sono impegnati quattro veterinari e venti keeper, persone specializzate che si occupano dei diversi esemplari, ma anche di divulgazione ed educazione, oltre ai tirocinanti e ai ricercatori delle università, che vengono a fare studi sui comportamenti animali. Si aggiungono poi tutti gli addetti ai servizi. “Eppure quando il parco è stato aperto c’eravamo solo noi di famiglia – ricorda – tutti si occupavano di tutto, dal dar da mangiare agli animali, a pulire, a costruire i recinti. Non avevamo grandi disponibilità finanziarie, per cui non si poteva fare altrimenti. A me piaceva moltissimo realizzare le diverse aree tematizzandole, oltre a occuparmi dei grossi felini che seguo da sempre”.

Come da sempre ogni giorno Emanuele attacca zoo alle 6 del mattino e non se ne va prima delle 21. Non abita più dentro le Cornelle, diversamente dalla madre, che è rimasta a vivere nella cascina interna al parco, ma non è andato lontano, vive a un chilometro dal cancello di ingresso. “Io l’ho visto nascere e crescere e per me c’è un prima e un dopo – spiega – ma per i miei figli avere in giardino l’elefante è sempre stato normale, loro sono nati qua. Meno normale è stato per i loro amichetti e compagni di scuola venire a dormire da noi. Molti di loro hanno passato la notte in bianco perché non erano abituati: di notte alle Cornelle si sentono i versi dei felini, gli uccelli e un sacco di altri rumori, ma noi non ci facciamo più caso. C’è chi vive sotto le campane, noi vicino agli elefanti”.

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