La pausa forzata imposta dal lockdown alle gite fuori porta può diventare un’occasione perfetta per fare mente locale sui luoghi che vogliamo assolutamente tornare a visitare il prima possibile. E se definire programmi per le libere uscite non è sempre semplice allora tanto vale scegliere attività tanto versatili sul piano stagionale, quanto favolose su quello della bellezza. Sentieri jolly che, all’occorrenza, offrono a tutti, in qualsiasi stato di forma, la possibilità di godere di qualche ora d’aria in tranquillità.
Così, sfogliando tra le guide della mia biblioteca alla ricerca delle vie storiche perfette praticamente in ogni momento dell’anno, ho trovato il tratto dell’antica via Mercatorum che dalla frazione Oneta di San Giovanni Bianco conduce a Cornello dei Tasso. Un itinerario che è sempre una certezza, per la sua capacità di coniugare l’aspetto naturale all’indiscutibile fascino di eco remote.
La via Mercatorum è un’antichissima strada mercantile di età medievale che, proseguendo a mezzacosta lungo la Valle Brembana per poi scavallare al Passo San Marco, collegava Bergamo alle terre dei Grigioni in Svizzera. Una via di comunicazione che godette di un’importanza strategica unica, almeno fino alla fine del XVI secolo, quando Cornello e Oneta in particolare furono interessate da un lento declino, culminato nella creazione della via Priula: una nuova strada fatta costruire dalla Repubblica di Venezia nel fondovalle, che portò progressivamente all’abbandono della via Mercatorum.
Quanto a Camerata Cornello, pare che le sue prime tracce risalgano al 1181, anno nel quale venne redatta una pergamena dove si fa riferimento alla località di Camarata. È proprio in questi luoghi carichi di storia che sorge il pugno di case che forma il piccolo villaggio di Cornello dei Tasso, nostra meta compresa (non a caso) tra i borghi più belli d’Italia.
Per raggiungere il borgo, si ha una sola possibilità: camminare tra ciottoli e vie alberate, lasciandosi alle spalle i rumori della strada a valle. Questo sia che si scelga di lasciare l’auto in corrispondenza della salita che in dieci minuti porta a Cornello dei Tasso, sia che si voglia partire direttamente dal paese di San Giovanni Bianco.
Noi ci dedichiamo a quest’ultima opzione: lasciata l’auto nei pressi del supermercato locale, superiamo una breve galleria per immetterci lungo la ciclabile della Valle Brembana e raggiungere così un ponticello. Ben presto, ecco apparire l’inequivocabile indicazione del sentiero che conduce ad Oneta, paese natale di Arlecchino, e poi a Cornello.
Da qui risaliamo verso i borghi in una passeggiata che sa donare emozioni uniche in ogni momento dell’anno. Se in primavera e in estate offre un ombreggiato riparo tra le fronde, durante l’autunno la tavolozza si colora delle cromie di funghi e foglie, in un’esplosione irresistibile per gli amanti del foliage. D’inverno infine (prestando un po’ di attenzione ad eventuali gelate) i visitatori occasionali possono godere della visione dei borghi accarezzati da una morbida foschia, o, in alternativa, della magia degli edifici in pietra ammantati da un candido strato di neve.
Camminando, in breve si raggiunge Oneta, località che gode forse di una fama minore rispetto alla nostra destinazione, ma egualmente ricca di fascino. Accolti da case antiche in pietra, arcate, portali e strette vie lastricate, ci lasciamo conquistare dall’animo rurale del borgo. A dominare la contrada, la mole del palazzo appartenuto alla famiglia Grataroli, anche conosciuto come la Casa Museo di Arlecchino. L’edificio medievale, che oggi ospita per l’appunto un’esposizione di maschere della Commedia dell’Arte, in origine aveva probabilmente uno scopo difensivo, prima di divenire una dimora signorile a partire dal Quattrocento. A testimonianza dell’ascesa e dell’importanza nella valle dei Grataroli, i membri della famiglia fecero dipingere le pareti, ancora visibili all’interno della Camera Picta. Un colorato susseguirsi di scene cavalleresche intervallate da immagini di santi, che accompagna il visitatore all’interno della sala.
Superiamo il palazzo, per proseguire a mezzacosta lungo il tracciato della via Mercatorum, che in poco più di una ventina di minuti lungo sentieri perlopiù pianeggianti, ci porta al cospetto di Cornello dei Tasso.
All’arrivo, non è difficile immaginare i mercanti indaffarati intenti a risalire le viuzze lastricate, fino alla via porticata che nel Medioevo ospitava il primo (e per molto tempo l’unico) mercato della media Valle Brembana. Tra archi in pietra, attraversiamo la via delimitata da due arcate principali, in corrispondenza delle quali si trovavano originariamente dei portali, serrati durante le ore notturne per proteggere il paese rendendolo inespugnabile.
Nascosti allo sguardo, alcuni passaggi coperti all’interno delle abitazioni collegavano quest’area al resto del borgo, di cui ancora oggi si possono individuare tre diversi livelli: quello dei portici con il mercato, la parte superiore dove si concentrava la vita civile e infine, più in alto, il piano religioso con la chiesa dei Santi Cornelio e Cipriano. Una struttura urbanistica rimasta pressoché inalterata nel tempo, a causa (o grazie) all’isolamento vissuto dal borgo dopo la fine del XVI secolo.
Così oggi possiamo ammirarne la bellezza intatta, dominata dal curioso campanile pendente della chiesa che, a partire dallo scorso maggio, è stato interessato da un’opera di restauro, messa in sicurezza e consolidamento strutturale.
Mentre godiamo della passeggiata tra le vie, non possiamo evitare di rivolgere un pensiero alla famiglia Tasso, che rese noto il borgo ben al di fuori dei suoi confini. Non tanto per le opere letterarie di Bernardo e del figlio Torquato con la sua Gerusalemme Liberata, bensì per l’invenzione della posta come servizio organizzato. Un efficiente sistema di trasmissione e comunicazione che si diffuse in Italia e poi in Europa, ben descritto dalle aree espositive del Museo dei Tasso e della Storia Postale, affacciato sulla piazza principale di Cornello.
Un prestigio inaugurato dal capostipite Omodeo Tasso e testimoniato dagli stemmi affrescati che troviamo qua e là per il borgo: sulla facciata dell’abitazione quattrocentesca della famiglia, sopra l’arcata che introduce ai portici del mercato e addirittura sugli edifici della vicina Bretto. A campeggiare vi sono i simboli del tasso (con rimando al cognome), spesso l’aquila (simbolo degli Asburgo e memore dell’entrata dei Tasso al servizio del Sacro Romano Impero) e infine il corno. Uno strumento usato al tempo dai messi per anticipare l’imminente arrivo in paese, in modo tale che gli abitanti potessero accoglierli con cavalli freschi per il cambio. Un sistema “a staffetta” che favoriva una trasmissione più rapida dei messaggi.
E tra storia e leggenda, talvolta emergono anche voci curiose o suggestive. Come quella che vuole che il termine “taxi” derivi proprio dal nome dei Tasso, collegandosi all’introduzione delle carrozze nel trasporto dei pacchi che potevano talvolta ospitare qualche passeggero. Una leggenda che però sembra destinata a restare una semplice credenza: a differenza di quanto si potrebbe pensare, pare che il termine sia il semplice risultato dell’abbreviazione di “taximètre”.