C i troviamo a Fuipiano , paese che, forte dei suoi 1055m di quota, vanta l’appellativo di “tetto della Valle Imagna” . Collocato su uno splendido balcone naturale è sempre baciato dal sole e gode di una mirabile vista sull’intera valle. L’escursione di oggi ripercorre un itinerario classico con alcuni suggerimenti per rendere ancora più interessante l’uscita. Il tardo autunno e l’inverno regalano particolari suggestioni legate ai contrasti di colore e alla neve che rende incantati questi luoghi.
Suggerisco di iniziare l’escursione in tarda mattinata, quando i tiepidi raggi del sole invernale iniziano a riscaldare la zona, dedicando una visita alla splendida contrada di Arnosto (1033m). La borgata si trova poco oltre il nucleo principale del paese, lungo la strada che collega Fuipiano con Brumano . Di origine medioevale, Arnosto rappresenta il più fulgido esempio di architettura rurale montana della vallata . Costruita nei pressi dell’antico confine tra la Serenissima e lo Stato di Milano (il dirimpettaio paese di Brumano faceva parte dello Stato di Milano), Arnosto è stata sede della dogana veneta fino al 1797 e, grazie alla posizione strategica, vanta numerosi edifici di grande pregio storico e architettonico.
Percorrendo l’antica mulattiera di selciato che attraversa la contrada, spiccano le solide dimore costruite con pietre calcaree della zona e i caratteristici tetti a piode , unici nel loro genere in tutto l’arco alpino (li ritroviamo anche nella attigua val Taleggio ). Notevole anche la chiesetta dedicata ai santi Filippo Neri e Francesco da Paola , impreziosita da interessanti affreschi. È un piacere passeggiare per la contrada lasciandosi sorprendere dalle numerose testimonianze della vita rurale di un tempo, mentre lo sguardo viene ripetutamente catturato dai suggestivi scorci paesaggistici (con il Resegone a far bella mostra di sé).
Se osserviamo con attenzione alcune costruzioni possiamo notare lo strano ingresso a forma di “T” . Sono le caratteristiche porte dei fienili della vallata. Il motivo di tale soluzione architettonica mi ha incuriosito a lungo finché un anziano pastore di Corna Imagna pose fine al mio dilemma. La risposta fu tanto semplice quanto logica: l’ingresso a T impedisce al bestiame, goloso di fieno, di accedere al fienile e, contemporaneamente, consente al pastore di entrare senza intralci portando la gerla sulle spalle (tipica cesta di vimini per il trasporto di modiche quantità di fieno) o la sdirna (una sorta di rastrelliera per trasportarne maggiori quantitativi) che anzi veniva appoggiata sui due ripiani laterali senza obbligare il pastore a faticose manovre di svincolo.
Da allora mi diverto a sottoporre il quesito ai compagni di escursione quando ci aggiriamo per le contrade imagnine (posso garantire che, degli amici cittadini, nessuno è mai riuscito a dare una spiegazione logica!). L’originalità e la peculiarità di queste porte a “T” hanno spinto i soci fondatori del Centro Studi Valle Imagna (ente territoriale finalizzato allo sviluppo e alla promozione culturale), ad utilizzare questo simbolo come logo identificativo.
L’escursione può iniziare proprio da Arnosto, oppure, come sceglie la maggior parte degli appassionati, poco più in alto, dove termina via Milano , all’altezza dell’acquedotto municipale (con la possibilità di parcheggiare l’auto). Siamo a quota 1150m. Seguiamo il sentiero CAI n° 579 che percorre la strada forestale di servizio per le baite della zona. Saliamo senza troppa fatica ignorando, sulla destra, il bivio per i Tre Faggi . La strada si addentra in un bel bosco di faggi per sbucare nei pressi dei pascoli delle baite Piazza (1291m).
Abbandoniamo il sentiero CAI n° 579 che sale diretto verso la soprastante bocca del Grassello e, mantenendoci in piano, raggiungiamo le baite. Seguiamo l’evidente sentiero che costeggia un bel muretto a secco a margine del prato con direzione passo di Valbona-passo del Palio (cartelli indicatori). Il tracciato percorre un lungo traverso in direzione ovest e, con pendenze sempre dolci, attraversa un fitto bosco di conifere piantumate, frutto di un’opera di consolidamento forestale degli anni ’80 . Usciti dal bosco si attraversano a mezza costa i ripidi prati della Costa del Palio per giungere sul crinale sommitale in posizione intermedia tra il passo del Palio e il passo di Valbona.
Dinnanzi a noi, imperioso, appare il monte Resegone con le sue guglie rocciose mentre, alla nostra sinistra, il panorama abbraccia tutta la valle Imagna , svelandone ogni angolo. Alla nostra destra scorgiamo le case di Morterone , il più piccolo comune italiano per numero di abitanti (solo 34!) che con i suoi ampi pascoli chiude la sommità della Val Taleggio.
Da un punto di vista storico-geografico Morterone appartiene alla Val Taleggio mentre, a livello amministrativo, si trova in provincia di Lecco a cui è legato dall’unica strada asfaltata di accesso (dalla Bergamasca si può raggiungere solo con le strade forestali provenienti dal Culmine di San Pietro o dai paesi di Brumano e Fuipiano oppure tramite numerosi sentieri).
Sulla dorsale erbosa della Costa del Palio incrociamo il sentiero CAI n° 571 che contraddistingue l’alta via della Valle Imagna . Volgendoci verso est seguiremo questo percorso per un lungo tratto, mantenendoci sempre lungo lo spartiacque tra le due valli. Nonostante la presenza di neve, i pascoli portano i segni evidenti delle scorribande dei cinghiali , che nella zona hanno trovato l’habitat ideale. Con un’alternanza di brevi salite e divertenti discese seguiamo il crinale che ci porta al passo di Valbona (1427m) con la sua caratteristica pozza d’acqua. Poco oltre giungiamo ad una seconda pozza, un po’ più grande, che fino a un paio di anni fa aveva una barchetta ormeggiata sulla riva. Cosa ci facesse una barca in una piccola pozza d’acqua lassù, a quella quota, non è dato sapere. Tuttavia ora, con mio grande rammarico, la barchetta non c’è più!
Conservo fortunatamente una foto che può testimoniare la curiosa stranezza. D’inverno questi specchi d’acqua sono completamente ghiacciati rendendo molto suggestivo l’ambiente e ancor più divertente scivolarci sopra. Continuiamo a seguire il crinale anche se il sentiero 571, a volte, aggira le collinette per risparmiare dislivello. Da circa un’ora stiamo pestando neve, generalmente con poca fatica perché compatta mentre in alcuni punti, dove il vento ha soffiato energico, ci troviamo a sprofondare fino al ginocchio. Una divertente discesa a salti nella neve ci conduce ad una piccola sella dove si trova al riparo dai venti la bella baita Cucco . Qui il sentiero si impenna per superare il pendio erboso finale che conduce in vetta allo Zuc di Valmana (1545m). Dalla croce si gode di un bel panorama sulle due vallate e sui monti delle Orobie Occidentali .
Scendiamo dalla cima sempre seguendo il sentiero CAI n° 571, che, abbandonati i prati sommitali, entra in un bosco di faggi e raggiunge in pochi minuti la bocca del Grassello (1390m). Il valico non ha grandi rilevanze naturalistiche né panoramiche, ma rappresenta l’antico confine tra Milano e la Serenissima . Infatti la linea di frontiera proveniva dalla Val Taleggio e, passando proprio da qui, scendeva ad Arnosto. Alla bocca del Grassello bisogna porre un po’ di attenzione per non sbagliare sentiero (l’imbocco è appena spostato sul versante taleggino) e seguiamo scrupolosamente i bolli bianco-rossi del sentiero 571.
Si risale in una faggeta per fuoriuscire dal bosco in corrispondenza dei ripidi prati che conducono ai Canti (1563m). Li contraddistingue una bella Madonnina sotto la bandiera di vetta. Il vento soffia fastidioso così non tergiversiamo e proseguiamo il nostro cammino. Dalla Madonnina, onde evitare inutili tribolazioni alla ricerca del sentiero, dobbiamo tornare sui nostri passi per un brevissimo tratto lungo il crinale fino a scorgere il cartello che indica il sentiero 571 (con direzione Tre Faggi).
Inizia ora un tratto prevalentemente in discesa che, con divertenti slalom tra boschetti, radure e piccole guglie di roccia calcarea, conduce in poche decine di minuti ai famosissimi Tre Faggi. Se la giornata è bella conviene fare bene i conti con i tempi di percorrenza per giungere in loco in concomitanza del tramonto . I faggi secolari, regali testimoni di secoli di vicende umane, si accendono di luce come infuocati, la valle sottostante è immersa nell’ombra con le luci che già illuminano le strade. I nostri occhi, pieni di meraviglia, cercano di inseguire gli ultimi raggi di sole, mentre la pianura lontana è sommersa dalle nebbie. È un ambiente magico, reso ancor più suggestivo dal recinto di piccoli dolmen di pietra (che richiamano architetture celtiche) costruiti intorno ad un altare dedicato alla Madonna, in prossimità dei faggi.
Calato il sole ci rimane circa mezz’ora prima del sopraggiungere delle tenebre, giusto il tempo per tornare, senza fretta, a Fuipiano seguendo la strada forestale che ci riconduce all’auto. Abbiamo percorso 10km con 700m di dislivello impiegando poco più di tre ore di cammino.
P.S. agli amanti del benessere e della buona cucina mi sento di consigliare il coronamento della giornata con una prelibata cena presso il ristorante Moderno di Fuipiano non senza essersi concessi le coccole della accogliente spa della struttura (prenotare in anticipo).
P.P.S. la contrada di Arnosto, oltre alla sede municipale e alla biblioteca, ospita un interessante museo etnografico che racconta la storia e la vita degli abitanti del luogo. Contattando la pro loco di Fuipiano è anche possibile prenotare una visita guidata.