Le intemperie di questo maggio anomalo ci tengono lontani dalle cime delle Orobie. Oggi optiamo per un’escursione sul lago d’Iseo alla ricerca di quella soave sensazione di vacanza che tanto ci manca. Da un po’ di tempo la mia curiosità è attirata dalla zona di Castro e, in particolare, dalla Gola del Tinazzo: un vero e proprio canyon scavato nella roccia dal torrente Borlezza prima di tuffarsi nel lago. L’imminente riapertura al pubblico della Gola rappresenta una ghiotta occasione per andare alla scoperta di questo angolo del Sebino ancora poco conosciuto. Prendo accordi con Massimo Rota, presidente di Legambiente Alto Sebino e nativo di Castro, per una visita in anteprima. L’apertura ufficiale ai visitatori avverrà il prossimo 2 giugno.
Chi giunge a Castro dalla s.s. 42 coglie immediatamente il contrasto tra gli imponenti insediamenti industriali della Lucchini RS, azienda siderurgica leader mondiale nella produzione di materiale rotabile, e l’amenità della vista sul lago, con Montisola e la Corna dei Trentapassi protagoniste all’orizzonte. Osservando Castro da lontano viene spontaneo domandarsi come sia stato possibile che una fabbrica sia stata installata su quello splendido promontorio naturale che si spinge nel cuore del lago. Massimo ci spiega che i primi insediamenti siderurgici in zona risalgono addirittura al 1780 e i rapporti tra gli abitanti di Castro e l’industria sono sempre stati rispettosi, soprattutto perché le fucine hanno rappresentato una preziosa opportunità occupazionale per la popolazione locale: «nessun abitante di Castro è stato mai costretto ad emigrare all’estero alla ricerca di lavoro. Si annoverano anche pochi caduti nelle guerre perché gli uomini erano quasi tutti impegnati nella produzione di materiale bellico».
Castro deve il suo nome (Castrum) alla presenza, in epoca medioevale, di una rocca realizzata per vigilare la forra del Tinazzo e proteggere la Strada della Corna, arteria fondamentale di collegamento tra le alte valli bergamasche, il lago e la pianura, senza dover sconfinare nel territorio bresciano di Lovere che imponeva pesanti dazi sulle merci. Il porto di Castro venne costruito proprio a tale scopo. Massimo prosegue nel racconto: «la Gola del Tinazzo da sempre ha rappresentato un confine naturale tra il territorio di Bergamo e Brescia. Ancor oggi Castro appartiene alla diocesi di Bergamo mentre Lovere a quella di Brescia. Fino a pochi decenni fa resistevano ancora forme di campanilismo e rivalità tra i due paesi».
Tra una parola e l’altra, giungiamo all’ingresso dell’area naturalistica della Gola del Tinazzo. Un tempo la forra era interamente percorsa dalle acque del torrente Borlezza che dalla località Poltragno (all’inizio della gola) fino alla foce prende il nome Tinazzo. Nei secoli alcune tremende ondate di piena avevano creato non pochi problemi al paese di Castro e anche alle fonderie. Così, nel 1915 iniziarono i lavori di deviazione del corso del Tinazzo che si conclusero, tre anni dopo, con la realizzazione di una galleria che convoglia le acque oltre il paese, nei pressi del Bogn di Castro. Da quel giorno il tratto finale della gola è diventato asciutto e fossile.
Quindici anni fa Massimo ed alcuni amici climber decidono di calarsi dall’alto per penetrare nella forra: scoprono così un mondo inesplorato di una bellezza travolgente. Nel 2009, la società siderurgica Lucchini RS, proprietaria dell’area, venuta a conoscenza dello straordinario valore naturalistico della gola, concede a Legambiente in comodato d’uso gratuito per 60 anni un’area di 20.000 metri quadrati per la realizzazione di un parco pubblico. Nasce così il Parco della Gola del Tinazzo, finalizzato alla creazione di un’oasi naturale con percorsi didattici per le scuole e per i turisti in visita all’Alto Sebino. Da allora Massimo e i volontari dell’associazione hanno lavorato per ripulire e mettere in sicurezza l’area. «La forra era piena di rifiuti di ogni genere e la vegetazione aveva invaso la gola. Con picconi, badili e carriole, poco alla volta, siamo riusciti a svuotarla e a renderla visitabile».
Scendiamo nel fondo di una valletta percorrendo un sentiero che costeggia il deposito di ruote del treno appena forgiate. È molto curiosa la convivenza tra la natura florida presente su un lato e i prodotti industriali di ultima generazione sull’altro.
Lungo il cammino incontriamo numerose risorgive d’acqua purissima che hanno una portata costante nel tempo, anche nei periodi più siccitosi come quelli appena trascorsi. L’alto tasso di umidità favorisce lo sviluppo di una biodiversità eccezionale. Oggi è una giornata uggiosa e questo rende l’atmosfera particolarmente suggestiva. La vegetazione diviene sempre più fitta e rigogliosa, sembra di addentrarsi nella foresta pluviale! La valle si restringe e improvvisamente ci troviamo nei pressi di una parete rocciosa che pare chiudere la via. Ci avviciniamo e scorgiamo un’altissima fessura nel dirupo: due enormi pareti alte più di 40 metri fanno da ali all’ingresso della gola. Dall’alto la luce entra a fatica, ma è sufficiente a rivelare la potente azione erosiva dell’acqua sulla roccia. In certi tratti sembra di camminare all’interno di una grotta. Sollevo gli occhi all’insù: una meraviglia. Le gocce di pioggia, illuminate dai timidi raggi luminosi, brillano come tante lucciole in volo!
Il percorso termina inesorabilmente ai piedi di un’imponente cascata asciutta. Massimo, con piglio ottimistico, ci anticipa i progetti futuri: «contiamo di realizzare una scaletta per superare il salto di roccia e proseguire fino al muro che separa la parte fossile della gola da quella in cui l’acqua scorre ancora. Dovremmo anche riuscire a realizzare una piccola apertura per sbirciare il Tinazzo dall’altra parte».
Ascoltare Massimo è un vero piacere: le sue parole rivelano passione e competenza, tanto da riuscire sempre a catturare la nostra attenzione. «La forra ha un’origine geologica antichissima, probabilmente è stato un evento tellurico a fratturare la roccia, generando una profonda fessura attraverso cui l’acqua ha iniziato a fluire». E con piglio quasi teatrale ora si diletta a rievocare la leggenda medievale sulla genesi della Gola: «voi sapete chi è Longino, vero?». Un senso di inadeguatezza ci coglie all’improvviso! Fortunatamente viene in nostro soccorso Giovanni, l’amico artista che è sempre sul pezzo. Il racconto prosegue: «si narra che Longino, il centurione romano che trafisse con la lancia il costato di Gesù crocefisso, fosse originario proprio di Castro. A causa della sua condotta di vita dissoluta venne spedito in punizione in Palestina. Dopo aver colpito Gesù con la lancia, un violento terremoto si scatenò in quella terra e, nel medesimo istante, a Castro la montagna si spaccò in due generando la gola!». Ringraziamo Massimo per l’interessante esperienza e ci avviamo verso l’uscita.
Questo e molto altro ancora sarà fruibile, dal vivo, a partire dal prossimo 2 giugno (a questo link le prenotazioni).
Il meteo di oggi non è decisamente favorevole, tuttavia decidiamo cimentarci in una breve escursione nei dintorni. Così, usciti dalla Gola, svoltiamo a destra lungo via della Corna, l’antica strada di accesso al porto di Castro per chi proveniva dalle valli bergamasche. La mulattiera risale il pendio serpeggiando tra i muretti a secco che sorreggono alcuni terrazzamenti. Su questi terrapieni, Legambiente ha pensato di reintrodurre alcune antiche coltivazioni che caratterizzavano l’economia agricola del territorio: l’olivo, il mais rostrato e il fagiolo camuno. Superate alcune placche rocciose, sulle cui pareti è facile imbattersi nei climber in azione (la falesia di Castro), procediamo in piano transitando esattamente sopra la Gola del Tinazzo. Imbocchiamo ora il sentiero che scende verso la strada provinciale, in località Poltragno. In questo punto tra pochissimi giorni verrà inaugurato un camminamento a sbalzo sulla parte alta della Gola. Il torrente scorre profondissimo nella forra regalando scorci spettacolari. La passerella segue l’andamento della forra fino al punto in cui l’acqua entra in galleria.
Già che siamo in zona, vale la pena andare a curiosare la fucina di Poltragno. Nelle vicinanze della passerella, in corrispondenza della rotonda, si diparte una stradella che conduce al torrente Oneto, affluente del Borlezza. In prossimità del fiume sorge la fucina. Originaria del XVII secolo, è dotata di due magli che sfruttano la forza motrice dell’acqua. Lavorava inizialmente per la Repubblica Veneta, forgiando armi per l’esercito, mentre oggi i magli battono il ferro molto raramente e solo per realizzare ringhiere e cancelli. Sul lato verso il torrente spiccano le due ruote a pale che azionano i magli.
Torniamo alla rotonda e imbocchiamo il sentiero che da Poltragno conduce al colle di San Lorenzo (sentiero CAI n° 565). Un camminamento in cemento ci porta in pochi minuti al colle. Siamo sullo spartiacque tra la val Borlezza e il lago d’Iseo, sempre in territorio di Castro. Presso il valico sorge una santella a custodia dei viandanti che percorrono i numerosi sentieri che qui si intersecano. Procediamo verso est sul selciato che conduce al colle vero proprio, ove sorge la bella chiesetta di san Lorenzo. La vista sul lago è splendida, un peccato invece la presenza di un enorme traliccio che sovrasta il colle.
Torniamo nuovamente al valico e scendiamo per la strada asfaltata che riconduce a Castro. Giunti nei pressi di un tornante notiamo un vecchio argano posto a guisa di monumento. Scopriamo che qui, fino a pochi decenni fa, veniva cavata una pietra naturale esclusiva, del tutto simile al ceppo di Gré: è una pietra molto particolare caratterizzata da un colore grigio-azzurro e composta da un insieme di sassi calcarei che l’azione glaciale ha cementato tra loro. Le lastre, una volta estratte, venivano calate con l’argano giù per lo Stross, il ripido scivolo di terra che accompagnava le pietre fino al lago, dove poi venivano imbarcate. Dal tornante abbandoniamo la strada per seguire il sentiero dello Stross, un breve itinerario che percorre l’antico tracciato e riportandoci in riva al lago. La passeggiata sul lungolago di Castro è molto gradevole. Un ponte permette di supera il Tinazzo nel punto in cui si getta nel lago.
Vale la pena ricordare che il Tinazzo cambia il nome ben quattro volte nel suo percorso dalla sorgente (nei pressi del colle Vareno) alla foce: inizialmente è Gera, poi diviene Valeggia, quindi Borlezza e infine Tinazzo. Un’ultima curiosità. Un tempo il trasporto delle merci avveniva su imbarcazioni a vela ed era scandito dai tempi dei venti tipici del lago: da metà mattina fino al tardo pomeriggio spira la Ora con direzione sud-nord, mentre la notte soffia il Vét (che a Castro chiamano Poltragnì), con direzione opposta.
P.S. La visita guidata alla Gola richiede circa un paio d’ore. L’escursione di contorno qui proposta è lunga poco più di due km con 150m di dislivello. Considerando le soste, calcolare un’ora e mezza.
(Tutte le foto sono di Camillo Fumagalli, eccetto ove diversamente indicato)