Non bisogna tergiversare perché nel breve volgere di decina di giorni la magia svanisce. Il periodo della fioritura varia a seconda della quota e dell’esposizione del pendio. Sui nostri monti sono già comparsi a metà aprile intorno ai 900m di quota, ma è sui panettoni erbosi a quote più alte che lo spettacolo diventa unico. Si trovano soprattutto sui monti che si affacciano sulla pianura: il Canto Alto, il Linzone, i colli di San Fermo. Sporadicamente compaiono anche nelle valli ma è molto più raro. È un fiore protetto in senso assoluto nelle province di Bergamo e di Brescia.
I petali di colore bianco si raccolgono intorno a una corona centrale gialla tendente all’arancione. Lo stelo è lungo e le foglie sono spesse e di un colore verde chiaro. Quello presente sui nostri monti è la sottospecie radiiflorus del Narcissus poeticus . Sapere che ci troviamo di fronte a esemplari di narciso “poetico” mi riempie l’animo di entusiasmo. Il suo nome deriva dal verbo greco narkào che significa intorpidisco o irrigidisco. Alcuni traducono il termine con stordisco a causa dell’inebriante e penetrante odore dei suoi fiori. Naturalmente ho provato più volte ad “inebriarmi” avvicinando il naso al fiore ma senza alcun effetto… tuttavia devo ammettere che il narciso ha un profumo piuttosto deciso.
È più probabile che l’etimologia greca sia da riferire al fatto che il bulbo del narciso e, in concentrazione minore, le sue foglie, contengono la narcisina, un alcaloide velenoso che provoca per ingestione disturbi neuronali e infiammazioni gastriche anche gravi. Gli antichi Romani pensavano che il narciso fosse il simbolo dell’aldilà e che questo bellissimo fiore crescesse in abbondanza nei campi Elisi; per questo motivo avevano l’usanza di piantare narcisi sulle tombe dei propri cari defunti.
I Druidi, i sacerdoti degli antichi Celti, credevano che il narciso fosse simbolo della purezza. Allo stesso tempo avevano anche la convinzione che i narcisi fossero in grado di assorbire i pensieri più negativi e malvagi degli umani e che per questo fossero anche velenosi. Gli ebrei associano il fiore alla bellezza e fertilità della donna, mentre in Cina il narciso è simbolo di fortuna e prosperità, e di buon auspicio per iniziare l’anno nuovo. Curioso il fatto che nel Medioevo il fiore del narciso venisse impiegato per realizzare filtri d’amore.
Innegabile che la fama di questo fiore sia da legare all’antica leggenda di Narciso. Per questo motivo nel linguaggio dei fiori il narciso assume significati positivi e negativi: nel suo significato positivo rappresenta l’autostima, simbolo di persone forti e sicure di sé; di contro nella sua versione negativa rappresenta la vanità e l’incapacità d’amare. Regalare narcisi a qualcuno, in linea generale è la scelta più consigliata se si vuole omaggiare una persona vanitosa ma dalla bellezza irresistibile (per un approfondimento del mito di Narciso consiglio il seguente link; molto interessante e divertente è anche la versione video proposta da Luciano De Crescenzo ).
Ecco quindi l’invito a recarsi sul monte Linzone nella prima decade di maggio alla ricerca dei narcisi.
Per raggiungere la cima del monte Linzone (1392m) esistono numerose possibilità. La più breve parte dal valico di Cà Perucchini (1340m) poco sopra il paese di Valcava. Si segue a ritroso il sentiero CAI n°571 passando a fianco delle mastodontiche antenne radio-tv e, procedendo sulla dorsale con qualche salitella e breve discesa, si raggiunge la croce in mezzoretta. Altra possibilità è quella di percorrere l’itinerario classico che inizia dal posteggio nei pressi del cimitero della Roncola S. Bernardo (878m) e segue il frequentatissimo sentiero CAI n°571. In poco più di un’ora si è in vetta.
Per l’occasione propongo un’interessante alternativa con un itinerario ad anello che inizia nei pressi del campo da calcio della Roncola S. Bernardo (890m). Percorrendo la strada asfaltata principale si supera il Parco Avventura e, poco oltre, si imbocca la mulattiera che conduce alla Roncola Alta transitando per la sorgente Canal (943m). L’acqua sgorga freschissima ed è rinomata per la sua bontà al punto che è frequente trovare persone intente a farne scorta con numerose bottiglie.
Dopo aver riempito la borraccia proseguiamo lungo la mulattiera per sbucare alle case della Roncola Alta (960m). L’amenità e la tranquillità del luogo rendono piacevole l’attraversamento della contrada. Nonostante i profondi mutamenti, la frazione conserva ancora quei caratteri di semplicità e serenità tipici della cultura contadina che qui non è ancora del tutto scomparsa. I panorami si fanno già molto interessanti con scorci suggestivi sulla valle Imagna e una bellissima prospettiva sul pizzo Arera. Percorso un breve tratto di asfalto tra le case, si giunge ad un totem informativo nei pressi del quale riprendiamo la antica mulattiera. Il sentiero sale, ombreggiato e protetto dai muretti a secco, fino ai pascoli della località Curtafè (1060m), dove già a fine aprile si possono incontrare i primi narcisi.
Seguiamo le evidenti indicazioni per il monte Linzone con un occhio sempre rivolto ai bei casolari immersi nel verde dei prati. La mulattiera diventa ora un sentiero che, in corrispondenza di un abbeveratoio del bestiame, inizia ad inerpicarsi sui pendii orientali del Linzone. Poco sopra l’abbeveratoio eccoci ad un bivio: a sinistra l’indicazione invita alla vetta seguendo il sentiero delle foppe, mentre a destra si diparte una scorciatoia, innegabilmente ripida ma estremamente veloce (non c’è alcuna indicazione ma la traccia è molto evidente). A voi la scelta (noi prendiamo la scorciatoia!).
Entrambe le opzioni conducono, a poca distanza una dall’altra, sul crinale ad intercettare il sentiero CAI n° 571 che seguiamo verso destra. Le pendenze si addolciscono e la vista sulla pianura diviene grandiosa. Innanzi a noi i prati ove trionfano, a migliaia, i narcisi fino alla croce del monte Linzone. Poco sotto la cima risalta uno splendido nucleo di baite con la bella chiesetta della Santa Famiglia di Nazareth. La chiesa in origine era una comune stalla di montagna che, abbandonata attorno agli anni Cinquanta del ‘900, finì presto in degrado.
Solo verso il 1990 un gruppo di volontari (Alpini, Scout, Cai) decise di recuperare il rudere, mantenendo il suo impianto rustico, ma dandogli una veste nuova. Fu così che si scelse l’idea di un Santuario dedicato alla Santa Famiglia di Nazareth. La scelta è stata fatta in ricordo della notte del primo Natale, nella quale la Santa Famiglia trovò rifugio in una stalla all’aperto. L’intervento di recupero si concluse il 20 agosto 1994.
L’invito ad aggirarsi in contemplazione tra i cocuzzoli pratosi e le baite è d’obbligo. Nel periodo di massima fioritura occorre prestare attenzione perché appena si esce dal tracciato si rischia di calpestare qualche narciso. Camminiamo immersi in un mare di narcisi e la suggestione è tale da far superare senza fatica anche l’ultimo strappetto che conduce alla croce.
La cima è spesso affollata giacché i panorami nelle giornate con cielo terso sono veramente grandiosi. La pianura padana si allarga nella sua sconfinata immensità; sullo sfondo gli Appennini che senza interruzione confluiscono nella catena alpina marittima; poi il solitario profilo del Monviso, quindi il monte Rosa e, in primissimo piano, tutte le cime delle Orobie occidentali.
Generalmente la maggior parte degli escursionisti, dopo aver goduto appieno dello spettacolo, ripiega verso valle. Consiglio invece di allungare un poco l’itinerario proseguendo in leggera discesa in direzione Nordovest (verso le antenne per intenderci) fino ad una selletta sassosa a tre minuti dalla croce. Aggiriamo una baita dismessa nei pressi della sella e imbocchiamo il sentiero che scendendo verso Sudest raggiunge due belle baite. Il contesto è superlativo: pascoli fioriti, boschetti di faggio e betulle, in completa solitudine. Le due baite, mirabilmente conservate, sono poste su un terrazzino al riparo dai venti, alla cui estremità si gode di una spettacolare vista sulla pianura. Sempre circondati dai narcisi proseguiamo lungo il sentiero che, in leggera salita, transita tra le due baite per poi proseguire fino a chiudere un giro ad anello in corrispondenza del Santuario della Santa Famiglia.
Per il rientro alla base torniamo sul sentiero CAI n°571 che seguiamo in discesa. Chi ha fretta può optare per il percorso effettuato all’andata (magari scegliendo la variante del sentiero delle foppe). Per chi invece desidera gustare le suggestioni ambientali del luogo consiglio di mantenersi sul sentiero n°571 che scende alla Roncola S. Bernardo seguendo il crinale. Dopo una ventina di minuti si raggiunge un pratone (a quota 1040m) dove, nelle ore più calde della giornata, è facile imbattersi in numerosi parapendii pronti a decollare in splendide planate fino in pianura.
Ci fermiamo ad ammirare gli intrepidi piloti con un pizzico d’invidia. Prima che ci venga la malsana idea di cimentarci in un volo guidato, riprendiamo la discesa. Superiamo una bella cascina con il prato circondato da muretti a secco e rientriamo nel bosco scendendo fin quasi a raggiungere le case più alte del paese della Roncola. Un cartello bianco e rosso indica la deviazione per il sentiero panoramico. Anziché scendere in paese e percorrere la strada asfaltata fino all’auto, consiglio di seguire questo percorso perché transita in un ambiente selvaggio che richiama certe zone di alta montagna con roccioni soprastanti, massi e ghiaioni. È un sentiero che, senza insidie e con tracciato prevalentemente pianeggiante, ci riconduce nei pressi del campo sportivo.
P.S. l’itinerario qui proposto è lungo poco meno di 10Km con un dislivello positivo di circa 530m.
P.P.S. la fioritura dei narcisi è piuttosto breve e non conviene tergiversare troppo altrimenti si rischia di fare la mia fine dello scorso anno: ho atteso la metà di maggio nella speranza di cogliere il momento di massima fioritura ma quando sono salito ho trovato i prati del Linzone completamente ripuliti da un gregge di pecore golose di narcisi!