Il caldo oggi è avvolgente come una coperta pesante da cui si fatica a liberarsi. Il sole scotta, l’aria è ferma e l’afa non dà tregua. In questi casi la soluzione è una sola, e a Bergamo abbiamo la fortuna di poterla trovare facilmente salendo in altitudine.
La mia scelta cade sulla Val Brembana, ma niente trekking oggi. Vorrei solo esplorare alcuni luoghi da cui passo spesso, ma che non ho mai approfondito davvero, con la solita scusa che spesso ci porta dall’altra parte del mondo invece che dietro casa: «Tanto qui ci posso venire quando voglio». E quindi, eccomi sotto il sole sempre caldissimo ma accompagnato da una brezza leggera che scaccia l’umidità dalla pelle. Sono a Branzi, sotto un cielo terso e circondata da quelle montagne famigliari che sembrano accogliere i visitatori in un abbraccio.
La mia prima tappa è la cascata della Borleggia, necessaria per assorbire un po’ della freschezza che si percepisce anche solo avvicinandosi. La cascata, in frazione Monaci, ha un salto di 250 metri circa che la rende molto suggestiva, e che ho sempre ammirato dalla strada a tornanti che sale oltre Branzi, in direzione di qualche sentiero. Oggi invece raggiungo lo scrosciare impetuoso dell’acqua ai suoi piedi, mi godo la sua potenza da vicino. Accanto alla cascata, un sentiero promette la possibilità di fare Ol gir de la Borlegia in circa un’ora e mezza. Decido di intraprenderlo e me ne pento quasi subito per via della pendenza: per fortuna il sentiero è in gran parte all’ombra del bosco. Alcuni punti sono in ogni caso ripidi ed esposti, fare attenzione è sempre indispensabile.
La fatica viene decisamente ripagata dalla meraviglia che osservo quando arrivo in cima e, appena qualche metro più a monte della cascata, osservo il getto potente che scroscia verso Branzi. Il paese, visto da qui, sembra dipinto sulla verde tela della valle, incastonato tra le montagne circostanti.
Con gli occhi ancora colmi di tutta questa bellezza, torno ai piedi della cascata. Incuriosita da una strana costruzione in pietra scopro che si tratta di una antica pompa idraulica manuale risalente addirittura al 1243.
È ora il momento di attraversare il ponticello in pietra per andare a esplorare il centro del paese. Sotto di esso, tra i massi, il torrente Borleggia luccica al sole mentre rallenta la corsa verso il fiume Brembo. Dall’altra parte del ponte, lo scrosciare dell’acqua lascia via via spazio a un silenzio rotto solo dai miei passi sui sampietrini delle vie. Una piazzetta, una panchina, portafinestre dipinte di blu che danno su un terrazzino affacciato sulle montagne: adeguo il passo alla tranquillità del paese mentre cammino per le vie, strette tra case alte dai tetti d’ardesia. Questo materiale estremamente resistente e importante per l’economia locale, meglio detto Porfiroide grigio di Branzi, viene estratto fin dal 1500 dalla storica cava della Piödera, che si incontra qualche tornante dopo il paese, in direzione di Carona.
Faccio una pausa in piazza Vittorio Emanuele, godendomi il profumo che proviene dalla pasticceria. Una ragazza con un piccolo cane al guinzaglio sta riposando su una panchina vicina: «Passo qui gran parte dei miei weekend estivi, praticamente da una vita» mi racconta scatenando in me un po’ di sana invidia. «Ѐ il paese nativo di mia mamma, abbiamo un piccolo appartamento che è una manna dal cielo quando a valle fa troppo caldo!».
Dietro alla piazza si snoda una stretta via che, costeggiando il fiume e oltrepassando una piccola cappella dedicata alla Madonna, porta a un altro ponte. Mi sembra di essere circondata dall’acqua, e la mia sensazione non è del tutto sbagliata: a Branzi si incontrano due tratti di Brembo per convogliare in un unico fiume. Questo lato del paese è senza dubbio quello che preferisco: vi è un grande parco curato e tranquillo, incastonato tra il fiume e le case colorate del paese. Mi pare di essere finita nel bel mezzo di una cartolina.
Dietro, sullo sfondo, le cime delle montagne sono ancora illuminate dalla luce del tardo pomeriggio, mentre il parco è immerso in una fresca penombra. Il prato sembra urlare «Vieni qui a stenderti e riposare!», ma prima ho qualche altra tappa da raggiungere.
La prima è la chiesa di San Bartolomeo, aggrappata su un lato della strada che attraversa Branzi. Di questo edificio troviamo notizia nella relazione della visita pastorale di San Carlo Borromeo del 1575, e non è un caso se nel centro storico del paese è ancora ben visibile un affresco della Madonna di Loreto accompagnata proprio dal già citato San Carlo insieme a San Bartolomeo, Sant’Antonio Abate e San Rocco.
L’antica chiesa è stata demolita e ricostruita ex novo nel Settecento, e lo stile di quell’epoca è inconfondibile. All’esterno della chiesa di San Bartolomeo, proprio di fronte al portale d’ingresso, un affresco rappresenta l’Apocalisse, rivelata da Gesù Cristo a Giovanni: è un dipinto d’impatto, un monito che cattura subito l’attenzione dei fedeli in uscita dalle celebrazioni.
Dopo aver visitato il centro storico di Branzi, è il momento delle frazioni: dietro il cinema del paese imbocco via Cagnoli che porta al cuore dell’omonimo piccolo e incantevole borgo, dove trovo la Chiesa di San Sebastiano. L’esterno è semplice, anche se non per questo meno piacevole, ma non ho la fortuna di vedere l’interno. «Ci sono degli affreschi molto belli, una grande “Incoronazione della Vergine” sulla parete sinistra» mi informa un signore che a passi lenti percorre la mia stessa strada in direzione opposta. «Vai giù fino alla Gardata anche a vedere l’altra chiesa, già che sei qui» mi consiglia.
Non mi lascio sfuggire l’occasione e la mia lunga passeggiata mi porta infine alla Chiesa della Madonna della Neve presso la frazione di Gardata, che prende questo nome probabilmente dalla presenza in passato di un posto di guardia. Anche questa chiesa, come quella di San Sebastiano, presenta dei dipinti sulla facciata, e all’interno si trova una pala con una «Madonna col Bambino tra San Rocco e San Sebastiano».
Torno sui miei passi e poco prima di ritrovare il borgo di Cagnoli sulla destra, attraverso nuovamente il fiume passando per il ponte sospeso. L’ultima tappa è praticamente obbligatoria, ed è il negozio della Latteria di Branzi, che con il latte di 70 diverse piccole aziende di montagna crea prelibatezze. L’interno del punto vendita è un piccolo paradiso di forme di Branzi più o meno stagionate, yogurt cremosi, vasetti della panna cotta più buona di sempre, miele, salumi, liquori e altre golosità tipiche della zona. Resistere a un po’ di shopping enogastronomico è impossibile, a Branzi!
Mentre guido lungo la valle, di ritorno verso l’afa della pianura, realizzo che sono stata in giro molto più tempo del previsto. Pur essendoci passata parecchie volte, non immaginavo che Branzi fosse così ricco di luoghi interessanti e così piacevole da vivere, anche solo per un pomeriggio. Avrei voluto anche visitare la chiesetta di San Pantaleone nella piccola frazione di Belfiore, ma il tempo è proprio volato.
Tornerò presto da queste parti. Non solo per fare incetta di panna cotta della Latteria, ma anche perché Branzi è un ottimo punto di partenza per diverse escursioni molto belle: si può percorrere la Via Piana per raggiungere Carona, oppure ci si può dirigere verso Valleve tramite la Mulattiera dei prati. Per non parlare della salita ai Laghi Gemelli, e di come un pezzo di branzi assaporato in vetta diventi ancora più buono del solito.
(Tutte le foto sono di Lisa Egman)