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Aria frizzante, acque cristalline e un magico silenzio regna sovrano: i laghetti delle valli e la valle Asinina

Articolo. In valle di Scalve, partendo da Schilpario, un percorso a tratti impegnativo fra natura e storia: tanti luoghi ameni, le torbiere, i purtì della miniera del Gaffione e la strage di Fondi

Lettura 4 min.
I laghi della valle Asinina dall’omonima bocchetta (sullo sfondo la Presolana)

La valle di Scalve rappresenta l’angolo più remoto della provincia di Bergamo. La lunghezza del viaggio potrebbe scoraggiare l’escursionista, ma la bellezza dei luoghi e la loro storia ripagano sempre chi sceglie di raggiungerli. È interessante sapere che fin dal Medioevo i paesi della vallata costituivano l’Universitas di Scalve, una piccola istituzione feudale sovracomunale molto simile ad una repubblica, che garantiva grandi privilegi agli abitanti e un’autonomia al limite dell’indipendenza. Erano addirittura previste l’esenzione dal servizio militare, la libertà di caccia e pesca, nonché sgravi fiscali e la possibilità di sfruttamento delle miniere presenti in zona.

Tali privilegi continuarono anche sotto la Repubblica Veneta con l’istituzione della Comunità grande di Scalve fino al 1797, quando ogni comune ottenne la propria autonomia. Queste condizioni hanno sicuramente favorito una discreta prosperità economica, un significativo sviluppo demografico e la diffusione della cultura tra le popolazioni scalvine.

Sempre alla ricerca di itinerari poco conosciuti oggi partiamo alla volta di Schilpario per scoprire i laghetti delle Valli e i laghi della valle Asinina.

Giunti a Schilpario, superiamo il piazzale del Centro Fondo (ampia possibilità di posteggio) e procediamo sulla strada che conduce al passo del Vivione. Pochi metri dopo la bella chiesetta di Santa Elisabetta (1137m) imbocchiamo il sentiero CAI n° 415 (cartello indicatore). Non lasciamoci illudere dall’agevole tratto iniziale… dopo pochi minuti le pendenze si fanno sostenute e non lasciano spazio a grandi chiacchierate. Fortunatamente la fatica viene attenuata dall’ombra ristoratrice del bel bosco di abeti che ci troviamo ad attraversare. Zigzagando per il pendio, guadagniamo velocemente quota toccando il roccolo di Busmino (1639 m) e l’alpeggio del monte Busma.

In poco più di un’ora siamo fuori dal bosco ed affrontiamo un traverso che lascia intuire la fine delle nostre tribolazioni. Proprio quando il sudore inizia ad inondare la fronte, eccoci sbucare nella bella conca pascoliva che ospita i laghetti delle Valli, ben protetti a destra e sinistra dai panettoni erbosi dei monti Busma e Gaffione. I laghi sono quattro, alcuni molto piccoli tanto che, in piena estate, può capitare di trovarli con poca acqua. Il lago posto più in alto spesso risulta addirittura prosciugato. Fermiamoci un attimo ad ammirare il paesaggio: se ci volgiamo indietro e guardiamo in direzione della sella da cui siamo appena provenuti, a fare da sfondo a questa splendida cartolina è il Pizzo Camino, con il suo profilo maestoso ed elegante.

Per molti escursionisti la gita potrebbe concludersi qui, e non saprei dar loro torto. L’amenità del luogo e le energie profuse suggeriscono una bella pausa. Con poca fatica e sicuro divertimento ci si può concedere il duplice panorama raggiungendo le cime del monte Busma e del monte Gaffione. Chi invece alza bandiera bianca può proseguire sul sentiero CAI n° 415. In un attimo raggiunge la sella a quota 1994m con il bell’affaccio sul passo del Vivione, meta classica di tenaci cicloamatori e scatenati bikers, e poi decidere se tornare sui suoi passi, oppure scendere a Schilpario per il sentiero n°427 (vedi descrizione successiva)

Il mio invito, invece, è di proseguire in direzione nord sul sentiero n°415A, mantenendo la sinistra del torrente. Si sale ancora, senza strappi, per una ventina di minuti per giungere innanzi agli splendidi specchi d’acqua della valle Asinina. L’atmosfera è davvero sublime: l’aria è frizzante, le acque cristalline riflettono i profili dei monti, e un magico silenzio regna sovrano, interrotto soltanto dal familiare fischio delle marmotte. Inutile nascondere come la poesia del momento possa lasciare facilmente spazio al gioioso rito della puciatina ristoratrice… così puntiamo verso il lago più grande e… splash! L’acqua è decisamente fredda ma questo non scoraggia il fido Moròt che si esibisce nel suo classico tuffo di testa.

Ritemprati nell’animo e, soprattutto, nel fisico, ci dirigiamo decisi verso la evidente sella posta a Est del lago. Dal valico (2235m) scorgiamo, sotto di noi, un’altra meraviglia: il lago di Valbona (2055m). Comodamente adagiato in una conca ai piedi dei monti Sellerino e del Matto si trova in un armonico alternarsi di prati e piccoli massi. Le sue acque, a inizio estate, sono blu cobalto; nel corso della stagione, quando il livello del lago si abbassa, tendono progressivamente ad assumere una gradazione verso il verde.

La discesa al lago è veloce e divertente. Il sentiero n° 415A termina qui, onorevolmente, il suo prezioso compito intersecandosi con il sentiero n° 416 che ci conduce verso il passo del Vivione. Giunti in prossimità della malga Gaffione alla confluenza delle valli Asinina e Valbona, anziché procedere in direzione del passo, superiamo la malga fino ad immetterci sul sentiero CAI n° 427. Questo tratto di percorso è molto caratteristico perché attraversa una zona di torbiere e acquitrini, rigogliosa di vegetazione alpina ma alquanto impegnativa per chi desidera mantenere i piedi asciutti! Poco oltre, il sentiero prevede anche un duplice attraversamento del torrente: non essendoci ponticelli (regolarmente spazzati via dalle acque in piena) questi devono avvenire compiendo alcuni balzi atletici da un masso all’altro (attenzione: dopo periodi di piogge intense la portata d’acqua del torrente diviene spesso importante e l’attraversamento può rappresentare un pericolo!).

Il sentiero continua la sua discesa entrando nel bosco e, con pendenza piuttosto decisa, raggiunge in un’oretta la località Fondi, in corrispondenza dell’ingresso della miniera del Gaffione. La visita è decisamente interessante e molto adatta ai bambini. Nei mesi di luglio e agosto la miniera (che prevede anche un tratto in trenino) è visitabile tutti i giorni ma, in ottemperanza alle norme anticovid, occorre la prenotazione. Ricordo che la temperatura all’interno si aggira intorno agli 8 gradi ed è necessario un abbigliamento idoneo per quelle temperature.

È sorprendente scoprire il duro lavoro svolto dai purtì, ragazzini di 11-15 anni che percorrevano le anguste gallerie trasportando sulle spalle le gerle ripiene del prezioso minerale appena cavato. I purtì rischiaravano il cammino con le lampade ad olio ed ognuno di loro aveva una ciotola in terracotta posta all’interno della miniera dentro cui poneva un sasso ogni volta che risaliva in superficie. In tal modo potevano tenere il conto delle salite effettuate nella giornata.

I Fondi di Schilpario sono stati anche teatro di un tristissimo evento il 28 aprile 1945. All’indomani della Liberazione un gruppo di abitanti del paese aveva appresa la notizia che una squadra di fascisti batteva in ritirata dalla Valle Camonica e stava scendendo dal passo del Vivione verso il paese. Sicuri di accoglierne la resa, andarono loro incontro in modo un po’ improvvisato. Giunti ai Fondi vennero invece falciati dalle mitragliatrici dei fascisti. Fu una strage: i morti furono dodici.

Dai Fondi a Schilpario ci sono circa tre chilometri. Il percorso è pressoché pianeggiante. Si può scegliere di seguire la comoda strada asfaltata, ma il mio consiglio è di seguire il percorso della pista da fondo che, immersa nella pineta, segue il corso del fiume fino al paese.

P.S. Partendo dal passo del Vivione (1823m) possiamo raggiungere gli splendidi laghi seguendo un tragitto decisamente più breve e meno faticoso. Dal passo infatti è sufficiente seguire le indicazioni del sentiero CAI n°415 e in venti minuti ci si ritrova ai laghetti delle Valli. Da qui ci si ricongiunge con il percorso appena descritto.

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