La singolarità della Valsecca sta nella sua conformazione geologica: da un lato (destra orografica) assistiamo al trionfo del Verrucano con le sue ruvide rocce silicee di color vinaccia, perennemente baciate dal sole; l’altro versante della valle è l’apoteosi del bianco calcare che contraddistingue le aspre pareti e i versanti ombrosi del monte Menna. Il letto del torrente Valsecca e i suoi immediati dintorni presentano un’interessante mescolanza di massi provenienti dai due versanti.
Oggi andiamo a scoprire i segreti del Verrucano con un percorso ad anello, mentre riserviamo ad una prossima escursione le meraviglie delle rocce calcaree. Nostro mentore in questo viaggio è Guido, amico e profondo conoscitore della zona che, abbandonati i palazzoni di Sesto san Giovanni, ha fatto di Baresi il suo centro di gravità permanente.
Partiamo dalla chiesa di Baresi (875m), frazione di Roncobello. L’origine del nome Baresi è da collegare al celtico Bar che significa rovo, cespuglio spinoso. Ci portiamo sul sagrato per godere dello splendido colpo d’occhio sulla vallata. Dietro la chiesa si diparte la mulattiera che scende a Bordogna. Siamo sul sentiero CAI n° 269, che ripercorre l’antica via Cavallera, importante arteria di comunicazione che da Lenna saliva in Valsecca e in val di Fondra. La biforcazione viaria tra le due vallate era presso la località Forcella, poco sopra l’abitato di Bordogna. La via Cavallera perse di importanza con la costruzione della strada della valle di Fondra, realizzata verso la metà dell’Ottocento, grossomodo sul medesimo tracciato dell’attuale strada provinciale. Decadde definitivamente nel 1882 quando venne realizzato il ponte sul Brembo che permetteva di raggiungere la Valsecca dalla strada nuova.
Questo tratto di mulattiera, piuttosto ripido, viene chiamato la ria di spì quasi a confermare la toponomastica di Baresi. Il selciato è in buone condizioni e in pochi minuti scendiamo presso la località Forcella di Bordogna con la graziosa chiesetta intitolata a San Giovanni Battista (770m), la più antica della valle, che vanta pregevoli affreschi del XV secolo. Le testimonianze storiche più remote fanno risalire al 1172 le origini di Bordogna ma è certo che già prima dell’anno mille esistevano insediamenti permanenti. Interessante scoprire che il Maironi da Ponte nel 1819 scriveva in merito a Bordogna «Il suo territorio è scosceso, ha nullameno dei campi di biada, molte boscaglie e pascoli frastagliati da sterilissime rupi. Molti dè i suoi abitanti, eccellenti fusinieri stanno fuori di patria quasi tutto l’anno. Gli altri sono o agricoltori, o addeti alla custodia del bestiame».
Parlando di fusinieri è da rammentare che per molti secoli le maestranze locali furono chiamate a prestare i loro servizi nelle fucine e nelle fonderie di tutta Europa grazie alla loro riconosciuta perizia e competenza nell’arte della fusione, maturata nelle numerose fucine presenti in alta valle. In particolare vale la pena ricordare i Camozzi, originari proprio di Bordogna che, trasferitisi a Strozza in valle Imagna, a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, divennero rinomati costruttori di cannoni e proiettili per la Repubblica Veneta. In un documento notarile del 1712 Carlo Camozzi chiede a Venezia il permesso di realizzare una nuova fucina impegnandosi a consegnare quaranta cannoni all’anno per dodici anni alla Serenissima. Venezia, per contro, concedeva al Camozzi la libertà di scegliere il luogo in cui impiantare la fonderia a patto che le fucine fossero realizzate vicino a «miniere perfette». In tal senso, il ferro brembano era considerato «più dolce e più perfetto del Bresciano». Fu così che Carlo Camozzi realizzò la fucina in località Ventolosa di Villa d’Almè, sulle rive del Brembo. I cannoni Camozzi, ritenuti all’epoca eccezionali, conservano ancora oggi, nella loro composizione di metalli e di progettazione qualche segreto mai rivelato!
Poco prima di giungere alla chiesetta abbandoniamo il sentiero CAI n°269 e deviamo sul tracciato che conduce a Fondra. Attraverso un’evidente apertura sottopassiamo i tubi della condotta forzata di alimentazione della centrale idroelettrica di Bordogna. Il paese di Bordogna si trovava in posizione strategica, sulla biforcazione della via Cavallera che conduceva in valle di Fondra. A testimoniare l’importanza di Bordogna sono i resti del Castello che raggiungiamo in pochi minuti di cammino. Saliamo sulla collina che ospita i ruderi, recentemente recuperati, del piccolo maniero (795m).
Le sue origini sono da far risalire al XII secolo quando la potente famiglia Fondra Bordogna ne decise la costruzione. Si possono ancora notare la cinta muraria e i resti di una grande torre, probabilmente la parte più antica. La funzione principale del castello era di proteggere persone e mercanzie dalle scorribande del nemico che, in questi luoghi poco accessibili, era solito effettuare rapide incursioni con pochi uomini. Guido ci racconta che la gente del luogo narra dell’esistenza di un cunicolo sotterraneo, una sorta di via di fuga, che collegava il castello con le case di Bordogna.
Torniamo lungo la via Cavallera che, in questo tratto, i locali chiamano anche le scale. La mulattiera ora si addentra nella valle di Fondra. Camminiamo una decina di minuti ed arriviamo nei pressi di una galleria ricavata sotto la cascata artificiale della val Fondra. Un salto di quasi 500m realizzato per scaricare l’acqua in esubero dal canale di alimentazione della condotta forzata della centrale di Bordogna. Nonostante la prolungata siccità di quest’anno, un piccolo flusso d’acqua consente di ammirare la cascata. Proviamo ad immaginare lo spettacolo di quando l’acqua precipita copiosa. È molto divertente attraversare la galleria anche perché una finestrella consente di sbirciare la cascata dall’interno. Il sentiero procede quasi pianeggiante, fino al paese di Fondra (700m). Poco prima dell’abitato si costeggiano alcuni grossi massi di solido Verrucano che ospitano una palestra di bouldering , una tipologia di arrampicata che, sviluppandosi su sassi alti pochi metri, consente agli atleti di affrontare passaggi molto impegnativi senza correre rischi. Peccato che la vegetazione rigogliosa stia ricoprendo questi pietroni.
Facciamo un giro non disinteressato per le case di Fondra, perché, nel cuore del paese, si trova la dimora di Gianfranco Paganoni, produttore di ottimi formaggi d’alpeggio. Suoniamo il campanello e ad accoglierci è il figlio che ci guida in cantina. L’ambiente rustico, le forme ben ordinate sugli scaffali e il profumo inconfondibile sono un richiamo irresistibile. Abbiamo con noi solo un piccolo zainetto da trail ma lo spazio per una bella fetta di formai de mut riusciamo a trovarlo. Con l’acquolina in bocca e il pensiero proteso all’assaggio serale, riprendiamo il cammino. Saliamo alla chiesa parrocchiale e nei pressi del cimitero imbocchiamo il sentiero che rimonta i ripidi pendii boscosi fino al passo del Vendulo. Questo tratto di percorso nei mesi autunnali non riceve i raggi del sole. Unico motivo di interesse in questa faticosa risalita sono le descrizioni di Guido relative ai passaggi chiave delle discese che i bikers più arditi (tra cui lui stesso) azzardano lungo questo sentiero!
In meno di un’ora guadagniamo il passo del Vendulo (1121m), spartiacque tra la valle di Fondra e la Valsecca e crocevia di numerosi sentieri. Ad accompagnare il cammino dei viandanti è una bella Santella. Seguiamo le indicazioni per la Porta delle Cornacchie. Senza grosse asperità attraverso una vegetazione di abeti maestosi che, progressivamente, lasciano il posto a pini silvestri e mughi, raggiungiamo la sommità (1201m). Negli ultimi metri, con grande sorpresa, ci troviamo a costeggiare undici monoliti di Verrucano allineati, uno di fianco all’altro, con una fessura a metà, una specie di porta che ha dato il nome alla località. La fantasia ci rimanda immediatamente ai menhir preistorici e ai misteri di Stonhenge. Ci affacciamo sul monolite più estremo e il panorama diviene spettacolare, con vista mozzafiato sulla sottostante valle di Fondra e, più in alto, sulle Torcole, mentre sul lato opposto ammiriamo le creste dolomitiche del monte Menna.
Procedendo lungo il crinale in direzione Sud Ovest il sentiero perde quota per poi risalire brevemente alla dirimpettaia Cima Baresi (1192m), altra bella sommità rocciosa purtroppo deturpata da un’antenna per la telefonia di recente installazione. Da cima Baresi il sentiero scende in direzione Sud passando per il roccolo dei Giustì e, poco più in basso, raggiunge la vecchia casa, ormai disabitata, del guardiano della condotta della centrale di Bordogna (1070m). I tubi della condotta precipitano verso la centrale con pendenze sorprendenti. I gradini di servizio che corrono ripidissimi a lato dei tubi hanno rappresentato, per molti anni, il terreno d’allenamento privilegiato dei più forti atleti della zona. Nel 2017 si tenne addirittura una gara ufficiale, la «535 in condotta», che risaliva tutti i gradini della condotta per 535 metri di dislivello.
La casa occupa una posizione panoramica privilegiata con vista sulla piana di Lenna e sul lago del Bernigolo. La discesa finale su Baresi (sentiero CAI n° 272) è una schioppettata e si accompagna a un crescente senso di appetito che trova il suo naturale epilogo al tavolo del rifugio escursionistico Valle del Drago, amabilmente gestito da Marco e Lara che ci propongono alcuni deliziosi piatti della tradizione locale.
P.S. l’itinerario qui descritto è lungo poco più di 10 km con 630m di dislivello positivo e richiede tre ore abbondanti di cammino. Tutti i sentieri che abbiamo percorso sono ben segnalati con cartelli e bolli bianco/rossi. Per chi ha poco tempo a disposizione suggerisco di raggiungere la Porta delle Cornacchie partendo da Roncobello. Un comodo sentiero consente, con poca fatica, di raggiungere la cima in meno di un’ora.
(foto di Camillo Fumagalli)