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Al di là del fiume: pomeriggi d’inverno a Trezzo sull’Adda

Articolo. Trezzo sull’Adda offre un viaggio tra storia, arte e natura. Dalla Chiesa dei Santi Martiri Gervasio e Protasio al centro storico con Casa Bassi, fino a Villa Visconti Crivelli e la Quadreria Crivelli. Iconici la Centrale Taccani e il Castello Visconteo, immersi nella magia del fiume e della nebbia.

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Un raggio di sole è riuscito a bucare la coltre di nubi di questi giorni umidi e la facciata della chiesa dei Santi Martiri Gervasio e Protasio di Trezzo sull’Adda abbandona il tono grigiastro del cielo e si colora di un leggero rosa. Sembra quasi un invito ad entrare per immergersi nell’atmosfera raccolta dell’edificio e per ammirare il grande affresco della Pentecoste nell’abside e le pale d’altare di Pogliaghi nelle cappelle a sinistra.

La chiesa ha origini trecentesche e una lunga storia che arriva sino agli inizi del Novecento, quando Gaetano Moretti si occupò del restauro della facciata, che si affaccia su un cortile circondato da un portico di mattoni e della ricostruzione del campanile. Quello che vediamo ora insomma non è lo stesso campanile di cui Renzo dei Promessi Sposi sentiva i rintocchi durante la sua notte tormentata sulle sponde dell’Adda, in fuga dai tumulti di Milano: «Sentiva in quel vasto silenzio, rimbombare i tocchi di un orologio: m’immagino che dovesse essere quello di Trezzo».

Dopo aver visitato la chiesa mi addentro nel centro storico di Trezzo, accedendovi dalla Porta di Santa Marta. Le strade sono silenziose, ma i bar e le gelaterie di piazza della Libertà sono piuttosto frequentati, a quest’ora del sabato pomeriggio.

Su un angolo della piazza si apre il portico d’ingresso della chiesa di San Rocco, un oratorio le cui origini risalgono al XIII secolo, dalla facciata chiara e quasi nascosta e dagli interni di una bellezza semplice e intima.

Prima di scendere verso il fiume passeggio ancora un po’ per il centro storico, e mi ritrovo a passare davanti a Casa Bassi, nascosta dietro a un portone e all’apparenza inaccessibile. In realtà di tanto in tanto i proprietari odierni tengono visite guidate, e io stessa ho partecipato in una di queste occasioni.

La famiglia proprietaria discende da Francesco Bassi, consorte di Margherita Trotti, donna animata da un particolare attivismo civico verso la città di Trezzo e nipote nientemeno che del buon vecchio Alessandro Manzoni. La villa è una dimora storica del Cinquecento e attraversarne le stanze decorate elegantemente, sebbene vissute da una famiglia che ne apre le porte con tanta cura, equivale a fare un tuffo in un passato ricco di aneddoti, di curiosità e delle storie di tutti coloro che hanno frequentato Casa Bassi nel corso del tempo, come abitanti o visitatori occasionali.

Anche se è solo metà pomeriggio il sole inizia già a calare e il freddo a farsi più intenso, mentre attraverso i bei giardini curati di Villa Visconti Crivelli. In questo edificio, che oggi è la biblioteca comunale intitolata ad Alessandro Manzoni, c’è un piccolo museo che sospetto sia meno conosciuto di quanto si meriti: la Quadreria Crivelli.

Per via della sua felice posizione sulle sponde del fiume, Trezzo a partire dal Seicento divenne un luogo piuttosto gettonato per le ville di delizia, dove i nobili si ritiravano in villeggiatura per fuggire dalla calura estiva. Villa Visconti Crivelli era proprio una di queste dimore. Dopo diversi passaggi di proprietà vi si stabilì Vitaliano Crivelli, patriota risorgimentale e appassionato d’arte, che dal 1860 iniziò a collezionare le opere che ora sono esposte nelle tre sale della Quadreria. Il museo è visitabile il sabato pomeriggio oppure con visite guidate private prenotabili attraverso la Pro Loco, e a volte vengono anche organizzate mostre temporanee molto interessanti.

Dal tranquillo parco che circonda la Villa Crivelli accedo al breve sentiero letterario-musicale dedicato all’imprenditore trezzese Bruno Barbieri, che scende fino al fiume Adda.

«Troppo tardi per godersi il panorama!». Non posso dare torto alle due signore a braccetto, che mi salutano affrettandosi infreddolite di ritorno dalla loro passeggiata. E in effetti dal fiume si sta levando un velo di nebbia che davanti al circolo dei canottieri mi fa desistere dal procedere lungo l’alzaia dell’Adda. Peccato. È un tratto del fiume molto bello e frequentato, che nelle giornate di sole dona scorci che sembrano dipinti. Avendolo percorso decine di volte, rientro seguendo nella scia profumata delle due signore, che sempre a braccetto fanno rotta verso il tepore del bar ricavato da un ex lavatoio.

Davanti a me, sopra la linea piatta che disegna l’ansa del fiume, ecco i due luoghi più iconici di Trezzo: la Centrale idroelettrica Taccani e, in posizione poco più elevata, il Castello Visconteo.
Anche qui c’è lo zampino dell’architetto Gaetano Moretti, che nei primi anni del Novecento ricevette l’incarico di costruire la centrale idroelettrica da Cristoforo Benigno Crespi, con l’intento di fornire energia al cotonificio di Crespi d’Adda. Il Moretti, per creare armonia con i ruderi del castello e il paesaggio circostante, scelse di utilizzare il grigio ceppo dell’Adda come materiale di costruzione.

La struttura è un vero gioiello di archeologia industriale, dallo stile eclettico che si riassume in una facciata che pare ricamata e in volute eleganti di ferro battuto sia nei lampioni esterni che nelle ringhiere delle scalinate interne. La Centrale Taccani è spesso visitabile grazie alle visite guidate della Pro Loco, ma è ancora operativa. Dal 1906 ad oggi la struttura è stata adeguata a livello di tecnologia e processi, ma il servizio non si è mai interrotto.

Mi restano ormai pochi minuti di luce e imbocco in fretta la salita che dal fiume sale verso il Castello Visconteo. Il parco che circonda i resti delle sue mura antiche è uno dei miei luoghi preferiti in estate, quando tra le fronde ombrose degli alberi che circondano il pozzo può capitare di scovare qualche scoiattolo. Anche in questo periodo più freddo però non delude: vengono infatti organizzati simpatici eventi natalizi per i bambini e viene sempre allestito un presepe a grandezza naturale.

Scambio due parole con i volontari della Pro Loco, che gestiscono anche al castello visite guidate ed eventi, e uno di loro prova a convincermi a salire sulla torre, per godermi il panorama sull’Adda e sulla zona d’incontro tra Bergamo e Milano.
«Ci sono già stata in giornate decisamente più nitide!», provo a ribattere.
«Vedrai, la nebbia che sale dal fiume… Vedrai che anche oggi l’esperienza avrà il suo perché», insiste.

Accetto e inizio a salire i gradini. L’ultima volta che ho percorso queste scale era una bella giornata di fine estate, senza afa, e la vista dall’alto dei 42 metri della torre sulla conca del fiume mi aveva davvero stupita. Accompagnata dalla guida avevo anche visitato i misteriosi sotterranei e le prigioni dove fu avvelenato Bernabò Visconti, ovvero colui che fece costruire il castello nel 1360, sui ruderi di un’antica fortezza del Barbarossa. (Bernabò venne imprigionato e ucciso dal nipote Gian Galeazzo, ma la famiglia Visconti fu costretta a lasciare il castello all’inizio del Quattrocento, dopo la conquista da parte dei Colleoni, ndr).

Mentre la mia mente divaga tra le vicende medievali del Castello di Trezzo, le mie gambe mi portano fino alla sommità della torre. Esco all’aperto e quasi mi viene da ridere: la nebbia si è alzata e il suo manto opaco ricopre tutto. Sono sola con lo scrosciare dell’Adda che mi giunge ovattato e il vento gelido che muove un tricolore sdrucito e riesco a indovinare solo i profili illuminati dai lampioni delle case più vicine.
Pare che la nebbia sia un fiume, e la torre un’isola a cui aggrapparsi.

Non posso negarlo: l’esperienza ha il suo perché.

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