Il rifugio Laghi Gemelli rappresenta una meta classica per gli escursionisti nostrani. Nelle domeniche d’estate una lunga processione conduce al rifugio centinaia di appassionati. Numerosi sono i sentieri di accesso alla conca dei laghi Gemelli: Il più gettonato sale da Carona, il più breve dalle baite di Mezzeno (Roncobello), il più blasonato segue il sentiero delle Orobie partendo da Valcanale (in Valle Seriana) e, il più lungo sale da Valgoglio percorrendo tutta la val Sanguigno (oppure i laghi di Valgoglio fino al passo d’Aviasco). Qualunque sia la provenienza, la maggior parte degli escursionisti conclude le proprie fatiche rifocillandosi al rifugio o gustando un panino presso le rive dello splendido lago.
Pochi sanno che a pochi minuti dal rifugio, in un contesto completamente isolato e selvaggio, si nasconde un gioiellino che merita una sosta contemplativa: il Laghetto della Paura. Il nome incute un po’ di timore e in effetti il lago giace incastonato in una conca severa, sovrastata da rocce minacciose ed enormi massi. Solo qualche raro alberello e alcuni ciuffi di rododendro sono riusciti ad avere il sopravvento sulle pietraie d’intorno. Nelle giornate di sole l’acqua assume una tonalità verde azzurra limpidissima ed invitante, ma è decisamente fredda. Quando il cielo si fa minaccioso, il lago diventa plumbeo, le rocce che prima riflettevano il sole, ora sono scure e nella conca si insinua un forte vento che invita a un repentino ripiegamento verso lidi più sicuri…. ecco rivelato il perché il lago porta tale nome.
Da Branzi al laghetto della Paura
Il percorso che oggi propongo prende il via dall’abitato di Branzi. Evitiamo così il problema del posteggio presso il lago di Carona e l’affollamento del sentiero classico. Si può partire indifferentemente da via Cagnoli nei pressi del campo sportivo (825m) oppure dalla cascata Borleggia (840m). In entrambi i casi i sentieri si congiungono dopo pochi minuti. Il percorso è contrassegnato dal segnavia CAI n° 212.
Si sale subito con decisione nella fresca abetaia su pendenze molto allenanti. A quota 1110m si incrocia la strada piana (lungo sentiero con alcuni tratti spettacolari che congiunge Carona con Roncobello). Poco dopo si entra in una zona priva di vegetazione arborea per via di un taglio di bosco avvenuto in conseguenza degli effetti del famigerato bostrico (parassita che uccide gli abeti). Da qui si può godere di un interessante panorama sulla vallata. Rapidamente si raggiunge la località Grassi (1400m) dove sono presenti alcune baite ben tenute e utilizzate dai pastori durante la transumanza. A quota 1680 nelle vicinanze del sentiero si trova il cippo commemorativo dell’ing. Rho, morto durante la costruzione della diga nel 1923. Ancora un piccolo sforzo e, quando le pendenze si fanno più dolci, ci ritroviamo nei pressi della diga di Pian delle Casere (1815m). Il colpo d’occhio che si ha dalla diga è unico: sembra di essere in un angolo di Trentino. Il grande lago è il preludio alla conca dei laghi Gemelli che si mostra in tutta la sua amenità e ampiezza. I boschi che circondano le sue sponde si diradano per lasciare il posto a pascoli rigogliosi e, più su, alle cime elegantissime del Pizzo del Becco e del Pizzo Farno (entrambe superano i 2500m). Sulle rive del lago è facile scorgere appassionati pescatori alla ricerca della prelibatissima trota fario.
Dalla diga di Pian delle Casere si può continuare sulla sinistra (guardando il lago) lungo sentiero CAI n°212 che, raggiunte le abitazioni dei guardiani delle dighe, si innesta sul percorso classico che sale al rifugio da Carona (CAI n°211); in alternativa consiglio invece di imboccare il sentiero sulla destra (n° 250) che attraverso pascoli rigogliosi e boschetti di conifere, senza grande fatica, permette di raggiungere il rifugio laghi Gemelli in incantevole solitudine.
La doverosa sosta presso il rifugio (1961m) consente di ammirare il lago e le sue profonde acque blu. E la fantasia corre a cercare di immaginare i due laghetti originari tanto simili tra loro da essere chiamati gemelli. Erano separati solo da una sottilissima lingua di terra.
Così era fino al 1932 quando il progresso industriale impose la costruzione della diga. Lo sbarramento artificiale fece innalzare il livello delle acque al punto da unire i due laghi in un unico bacino. Ricordo quando, nel 2005, in occasione dei lavori di consolidamento della diga, il lago venne svuotato e agli occhi dei viandanti comparvero i due specchi d’acqua separati come un tempo. Certo, l’invaso privo delle acque faceva assumere al paesaggio un aspetto lunare, ma i due laghi in quel contesto quasi spettrale spiccavano in modo distinto e suggestivo.
Ma torniamo al rifugio! Procediamo ora in direzione del passo di Mezzeno (sentiero CAI n° 215). Dopo pochi minuti si raggiungono alcune baite in posizione invidiabile sulle rive al lago. Proprio in corrispondenza delle baite, dove il sentiero compie una curva che contorna una bella ansa del lago, ci stacchiamo sulla destra risalendo per tracce (non esiste un vero e proprio sentiero) lungo una conca pascoliva. Giunti in breve alla sommità della conca, procediamo sul percorso più logico, in direzione nord est, per poche decine di metri fino a giungere ad un piccolo valico. Appena sotto, ecco comparire il magnifico Laghetto della Paura (1984m). E come per magia ci lasciamo catturare dal fascino di questa meraviglia, così segretamente nascosta ma altrettanto vicina alla civiltà.
Per il rientro conviene tornare sui propri passi fino al rifugio, anche se si potrebbe continuare lungo una traccia di sentiero che dal lago, seguendo alcuni ometti, conduce a delle baite ai piedi del pizzo dell’Orto da cui si può scendere al lago di pian delle Casere (ma fate attenzione, è una zona in cui i sentieri non sono segnati ed è facile perdersi!).
Qualche indicazione sui tempi di percorrenza: da Branzi al lago Pian delle Casere calcolare un paio d’ore camminando di buon passo (1000m di dislivello). Dal lago Pian delle Casere al rifugio laghi Gemelli occorre circa mezz’ora. Dal rifugio laghi Gemelli si raggiunge il Laghetto della Paura in meno di quindici minuti.
La leggenda dei laghi Gemelli
Molto interessante è la leggenda dei laghi Gemelli, una bellissima storia d’amore con un finale triste come tantissime leggende dei popoli di montagna: lei è bellissima e appartiene ad una famiglia benestante di Branzi; lui, alto e forte, è un umile pastore della Val Taleggio. Si innamorano, ma il loro amore è contrastato dalla famiglia di lei, in particolare dal padre, che l’ha promessa in sposa a un ricco proprietario di fucine di Isola di Fondra, antipatico e piuttosto attempato. La ragazza, appreso il disegno paterno, prega piangendo il padre di concederla in sposa al pastore, ma lui, inflessibile, le ordina di maritare il possidente. Dopo aver versato molte lacrime la giovane acconsente al matrimonio ma, in cuor suo mai rassegnata, decide di giocare l’ultima carta. Così, a pochi mesi dal matrimonio, si rinchiude nella propria stanza, smette di mangiare e si finge in preda a squilibri mentali. Il padre, disperato per le sue condizioni fisiche e nervose, chiede aiuto ad un medico. Costui, nonostante la fama e l’indiscussa esperienza, non riesce a guarirla. In visita alla ragazza si presentano altri luminari della medicina ma nessuno riesce nell’intento.
Finché un giorno si presenta al padre un giovane medico, un po’ rustico e grossolano nella parlata ma molto sicuro di sé e del proprio infallibile metodo terapeutico. Il padre, non sapendo più a chi rivolgersi, affida la figlia alle cure del giovane medico. Costui si reca tutti i giorni dalla giovane e con il passare del tempo riesce nell’impresa di farle tornare il sorriso e farla mangiare. Naturalmente non di un medico si trattava, bensì dell’amato pastore che non si lascia sfuggire l’occasione di stare accanto alla sua amata. Le sue continue visite iniziano però a insospettire i parenti di lei, così i due giovani decidono di fuggire. Nel cuore della notte scappano verso la montagna, ma quando arrivano al Pian delle Casere sentono le campane della valle che segnalano la loro fuga. Iniziano così a correre nel buio della notte, ma la ragazza tradita mette il piede in fallo e cade ferita. Il pastore allora prende tra le braccia la sua amata e continua la fuga, salendo i ripidi pendii che conducono al pizzo del Farno. La stanchezza e le tenebre disorientano il giovane che si ritrova a vagare in una zona molto insidiosa. L’epilogo è tragico, i due innamorati stretti nell’abbraccio scivolarono rovinosamente al fondo di un precipizio dove trovarono la morte. In quel punto esatto si formarono due conche da cui sgorgarono le acque che diedero origine ai Laghi Gemelli …. ma …. dal 1932, il destino ha voluto che i due innamorati si siano ritrovati di nuovo uniti in un unico splendido lago!
La dedica al partigiano Pedretti
Nel 2013 il sentiero è stato dedicato al partigiano Ercole Pedretti, campione di sci di Branzi, ucciso il 22 gennaio 1945, poco sopra il paese, vittima di una retata. Questo percorso era utilizzato dai partigiani della brigata “Cacciatori delle Alpi” per raggiungere la base operativa, il rifugio Laghi Gemelli. Nel corso del rastrellamento in cui perse la vita Ercole Pedretti, i fascisti riuscirono a spingersi fino al rifugio senza però trovare nessuno perché i partigiani si erano tempestivamente ritirati al lago Nero (Valgoglio). Prima di ripiegare a valle i fascisti bruciarono il rifugio e distrussero ogni cosa. I lavori di ricostruzione del nuovo rifugio iniziarono nel 1946 e terminarono nel 1948.