Oltre a scrivere articoli per Eppen, da più di un anno lavoro come content specialist in una web agency. In sostanza, mi occupo di scrivere news e contenuti di valore per varie aziende che si affidano all’agenzia per gestire la loro comunicazione online. E quindi io divento – letteralmente – la voce di business tra i più disparati: dalle aziende di spedizione, agli store di alta moda, fino ad arrivare alle ditte che smaltiscono rifiuti. Ovviamente, gestire tutte le dinamiche comunicazionali richiede registri linguistici molto diversi tra di loro. In gergo, si parla di «Tone of Voice».
Il «Tone of Voice» («ToV») è l’insieme di tutti gli elementi stilistici, linguistici, lessicali e semantici che costituiscono il modo in cui un brand esprime sé stesso. Che, nella pratica, corrisponde al modo in cui un’azienda modula il proprio tono di voce per parlare ai propri clienti. Quindi è come se ogni giorno, quando entro in agenzia dalle 9 alle 13, diventassi allo stesso tempo un’esperta di smaltimento di rifiuti, di energia rinnovabile, una consulente di immagine o vendessi abbigliamento sportivo. Devo dire che la mia identità è stata messa a dura prova da questi continui switch, ma perché vi racconto tutto questo?
Perché la scorsa settimana il nostro CEO, durante uno dei soliti momenti dedicati alla formazione interna, ha condiviso con tutti i dipendenti l’evoluzione di una nuova forma di intelligenza artificiale che è già stata introdotta in molte agenzie come la nostra e che potrebbe stravolgere il nostro modo di lavorare, almeno in potenza. Ovvero, ci ha presentato Chat GPT , un prototipo di chatbot basato su intelligenza artificiale e machine learning (apprendimento automatico) che è in grado di fare conversazione con un utente umano.
Per farla semplice, ci troviamo di fronte a una finestra di dialogo con un’interfaccia a dir poco intuitiva che restituisce testi generati in pochi istanti. Basta digitare una domanda o una parola chiave e Chat GPT restituirà testi che un “limitato” essere umano formulerebbe in un’ora o due, come minimo.
Dopo aver sentito questa spiegazione, mi sono alzata in piedi e ho detto al mio capo, di fronte a venticinque persone: «Bene, ciao a tutti, è stato bello lavorare qui». Si sono messi tutti a ridere, ma la mia provocazione era giusta: quali sono a livello operativo le ricadute e le potenzialità di questa tecnologia talmente dirompente da sembrare distruttiva?
Chat GPT alle origini del mito
Il significato letterale di Chat GPT è «Generative Pre-trained Transformer», traducibile in «trasformatore pre-istruito generatore di programmi di dialogo». Il prototipo è stato sviluppato da OpenAI, un ente no profit fondato da Elon Musk nel 2015, paradossalmente per contenere i rischi di uno sviluppo incontrollato delle intelligenze artificiali.
L’intelligenza artificiale è una disciplina che realizza sistemi informatici in grado di simulare il comportamento del pensiero umano. E l’efficienza dei sistemi di IA dipende dal fatto che riescono a processare enormi quantità di dati, in quanto sono in grado di creare schemi ricorrenti che vengono usati per fare previsioni.
Non a caso, nell’informatica, per descrivere i modelli di apprendimento automatico si parla di reti neurali. Si tratta di modelli matematici progettati per riprodurre il comportamento dei neuroni umani, utilizzando degli algoritmi in grado di analizzare grandi quantità di dati in parallelo. Per analizzare il dataset, nel caso di Chat GPT, sono stati utilizzati 175 miliardi di parametri. Possiamo identificare un parametro come la connessione tra un neurone e l’altro della rete neurale alla base del modello stesso.
Per testare il suo modello, OpenAI ha utilizzato un dataset formato da 45 terabyte di testo: capirete bene che, per quanto mi sforzi ogni giorno di fare switch tra un costume e l’altro, non sarò mai così veloce.
Chat GPT è un potente strumento di elaborazione del linguaggio naturale, che può essere utilizzato non solo per rispondere a degli input in un linguaggio naturale, ma anche per completare o suggerire testi sulla base di input parziali. Ciò permette di generare descrizioni, titoli ma anche accuratissime traduzioni multilingue istantanee. Può essere utilizzato per riassumere testi, ma anche per analizzare il sentiment del testo, consentendo di determinare se un testo è positivo, negativo o neutro. E ciò è molto utile per attività come il servizio clienti o il monitoraggio dei social media e per contenere gli episodi di razzismo e via dicendo.
Da questa breve sommatoria, risulta abbastanza chiaro perché la mia sedia in agenzia ha iniziato a traballare. Era come se mi trovassi ai bootcamp di un talent show, nel quale il mio posto sarà destinato a una macchina che è in grado di simulare il comportamento di un essere umano. Una macchina che, a differenza mia, non ha bisogno di potenziare le sue soft skills, di pause caffè, non si deve preoccupare del benessere dei dipendenti e di tutte quelle dinamiche e di quei plus che sono richiesti alle aziende odierne, a maggior ragione a quelle che operano nel mondo del digital. Dalla mia, però, avevo il mio spirito giornalistico, che mi porta sempre a guardare con un approccio critico tutto ciò che mi si presenta davanti. E io, onestamente, volevo fare di più che disperarmi.
Anche perché molto spesso la tecnologia ha cambiato la nostra vita in meglio: basti pensare alla ruota, che ha sostituito gli animali da traino e ha migliorato la vita sia a noi che ai buoi. Il punto è che le tecnologie moderne fanno un passo ulteriore, tanto che gli esperti del settore parlano di «tecnologie dirompenti».
Le «disruptive innovations» come Chat GPT non sono innovazioni rivoluzionarie che alterano drasticamente il modo in cui si fa il business. Si tratta, piuttosto, di prodotti e servizi piuttosto semplici, accessibili e convenienti. Questi prodotti e servizi all’inizio possono apparire modesti, ma nel tempo hanno tutto il potenziale per trasformare un’industria. L’elemento di preoccupazione tra gli esperti, quando si introducono delle tecnologie dirompenti, deriva proprio dal loro essere spesso più convenienti di un concorrente “umano”.
È importante comprendere la portata di innovazioni come Chat GPT, perché si tratta di strumenti che le persone possono usare per prevedere il comportamento altrui. In sostanza, è come se la ruota non si limitasse a sostituire il bue, ma cercasse di capire dove vogliamo andare per indirizzare i nostri viaggi futuri.
Chat GPT, per poter sostituire un essere umano a tutti gli effetti, ha ancora ampi margini di miglioramento. Oltre al fatto che ha sempre bisogno di un essere umano che fornisca input prima di generare i contenuti. Ciò non toglie che molte aziende preferiscano puntare sul risparmio di tempo che sulla qualità dei contenuti. E questo va ovviamente a discapito di tutte le persone che da qui in poi saranno considerate un costo eccessivo per le aziende che fondano il loro business sulla generazione di contenuti.
Quindi, come correre ai ripari?
A tu per tu col mostro
Onestamente, quando sono arrivata a casa dopo aver ascoltato il mio capo parlare di questa intelligenza artificiale in grado di realizzare cortometraggi, piani editoriali, creare loghi e nomi per le aziende che hanno già vinto premi cinematografici, il mio primo pensiero è stato mettermi al pc e provare a sfidare il mostro. Non ero spaventata, anzi, tutt’altro. Ero divertita e incuriosita. Così, ho cominciato a porgli domande esistenziali, introspettive, spirituali e lì sono emerse le prime falle.
Un dato interessante è che Chat GPT non commette errori di battitura che sono, appunto, umani. Ma quando una mia collega mi ha parlato della possibilità di generare testi «poetici» ho immaginato una ragazza «timida, introversa, altruista e gentile». E ho dato questi input alla macchina, che ha cominciato diligentemente a restituirmi il risultato che le avevo chiesto, che si discostava di gran lunga da quello che mi aspettavo:
«C’era una volta una ragazza, timida e introversa, ma così gentile,
con un cuore grande e un sorriso d’argento,
che amava aiutare chiunque avesse bisogno.
Non parlava molto,
ma quando lo faceva, le sue parole erano dolci come miele,
e nei suoi occhi brillava una luce, che ti faceva sentire al sicuro e amato.
Era sempre pronta a dare una mano, senza mai chiedere nulla in cambio,
e la sua voce era come una carezza,
che calmava l’anima e il cuore.
La gente la amava per questo,
perché era un esempio di altruismo,
la sua bontà si diffondeva ovunque,
come una fiamma che arde senza sosta.
E così questa ragazza, timida e introversa,
diventò un faro di speranza per tutti,
e il suo sorriso fu la chiave per aprire cuori,
rendendo il mondo un posto migliore per vivere».
Ora, capirete bene che da un’intelligenza artificiale mi aspetto di più. O quanto meno, mi aspetto che mi restituisca un testo con un livello di profondità maggiore di quello che avrebbe un bambino di terza elementare. Forse – anzi, probabilmente – è così, ci sono intelligenze artificiali più accurate. Ma qui il nocciolo della questione è un’altra.
È che probabilmente in un prossimo futuro le intelligenze artificiali ci supereranno nell’operatività. Sicuramente, mentre scrivo questo articolo, lo hanno già fatto. Ma noi, intendo noi esseri umani, abbiamo un dono preziosissimo e spesso sottovalutato, a cui tutti gli studiosi di intelligenze artificiali si aggrappano disperatamente.
C’è infatti un ultimo brandello da allenare con costanza che ci farà uscire sempre vincitori da questa battaglia tra titani: la nostra fastidiosissima, brulicante, pruriginosa coscienza. Quella facoltà che è propria dell’essere umano, la consapevolezza di essere nel mondo, di saper leggere e valutare gli eventi, attribuendogli un significato che si declina in modo diverso per ciascuno di noi. Siamo esseri umani fatti di carne e di fede, di sentimenti e disillusioni, di passioni, ricordi, nostalgie e rimpianti.
Ecco, perché ogni volta che guardo quella ragazza timida, gentile e impacciata, non posso che pensare alla prima volta in cui l’ho vista sorridere, all’odore del mare, a quella volta in cui ha pensato che forse sarebbe stato meglio mollare, al giorno in cui ha messo in una valigia i suoi dispiaceri e le sue speranze e ha pensato che semplicemente sarebbe andato tutto bene. Che doveva per forza andare tutto bene, da lì in poi…
Ma cosa volete che ne sappia una disumana intelligenza artificiale?