«Sono intorno a noi, in mezzo a noi. In molti casi siamo noi», come diceva Frankie Hi-Nrg nell’immortale «Quelli che benpensano» ,: sto parlando delle persone che hanno mostrato a tutti i ritratti ottenuti dando in pasto la propria immagine a una Intelligenza Artificiale.
Non è la prima volta, a dirla tutta, anzi, sono mode che arrivano a ondate, una volta qua era tutta Faceapp, adesso invece è il turno di Lensa. Più o meno le funzioni sono le stesse, basta farsi qualche selfie per poi vedere come potrebbero essere versioni di noi più giovani, più vecchie, vestite da astronauta, con capelli differenti e così via. A dirla tutta Lensa è in giro dal 2018, ma il successo è arrivato solo di recente, grazie alla funzione Magic Avatar che sfrutta l’algoritmo di intelligenza artificiale Stable Diffusion per creare ritratti che sembrano realmente disegnati da artisti di vario stile.
Rispetto a quanto visto fino a oggi Magic Avatar non è gratis, anzi, dopo sette giorni chiede 29.99 euro per un abbonamento annuale e la versione gratuita è molto limitata. Inoltre, Magic Avatar chiede il pagamento una tantum di altri 3.99 euro per 50 immagini divise in 5 varianti e 10 stili differenti.
Piccola cronologia delle IA che disegnano
È sotto gli occhi di tutti, anche chi magari non segue il settore e legge di sfuggita i social che in questi ultimi mesi il tema delle IA in grado di creare immagini partendo da una descrizione più o meno vaga sia esploso. Di IA in grado di scrivere e disegnare o correggere le immagini si parla da anni ma solo ultimamente queste tecnologie hanno raggiunto una semplicità d’uso e una diffusione tali da fare il salto nel mainstream.
È infatti ad aprile del 2022 che Open Ai, già responsabile di GPT-3, un sistema di elaborazione testi estremamente evoluto, fa debuttare Dall-E2, un generatore di immagini a cui bastano poche righe di testo per sviluppare immagini molto precise. Entro poco tempo arrivano anche Stable Diffusion e Midjourney e la rete si riempie delle immagini più disparate, ma anche di dibattiti su che ne sarà di alcune professioni legate al disegno.
Non si parla tanto di fumettisti e artisti già conosciuti quanto di tutti quei casi in cui a volte si usano immagini stock o illustrazioni per copertine, concept e così via. C’è grande confusione anche sulla questione etica del tutto: da dove arrivano le immagini che le IA utilizzano per capire le descrizioni e riprodurre uno stile? Sono realmente opere liberamente disponibili, come spiega chi ha programmato gli algoritmi oppure no, come sostengono alcuni artisti che vedono il proprio stile riprodotto senza autorizzazione? E per quanto la democratizzazione del processo sia importante, siamo così sicuri che abbia senso farlo utilizzare proprio a tutti, esponendoci al rischio di notizie false, come le presunte immagini di Lady Gaga col costume di Harley Quinn , persone che si fingono altri sui social o altri utilizzi poco chiari, come quello legato alla pornografia?
Il tuo volto per pochi spicci
Il problema cruciale che forse non è balzato alla mente di chi ha dato qualche euro per i ritratti, riguarda anche la privacy. So bene che ormai della questione privacy sembra non importare più a nessuno dopo che l’abbiamo svenduta per poter farci i fatti degli altri e raccontargli i nostri o per accedere a un test per capire quale principessa Disney eravamo e altre amenità del genere, ma almeno in quei casi non pagavamo. Quando date una vostra foto in pasto a Lensa quella viene cancellata dai server entro 24 ore, però si parla solo delle foto originali, tutte le foto generate restano a disposizione dell’app e dei suoi creatori, che possono farne ciò che vogliono.
C’è scritto nei termini d’uso, quelle cose che nessuno legge mai e accetta a scatola chiusa: «concedi una licenza perpetua, revocabile, non esclusiva, priva di royalty, a livello mondiale, interamente pagata, trasferibile, sub-licenziabile per usare, riprodurre, modificare, adattare, tradurre, trasferire, creare opere derivate dai tuoi contenuti, senza ulteriore compenso per te».
Quindi le vostre facce possono essere usate per fare pubblicità all’app, magari anche su un cartellone per strada, per allenare ulteriormente la IA, potrebbero farne persino delle magliette, per quel che ne sapete. Probabilmente l’idea non vi disturba, ma è proprio grazie a un misto di vanità e menefreghismo che da anni molte aziende possono andare avanti, prosperare e fare un sacco di soldi mentre noi volontariamente creiamo contenuti per loro. D’altronde era facile cadere nel tranello, sono pochi soldi e quei ritratti sono così carini, perfetti come contenuto da utilizzare per Instagram, Facebook e così via. Come dice Al Pacino ne «L’avvocato del Diavolo»: «La vanità è decisamente il mio peccato preferito. Kevin, è elementare. La vanità è l’oppiaceo più naturale».
IA e pregiudizi
Un altro tema emerso dall’arrivo sui social di questi ritratti sono i pregiudizi visivi di cui sono intrise, perché ovviamente le IA sono programmate da persone, e quelle persone possono anche averne. Se avete un corpo “conforme” ovvero rientrate nei canoni che la società ha deciso come “normali”, va tutto bene, ma in tutti gli altri casi la vostra corporatura verrà diminuita o ingrandita per rientrare in ciò che la IA conosce. Ma c’è di peggio, perché al di là dei corpi ci sono anche gli archetipi che questi ritratti mettono in scena.
Ad esempio molti utenti hanno fatto notare che le donne tendono ad avere pose discinte e sessualizzate, con meno vestiti addosso, mentre gli uomini vengono spesso presentati in atteggiamenti fieri e bellicosi. Prima di alzare gli occhi al cielo e dire che tutto sommato va bene così, perché è sempre stato così e che noia le IA politicamente corrette sappiate che questa tendenza si applica anche alle foto di minori. Una giornalista di Wired infatti ha scritto un articolo per raccontare come le sue foto d’infanzia siano state di fatto trasformate in materiale pedopornografico. E pensate se qualcuno decidesse di dare il vostro volto in pasto a una IA che crea finte foto porno per ricattarvi. A questo si aggiunge anche la questione dei toni della pelle, anche in questo caso viene messo in atto un processo di omogeneizzazione e le tonalità più scure vengono sbiancate.
Quando si parla di «razzismo» delle IA si parla esattamente di questo. Non è che un computer può avere dei pregiudizi verso le persone di colore o tutti quelli che non sono caucasici, ma se i dati inseriti nell’algoritmo riguardano quasi solo persone bianche il risultato non può che cancellare tonalità di pelle che rappresentano una variazione. Il mancato inserimento di persone di colore negli algoritmi è un problema che riguarda anche la sicurezza, perché nell’era dell’identificazione tramite riconoscimento facciale comporta un rischio molto alto di scambi di persona. Amnesty International parla addirittura di una tecnologia che si rivela inesatta nel 95% dei casi.
Forse la prossima volta, invece di spendere 3 euro, può valere la pensa di spenderne 30 e farsi fare un bel ritratto da un artista che vi piace o qualcuno che vuole vivere disegnando. Non solo sosterreste una persona in carne ossa, non solo avreste il controllo della vostra immagine, ma così eviteremmo di assistere a una internet invasa da ritratti tutti uguali, da immagini che ricordano qualcosa che abbiamo già visto, un’estetica normalizzata, addomesticata, priva di sussulti, priva di estro. Che poi è l’inevitabile risultato di una cultura che si avviluppa su sé stessa e che, invece di andare avanti tentando, fallendo e innovando guarda solo indietro.
Le IA fanno esattamente ciò di cui accusiamo l’industria culturale quando diventa troppo nostalgica: guardano indietro, analizzano, rielaborano, ma senza quel minimo di sovversione che può metterci l’essere umano. Per questo, tutto sommato, dovremmo essere più sollevati che inorriditi da queste immagini, per quanto possano essere belle sono innocue, utili giusto per farsi belli sui social per cinque minuti. Le IA faranno cose bellissime per l’umanità e questa sarà solo una moda passeggera. Un po’ come quelle serie tv tutte uguali di cui ci lamentiamo, ma che alla fine guardiamo comunque.