La pubblicità in rete è qualcosa che ho sempre trovato diversa dal solito. Quando faccio acquisti online riempio un carrello che non spingo, vedo i prodotti che cerco ma mi manca il colpo d’occhio di un negozio reale, risparmio innegabilmente tempo e, in alcuni casi, anche la fatica di trafficare con pacchi e pacchetti, borse e borsette.
Se poi faccio un paragone con le miriadi di telefonate che arrivano invitandomi a cambiare compagnia telefonica, ad acquistare l’energia elettrica da qualcuno che, per come dicono, nemmeno me la vende ma me la regala, mi sembra che la gif pubblicitaria con la nuova offerta che compare a metà dell’articolo sia ben poca cosa.
Certo, quando ho fretta e nell’aprire un sito il cane delle assicurazioni o chi per lui, mi fa perdere tempo con un video che non posso schippare, allora mi imbestialisco. Però lo ammetto, le adv online non sono come la pubblicità in radio o in tv, loro mi ascoltano, sanno come sono, arrivano al momento giusto e tac, hanno proprio quello che stavo cercando.
Magia!
Magia no. Algoritmo sì. Più semplicemente la pubblicità che appare sul nostro smartphone o tablet o computer quando navighiamo sembra conoscerci così bene perché studia proprio quello che facciamo. Memorizza le parole digitate su un motore di ricerca, sa quanti anni abbiamo, se siamo uomo o donna, che lingua parliamo e dove viviamo. Sa se cerchiamo cose per la casa, se amiamo i vestiti o le serie tv e di conseguenza propone cose affini. Questo è il famoso algoritmo e i famosi cookies di cui tanto si è parlato che prendono informazioni dall’attività stessa che facciamo in internet. Per cui se abbiamo almeno un social, una email, usiamo applicazioni e servizi online, cediamo nei fatti delle informazioni che la pubblicità può utilizzare.
Ma l’algoritmo può essere influenzato?
Cioè posso indirizzarlo a mio piacimento? Questa è la domanda da cui sono partita e, complici le chiusure da pandemia e la necessità di sistemare alcune cose in casa, ho provato a capire se invece di visualizzare pubblicità a caso, potevo far capire all’algoritmo ciò che mi interessava. Brutto? Beh, se lo potessi fare anche con radio e tv mi risparmierei di assistere decine di volte allo stesso inutile spot.
Nella pratica è andata così: mi serviva un forno nuovo, a incasso. Ho fatto una prima ricerca veloce online, digitando le parole chiave sul motore di ricerca, poi ho sfogliato la sezione forni su alcuni siti di elettrodomestici. Non ho realmente cercato un forno, davo distrattamente indicazioni all’algoritmo per qualche minuto e poi basta. Ho lasciato lì. Un paio di giorni dopo l’ho fatto ancora, cambiando leggermente e poi ho chiuso la ricerca. Un paio di giorni dopo, ancora.
Nei fatti non mi sono messa a cercare realmente il forno, non avevo già chiaro quale marca o quale tipologia volessi, semplicemente ogni tanto facevo partire questa ricerca in Google, perché volevo che ad un certo punto arrivasse l’offerta. E l’offerta è arrivata, sotto forma di banner pubblicitario nel sito di un quotidiano che stavo leggendo. Eccolo lì, il mio forno con tanto di link a un video spot emozionale che ha completato l’opera. Ordinato, consegnato, tutto perfetto.
Un po’ più complesso è stato l’esperimento con il mobile della TV. In quel caso non cercavo solo l’offerta, ma un mobile che fosse costruito con una determinata essenza legnosa e poi, non sapevo decidermi. Per settimane ho cercato con le stesse parole chiave, senza arrivare a nulla, a quel punto vedevo già regolarmente pubblicità di arredo più o meno ovunque, tranne che all’inizio dei video. Evidentemente l’adv di Youtube segue altri canali. Poi eccolo. Anche in questo caso un collage fotografico studiato ad hoc mi ha indirizzato sul sito che ha risolto tutti i miei problemi.
A quel punto mi sono convinta di essere una sorta di strega dominatrice dell’algoritmo e di poterlo manipolare a mio piacimento, perciò ho chiesto conferma di questa mia capacità a un amico, Pierluigi Oggionni, consulente aziendale marketing alla Atlantic Technologies, società milanese di consulenza ICT, che mi ha candidamente spiegato che mi sbagliavo.
Non funziona proprio così
“Il sistema che si usa ora permette alle pagine e alle applicazioni della rete di riconoscerti mentre navighi, soprattutto attraverso le cookies di terze parti che, però, sono anche quelle più invasive della privacy e sulle quali si è già posta l’attenzione, tanto che in futuro potrebbero essere eliminate”, spiega. E aggiunge: “In realtà anche i cookies tecnici possono sviluppare finalità pubblicitarie, ma in quel caso è il sito stesso su cui navighi a raccogliere informazioni e proporti qualcosa”.
Nei fatti Pierluigi mi spiega che tutto si muove a classificazioni e che non c’è, al momento, una grandissima intelligenza sotto questo meccanismo, anche se si tratta di una frontiera del marketing in costante evoluzione. “Ogni sito dotato di e-commerce ha una categorizzazione dei prodotti, perciò se hai già comprato un paio di scarpe da loro, per esempio, ad ogni nuovo accesso tenderà a proporti prodotti simili o abbinabili a quelli che hai già acquistato. Altra cosa invece sono i fornitori di pubblicità, che vendono degli spazi commerciali che ti mostrano un’offerta mirata, ma anche in quel caso bisogna sempre considerare una media fra la coerenza della tua ricerca e l’investimento del cliente che vuole farsi pubblicità”.
Poi Pierluigi aggiunge: “Influenzare la ricerca non è una cosa che puoi fare realmente, a meno di cercare insistentemente la stessa cosa per giorni e portare i cookies a memorizzare questa informazione. In ogni caso verranno privilegiati prima i prodotti dei siti che hai già visitato o su cui sei in qualche modo registrata, però nessuno di loro potrà mai effettivamente conoscere il momento in cui tu effettui l’acquisto e quindi, quando quella proposta pubblicitaria diventa inefficace. Questa è un’informazione che solo tu e il canale di e-commerce a cui ti sei affidata conosce ed è una delle strade che si stanno percorrendo per affinare questo meccanismo”.
Cioè? Cosa cambierà?
Pierluigi risponde: “Tra qualche anno la pubblicità online sarà meno generalista e più legata all’interazione che un individuo ha avuto con un particolare fornitore. È un momento di forte cambiamento, dovuto anche a ciò che il legislatore detterà in materia di privacy ed è facile immaginare che sul mercato resteranno solo grossi player, mentre i siti visitati con maggiore frequenza si specializzeranno in offerte e proposte sempre più legate agli interessi della persona”.
In conclusione non ho sviluppato nessun potere magico, ma il forno funziona alla perfezione.