Tiziano Marchesi non ha di certo paura della fatica, tanto meno del sonno. Lui si è infatti abituato ad alternare il giorno e la notte, complici i turni lavorativi che spesso lo portano a vivere fianco a fianco con il buio. Questa tendenza all’adattamento è stata trasferita nello sport – un po’ per orgoglio, un po’ per gioco – tanto da diventare uno dei principali talenti dell’ultramaratona italiana.
Il portacolori dei Runners Bergamo ha infatti conquistato nel corso degli anni un oro a squadre ai Campionati Europei di corsa su pista 24 ore con tanto di record italiano, così come i primati nazionali nella 48 ore su strada e nella sei giorni, percorrendo rispettivamente 413,838 e 914,166 chilometri. Un’impresa non da tutti visto che si è chiamati a sconfiggere la costante comparsa della noia, ma soprattutto il richiamo pericoloso di Orfeo.
«Per chi affronta le ultramaratone, il pericolo più grande è rappresentato dal sonno. Soprattutto quando arriva la notte, esso compare all’improvviso ed è micidiale. Per combatterlo quindi si assumono pasticche di caffeina o sostanze come la Red Bull che ti tengono svegli. Facendo il turnista, sono avvantaggiato, ma anch’io sono costretto a volte a sfruttare alcuni escamotage – racconta Marchesi – Nelle quarant’otto ore che precedono la gara, tendo a memorizzare il percorso per affrontare alcuni percorsi con gli occhi chiusi. Ciò mi ha portato in alcuni casi, soprattutto in gare in Olanda e in Ungheria, ad andare a sbattere contro le transenne e spaccarmi la maglietta, con il mio allenatore che mi ricordava di star attento».
Il sonno è però prezioso e, per chi ama fare le ore piccole, deve ricordarsi che quanto si perde è impossibile da recuperare. Lo sa bene il cinquantacinquenne di Sant’Angelo Lodigiano che, spesso, è costretto a far i conti con l’adrenalina che ti assale in occasione di competizioni così lunghe, ma che soprattutto ti porta a far i conti con l’insonnia. «Non si può pensare di non dormire per un giorno e tornar a casa rimanendo a letto per un altro. Il sonno che si perde non si può più recuperare – sottolinea l’atleta della squadra orobica – La notte successiva alla gara bisogna cercar di dormire al meglio. Farlo non è però semplice, visto che a volte si è talmente stanchi che si fatica pure a prendere sonno. Per qualche giorno si rimane così un po’ intontiti, come larve».
La passione permette di superare ogni difficoltà legata alla fatica fisica, ma soprattutto di andare ogni volta oltre lo spavento che una gara di ventiquattr’ore può lasciare. Scorie che con il passare del tempo svaniscono e vengono sostituite dalla voglia di dimostrare di esser più forti di chi è già abituato a queste latitudini. Proprio una sfida di questa tipologia ha spinto Marchesi a spingersi nel mondo delle ultramaratone.
«Io come tutti ho iniziato con le mezze e con le maratone, tuttavia tentennavo nel completare queste prestazioni, dando del matto a chi le faceva. Nel 1994, parlando con un membro del nostro gruppo di Sant’Angelo, è emerso che la settimana successiva avrebbe fatto la “100 km del Passatore” a Firenze. Mi sembrava qualcosa di eccezionale visto che comunque era più avanti con l’età di me – spiega Tiziano – Così mi sono informato e l’anno successivo ho deciso di accompagnarlo in questa competizione e, in quel caso lui, mi ha battuto, completando la gara in 13h30’ mentre io mi sono fermato in 14h12’. Ancora oggi, quando lo becco, mi ricorda di avermi superato. Da quell’esperienza è nata la passione, nonostante quando sono giunto al traguardo ho pensato “mai più una 100 chilometri”. Poi ovviamente passano i mesi, ti dimentichi la fatica e i dolori e punti così a far ancora meglio».
Con il passare degli anni, la fame di Marchesi è aumentata così come la voglia di allungare le distanze, puntando prima alle ventiquattr’ore e poi alle quarantotto, prove dove si è chiamati a ripetere un circuito il maggior numero di volte possibili in quel lasso di tempo, senza mai fermarsi sino allo scadere del tempo previsto. L’esperienza più bella rimane quella della «Sei giorni del Lago di Balaton», svolta nel 2019 in Ungheria, dove Tiziano ha conosciuto la vera essenza delle ultramaratone, ma più in generale dello sport.
«L’esperienza più significativa è senza dubbio quella sei giorni che mi sono regalato quando ho compiuto cinquant’anni – ricorda l’atleta – Sono stato in testa per cinque giorni e diciannove ore con l’atleta più vicino, un britannico, che si trovava a cinquantacinque chilometri di distanza quando ho subito un’infiammazione a entrambe gli stinchi che mi ha costretto a fermarmi improvvisamente. Ho dovuto attendere il mio manager che mi accompagnasse in infermeria a piedi, ritrovandomi lì l’inglese che, visto il mio stop, ha voluto sincerarsi delle mie condizioni. Nonostante avesse potuto superarmi, ha preferito attendermi lì finché non fossi sceso dal lettino per poter raggiungere il traguardo dei 900 chilometri assieme e scattare una foto. Così è stato: abbiamo percorso a passo d’uomo i tre chilometri che mi mancavano, abbiamo fatto la foto e poi lui è ripartito». «Alla fine lui ha vinto con 920 chilometri percorsi contro i miei 914. Un gesto di sportività che non ho più incontrato, anzi. Due settimane fa nella “100 km delle Alpi” ho sbagliato percorso poco dopo il rifornimento del 40esimo chilometro. La prima delle donne che mi era alle spalle ha visto la situazione, ma non ha avvisato gli organizzatori, dovendo così percorrere quattro chilometri in più per arrivar all’arrivo».
Alla soglia dei cinquantacinque anni Tiziano Marchesi non vuol smettere, anzi, sogna ancora di partecipare un giorno a una sei giorni tenendosi pronto a vestire nuovamente la maglia azzurra nel corso del 2025. «Il 2024 per me è ormai finito – conclude Marchesi – Probabilmente farò la maratona di Reggio Emilia con alcuni amici, ma per me è tutto allenamento. So già che sarò chiamato ad affrontare i Mondiali in Francia con la Nazionale perché purtroppo è uno sport duro, dove non ci sono guadagni e i giovani non vogliono farlo. Sulla base di questo, imposterò il mio programma dove vorrei inserire una quarantott’ore, ma soprattutto la “100 km del Passatore” visto che sarà il trentesimo anniversario dalla mia prima partecipazione».