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Riccardo Nowak, lo “spadaccino” bergamasco che diede vita all’epopea della scherma italiana

Articolo. Ci avviciniamo alle Olimpiadi di Parigi 2024 continuando a raccontarvi storie, spesso poco conosciute, di atleti bergamaschi. Ecco quella di Riccardo Nowak, argento nella scherma ai Giochi di Parigi 1908

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Il cognome potrebbe trarre in inganno, ma Riccardo Nowak era fieramente bergamasco. Tanto fiero da essere considerato finché è rimasto in vita “il primo orobico a prendere parte alle Olimpiadi”, con una medaglia conquistata ai Giochi di Londra 1908. Oggigiorno sappiamo che Enrico Brusoni ha aperto il valzer dei partecipanti otto anni prima, ma quando il 18 febbraio 1950 lo spadaccino cittadino veniva a mancare, il CONI non aveva ancora riconosciuto l’impresa del ciclista di origine toscana, scomparso giusto qualche mese prima.

Le statistiche contano comunque poco rispetto a quanto compiuto da Nowak, uno dei padri nobili della scherma italiana grazie alla sua classe da atleta e da dirigente, che lo ha portato a trascinare l’Italia nel novero internazionale in tutte e tre le armi convenzionali. Ad accompagnarlo su questa strada è il padre, giunto in Italia dalla Boemia a metà dell’Ottocento e trasferitosi ben presto a Bergamo dopo un passaggio a Venezia.

Lungo via Francesco Martinengo Colleoni (l’odierna via Bonomelli) apre un laboratorio di prodotti per tintura di tessuti, tuttavia il futuro del piccolo Riccardo è un altro: il padre costruisce in casa una pedana dove esercitarsi nella più nobile delle discipline, tanto in voga soprattutto nella Mitteleuropa. Riccardo si esercita lì, prima di approdare alla Società Bergamasca di Ginnastica e Scherma, primo ente sportivo nato sul nostro territorio.

Nowak impara a tirare di sciabola, di spada e di fioretto sotto la guida dei maestri Giuseppe Armenante e Roberto Magnani, balzando all’onore delle cronache a 13 anni nel 1892, quando vince a Novara in un’accademia riservata ai ragazzi e un argento in un torneo nazionale in scena a Cremona. Il salto di qualità arriva però nel 1899, quando ottiene un terzo posto in un torneo internazionale ad Asti e un oro a Torino. Nel 1901 trionfa nuovamente a Novara e addirittura viene chiamato l’anno dopo da Magnani per un’esibizione benefica a favore dei terremotati siciliani. In città giungono il maestro catanese Agesilao Greco e il campione olimpico Lucien Mérignac.

Data la rivalità che ha animato il mondo della scherma in giro per il mondo, gli organizzatori decidono di evitare un incontro fra i due, proponendo una sfida ciascuno con Nowak, che non sfigura, anzi, riesce a riempire il Teatro Nuovo di Largo Belotti richiamando pubblico anche dalle città vicine. In città la scherma si diffonde e si creano così una serie di incontri spesso molto cruenti, complice le decisioni del direttore di gara, unico giudice inappellabile. Proprio per evitare dubbi sull’esito delle stoccate, nel 1904 Giulio Legrenzi propone il “bottone smarca stoccate”, un rudimentale apparecchio che segnala il punteggio non appena la lama tocca il corpo dell’avversario. Insomma, un antenato del sistema elettronico utilizzato al giorno d’oggi, presentato il 20 aprile in un incontro fra Legrenzi e Magnani nella sala di Via Torre del Raso.

Nowak continua intanto a fare strage di avversari in giro per l’Europa, battendo anche il futuro campione olimpico Lucien Gaudin al Teatro Verdi di Trieste nel 1904. Viene paragonato da La Gazzetta dello Sport agli antichi spartani e ai soldati di Temistocle. Complice la sua esperienza internazionale, raggiunge a quel punto il riconoscimento più importante della carriera: rappresentare l’Italia alle Olimpiadi Estive di Londra 1908 in qualità di capitano della squadra di scherma.

Al White City Stadium, a Sheperd’s Bush, non lontano da Portobello Road, Nowak scende in pedana per la prima volta alle 10.30 di sabato 18 luglio, per i primi incontri di spada individuale in un torneo che prevede tre gironi serratissimi prima di prendere parte alla finale a 8. Il bergamasco inizia con calma, ottiene due pareggi, il primo dei quali con il francese Alexandre Lippmann che sarà argento alla fine della competizione. Tre vittorie convincenti gli permettono però di passare il turno e giocarsi il tutto per tutto subendo una doppia sconfitta con i belgi François Rom e Fernand Bosmans che vanificano un ulteriore pareggio e una vittoria.

Non c’è nemmeno il tempo per riprendersi visto che due ore dopo Nowak è nuovamente in pedana per la sciabola. Quattro successi nei primi quattro incontri gli valgono l’accesso diretto al secondo turno, ma la strada si ferma ancora una volta lì con un’affermazione e tre stop. Per l’azzurro non restano che le sfide del torneo a squadre, dove nella spada condivide il campo con Giuseppe Mangiarotti, Marcello Bertinetti e Abelardo Olivier.

Lo scherzo del destino vuole che Riccardo debba incontrare subito la Boemia. Questa viene battuta per 9-4, grazie ai successi del bergamasco dalle lontane origini cecoslovacche, che si presenta in semifinale contro il Belgio. Gli atleti provenienti dalle Fiandre sono ancora una volta indigesti a Nowak e compagni, che chiudono con due vittorie e due sconfitte a testa le prime tre fasi, dovendo alzare bandiera bianca con Mangiarotti che incassa un parziale di 1-3. All’epoca non è prevista la finale per il terzo posto: i due gradini più bassi del podio se li giocano le squadre battute dai campioni olimpici, motivo per cui il medagliere recita così: oro alla Francia, argento alla Gran Bretagna, bronzo al Belgio.

Questo astruso meccanismo premia però Nowak due giorni dopo nella sciabola: lasciato inizialmente in panchina, Nowak vede i compagni battere per 11-5 gli inglesi prima di cedere in semifinale con lo stesso punteggio ai favoriti dell’Ungheria. I magiari vincono il titolo, quindi l’Italia può ancora puntare all’argento scontrandosi con la Germania. Olivier, Bertinetti e Alessandro Pirzio Biroli spianano la strada a Nowak che stavolta viene chiamato in causa, passando il testimone sul 7-3. Basterebbe vincere un assalto sui quattro previsti per mettersi al collo l’argento, ma Riccardo non si accontenta e ne vince tre. Questa volta Nowak ce la fa, ma il mondo intero quel 24 luglio 1908 guarda a un altro italiano, il piccolo Dorando Pietri, drammaticamente sconfitto nella maratona dopo un arrivo che avrebbe fatto storia.

A Bergamo il risultato non passa inosservato. Il 1° agosto, nella Scuola dei Tre Passi di via Tasso viene organizzata un’esibizione di spada e sciabola, accompagnata da gare di ginnastica e atletica leggera, celebrando così un atleta con un avvenire ancora lungo davanti ai propri occhi. Quattro anni dopo, Nowak parteciperà nuovamente alle Olimpiadi di Stoccolma di 1912, uscendo nel torneo individuale di spada e dovendosi accontentare nuovamente del quarto posto nella gara a squadre.

La sua passione lo porterà a diventare uno dei principali dirigenti della scherma tricolore sfiorando addirittura una terza partecipazione ai Giochi all’età di 39 anni. Vince infatti le prove di qualificazione a Roma e Bologna, ma viene sconfitto in quella decisiva di Milano. Era il 1924, e a Parigi l’Italia conquisterà un bronzo e un oro, dando vita a un’epopea che resiste ancora a cent’anni di distanza.

La storia di Riccardo Nowak viene raccontata da Paolo Marabini nel libro «Bergamo Olimpica. Storie di giorni di gloria» (Bolis Editore). Ringraziamo l’autore per averci concesso di leggere il volume in anteprima e utilizzarlo come fonte principale del nostro articolo.

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