Felix Carvajal è uno squattrinato postino cubano, esile nel fisico, sempliciotto ma dotato di una personalità effervescente e di una carica empatica fuori dal comune. Appassionato di podismo era diventato un buon atleta consegnando le lettere di corsa. Quando apprende che a St. Louis, nel mese di agosto, si sarebbe disputata la prestigiosa maratona olimpica, decide di partecipare. Naturalmente il governo cubano gli concede l’autorizzazione, ma gli nega il finanziamento della trasferta americana non essendo lui iscritto per alcuna società sportiva. Felix, sempre più convinto della sua decisione, inizia a raccogliere fondi improvvisando scenette folkloristiche ed esibendosi nella corsa tra gli avventori della piazza centrale della capitale Avana.
Guadagna presto la simpatia di molte persone e tanta popolarità; in poco tempo raggranella un bel gruzzoletto e si imbarca sul piroscafo per New Orleans. Giunto in terra americana non impiega molto a rendersi conto che New Orleans, oltre a confermarsi operosa città portuale nota per la sua prelibata cucina, riserva anche altre affascinanti attrattive turistiche...e in pochi giorni, sperpera tutto il denaro in allegria per le vie della città vecchia fra donne avvenenti e il gioco dei dadi. Tutto ciò non lo scalfisce minimamente e, con rinnovato entusiasmo, decide di partire a piedi alla volta di St. Louis...gli mancano soltanto 700km!
Attingendo al suo irresistibile carattere, lungo il cammino riesce a trovare spontanea ospitalità ed anche molti passaggi in autostop. Raggiunge così per tempo la città della Louisiana. Qui entra in amicizia con tre atleti americani, Rose, Sheridan e Flannagan che gli offrono vitto, un alloggio dignitoso e qualche soldo per acquistare l’abbigliamento idoneo per la gara. Così Felix, mai nome di battesimo fu più azzeccato, con quei soldi si precipita in centro città e compra…un bellissimo completo da cowboy! Tutto orgoglioso del suo acquisto, il giorno seguente si presenta alla partenza della maratona olimpica con stivali di cuoio, camicia a manica lunga, pantaloni di pelle e cappello.
Carvajal non passa inosservato tanto che l’amico Sheridan, tra l’ilarità del pubblico, rimedia prontamente un paio di forbici e gli accorcia i pantaloni. Felix improvvisamente cambia espressione. Il suo volto si colora di una serietà che mai aveva conosciuto prima; movendosi con una naturalezza quasi teatrale si fa consegnare il pettorale, slaccia i primi bottoni della camicia, rimbocca le maniche e, con uno sguardo quasi intristito, abbandona il meraviglioso cappello sul tavolo della giuria. La platealità di questi gesti colpisce un pubblico che già da tempo lo teneva d’occhio con grande curiosità. Tutti i presenti, all’unisono, iniziano a chiamarlo per nome e ad acclamarlo: Felix il cubano! Ci siamo, Carvajal è pronto a coronare il sogno della sua vita. La maratona olimpica sta per iniziare.
È quasi mezzogiorno di quel martedì 30 agosto 1904. Il sole picchia inesorabile sulle teste dei pochi presenti allo stadio di St. Louis. Ci sono 34 gradi e un’umidità insopportabile. La partenza della maratona, inizialmente fissata per la tarda mattinata, ha subito un primo rinvio. I giudici, già sopraffatti da mille dubbi, vengono cinti d’assedio dagli allenatori che chiedono a gran voce un ulteriore rinvio al tardo pomeriggio. La giuria per non rischiare di andare incontro al buio prende la decisione definitiva: la partenza verrà data alle ore 15. Il percorso è quanto mai duro: 26 miglia di strada sterrata, molto polverosa con buche e sassi, e quattro impegnative colline da superare. Rarissimi gli alberi lungo la strada e l’organizzazione ha predisposto un solo ristoro con acqua corrente, all’11esimo miglio.
Alla partenza spiccano per la loro fierezza Sam Mellor, John Lordon e Michael Spring, vincitori delle ultime tre edizioni della maratona di Boston. «Ehi, John Lordon, dov’è il pettorale!». In effetti John è febbricitante e ha dimenticato di indossare il pettorale. Parte comunque indossando una maglia nera per essere riconosciuto. Si scorgono anche Arthur Newton, quinto a Parigi nel 1900, e Albert Corey, che con corsa elegante sta completando il riscaldamento. Ben nove gli atleti giunti fin qui dalla Grecia per onorare Spiridon Louis e non passano inosservati nemmeno i due atleti neri sudafricani, Len Taunyane e Yan Mashani. In realtà i due sudafricani si trovano negli USA perché invitati a una mostra sulla Guerra Borea che si tiene all’Esposizione Internazionale della Luisiana. Vengono reclutati sul posto e mandati a correre perché durante la Seconda Guerra Borea si erano distinti nel ruolo di staffettisti al servizio dell’esercito. Non c’è dubbio che il più impreparato di tutti sembra proprio il cubano Carvajal!
Il sole batte ancora fortissimo, la temperatura è di 32 gradi e non tira un filo d’aria. Alcune foto di rito e poi alle 15,03 il colpo di pistola. La folla esaltata urla con forza tanto che gli atleti partono a un ritmo inusuale per quella distanza di gara. Invece Carvajal, infiammato da tanto entusiasmo, si attarda per ricevere gli incitamenti che il pubblico riserva soprattutto a lui. Dopo cinque giri di pista, gli atleti escono dallo stadio e imboccano la “via olimpica” (oggi Forsyth Street), con l’americano Fred Lorz sorprendentemente al comando. Dopo 9 miglia, Lorz inizia a rallentare e la coppia Newton-Mellor passa in testa. Al decimo miglio Mellor accusa una crisi, Newton rallenta come per aspettarlo e i due vengono raggiunti da Tom Hicks; al 16esimo miglio Mellor si riprende e riconquista la testa della corsa davanti a Newton, Hicks e a una coppia formata da Albert Corey, in gara già a Parigi quattro anni prima, e William García.
I giudici controllano la gara spostandosi avanti e indietro a cavallo mentre gli accompagnatori e il numeroso pubblico seguono la gara in auto. Tutto questo frenetico movimento solleva una grossa nube di polvere che rende difficoltosa la respirazione degli atleti e spesso ne nasconde la vista alla giuria. A metà gara una seconda crisi coglie Mellor, obbligandolo al ritiro. Pochi minuti dopo Garcia viene ritrovato dai giudici riverso a terra, privo di sensi; immediatamente viene soccorso e trasferito d’urgenza in ospedale. La disidratazione e la polvere respirata gli hanno provocato una gravissima emorragia interna. Rimane ricoverato per diversi giorni lottando tra la vita e la morte. La gara si è fatta dura anche per l’americano Fred Lorz, che, partito fortissimo, ha mantenuto la testa della gara nelle prime miglia. Una crisi inizia a rallentarlo finché al decimo miglio decide di ritirarsi e sale sulla automobile del suo allenatore. Nel frattempo Carvajal, che era partito nelle retrovie, trovandosi a suo agio nel correre a quelle temperature inizia ad entusiasmare il pubblico, recupera posizioni e si avvicina minaccioso al gruppo di testa. Anche il sudafricano Len Taunyane corre con una facilità sorprendente, raggiunge e supera Newton incalzando le prime posizioni.
Intorno al 17esimo miglio, Hicks comincia a soffrire: il suo allenatore Ernie Hjertberg gli somministra del solfato di stricnina (un potente topicida che, assunto dall’uomo, annulla la sensazione di fatica) sciolto in un bianco d’uovo, lo fa bere e lo rinfresca con spugnaggi. L’atleta si riprende e, nonostante il rallentamento, al 19esima miglio è sempre al comando. Due miglia dopo una crisi ancora più forte lo coglie all’improvviso portandolo quasi al collasso. Prontamente interviene l’allenatore con una nuova dose di stricnina a cui decide di aggiungere del brandy per idratarlo. Hicks riparte, è sempre al comando ma versa in una condizione di semi incoscienza. La sua corsa è una successione di movimenti innaturali, rigidi e automatici.
Nel frattempo il sudafricano Len Taunyane e Felix Carvajal sono ormai alle sue spalle. Ma a questo punto accade l’imponderabile!
Len, lanciato con facilità verso una probabile vittoria, vede sbucare all’improvviso da una fattoria un cane che con ferocia inaudita inizia ad inseguirlo. Il sudafricano, terrorizzato, si dà alla fuga nei campi e si salva arrampicandosi su un albero. Riprenderà la gara ma giungerà al traguardo in nona posizione. E il nostro Felix? A corto di denaro (lo aveva speso tutto per comprare i vestiti da cowboy) non aveva più mangiato e si era presentato alla gara completamente digiuno. A poche miglia dal traguardo, in piena rimonta, piomba in una profonda crisi di fame. In un campo vicino nota una pianta di mele; si guarda intorno circospetto e con un guizzo felino ne ruba quattro divorandole in un batter d’occhio. Le mele, ancora acerbe in quella stagione, immediatamente gli provocano spasmi intestinali fortissimi che lo costringono a fermarsi e a sdraiarsi all’ombra di un albero. Qualcuno del pubblico si accorge di lui, del cubano matto, e inizia ad incoraggiarlo. È sufficiente questo incitamento per scatenare in lui un impulso d’orgoglio. Felix si rialza e riprende a correre. Carvajal giungerà al traguardo in quarta posizione tra due ali di folla esaltata da quel personaggio che stava correndo la maratona vestito da cowboy.
Torniamo a Hicks che, come un automa, si dirige verso il traguardo. A meno di due miglia dall’arrivo, improvvisamente, si vede raggiungere da un atleta che, con passo deciso e per nulla affaticato, lo supera e lo stacca. «È un americano … ma è Lorz … cosa ci fa qui?» Lorz entra nello stadio in un tripudio di folla, taglia il traguardo a braccia alzate, fa il giro d’onore e riceve il premio direttamente dalle mani della figlia del presidente Roosevelt. Pochi minuti più tardi un allenatore, informato della vittoria di Lorz, ne chiede la squalifica: lo ha visto con i suoi occhi salire su un’auto a metà gara. Lorz, smascherato, viene immediatamente e platealmente squalificato. In effetti l’americano aveva deciso di ritirarsi ed era salito sull’auto del suo allenatore. Dopo una decina di miglia l’auto si ferma per un guasto. Lorz allora decide di proseguire a piedi fino al traguardo. Ma la folla, credendolo in gara e addirittura in seconda posizione, inizia ad incitarlo a gran voce. Lorz non resiste alla tentazione ed esaltato da tanto entusiasmo, supera Hicks e taglia il traguardo. Per questo imbroglio, Lorz sarà squalificato a vita, ma molto presto la sua squalifica verrà ridotta a un solo anno.
Mentre Lorz esulta per la finta vittoria, Hicks fa il suo ingresso nello stadio. Il pubblico ammutolisce. Hicks è cianotico in viso, lo sguardo è assente, come ipnotizzato, barcolla ripetutamente. Gli allenatori lo sorreggono e lo accompagnano fino il traguardo che taglia in seconda posizione. Subito dopo l’arrivo Hicks si accascia al suolo. Gli allenatori lo sollevano nuovamente di peso per fargli raccogliere gli onori di una folla nuovamente entusiasta. Mentre viene innalzato in trionfo tutti notano le gambe che continuano a muoversi nel vuoto come se stesse ancora correndo. I giudici, che nel frattempo hanno squalificato Lorz, non se la sentono di squalificare anche Hicks per essere stato sorretto dagli allenatori e gli consegnano la medaglia d’oro. Hicks, appena ricevuta la medaglia sviene. Viene repentinamente caricato in auto e trasportato d’urgenza in ospedale. Ci vorranno diversi giorni per rimetterlo in piedi. Hicks non parteciperà mai più a gare di corsa.
Nel narrare queste vicende ho cercato di mantenere fede alle notizie raccolte negli anni, tribolando non poco tra racconti eccessivamente romanzati e articoli molto frettolosi e succinti. Spero vi siate divertiti. Per onor di cronaca riporto alcuni dati:
- i prime tre in classifica furono tutti americani;
- Hicks vinse la gara in 3 ore e 28 minuti;
- al secondo posto si piazzò Albert Corey in 3 ore e 34 minuti, seguito da Arthur Newton con 3 ore e 47 minuti;
- splendido quarto porto per il nostro simpaticissimo Felix Carvajal. I tempi dal quarto posto in poi non vennero registrati;
- quattordici i concorrenti giunti al traguardo, diciassette i ritirati ed uno squalificato, Fred Lorz!