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Francesco Chinelli, storia di un ottantaseienne atalantino in finale a Dublino

Intervista. Da mercoledì 22 maggio a Bergamo non si parla d’altro. L’Atalanta ha vinto la sua prima Europa League, facendo esplodere il cuore a una città e una tifoseria intera. Ma perché il calcio appassiona e unisce persone di ogni parte del mondo e di tutte le età? Francesco Chinelli ci ha detto la sua

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Francesco Chinelli a Dublino

Il calcio ci fa sentire vivi. È un’esperienza emotivamente coinvolgente, perché al di là dell’attività agonistica ogni partita è la rappresentazione di un microcosmo in cui si alimentano le passioni, le speranze e le delusioni di tifoserie, giocatori e comunità intere. Il calcio è un dramma “teatrale”, che si svolge in tempo reale. Ogni azione, ogni gol, ogni errore hanno un peso specifico: le nazioni si identificano con le loro squadre, e le vittorie e le sconfitte diventano momenti di dolore o di orgoglio collettivo, com’è avvenuto per l’impresa compiuta dall’Atalanta.

Da squadra di provincia l’Atalanta si è trasformata in un modello da imitare, riuscendo a battere i campioni tedeschi sotto gli occhi di quasi 8000 tifosi che si sono mobilitati per seguire la Dea da vicino. Tra questi abbiamo raggiunto uno dei seguaci più storici dell’Atalanta. Il signor Francesco Chinelli ha 86 anni ed è abbonato alla sua squadra del cuore da oltre sessant’anni. Per concederci questa intervista, si è vestito con orgoglio indossando l’home kit dell’Atalanta e la felpa ufficiale, e si è circondato dei membri della sua famiglia e dei suoi amici, un gruppo di ragazzi con cui va a vedere le partite, quando può anche in trasferta, come in questo caso.

Francesco ha un passato da minatore. Un incidente sul lavoro gli ha fatto perdere quasi completamente l’udito, ma non la passione per l’Atalanta, che segue con la stessa intensità di sempre. Nemmeno l’avanzare dell’età ha potuto fermare il suo amore per il calcio: grazie alla comitiva di amici e vicini di casa più giovani, Francesco continua a vivere ogni partita della sua squadra dal vivo, allo stadio.

CP: Francesco, quali sono i suoi primi ricordi legati all’Atalanta?

FC: A quei tempi non c’erano i soldi. Ero andato a Milano a lavorare come garzone, portavo in giro il pane. La sera, quando andavo al bar, sentivo parlare dell’Atalanta che andava forte in quel periodo e così anche io ho iniziato a seguirla. Mi sono affezionato subito alla squadra. La prima partita dal vivo che ho visto è stata quando abbiamo vinto la Coppa Italia. Da quel momento ho fatto l’abbonamento e non l’ho mai lasciato. Angelo Domenghini è stato l’uomo che ci ha regalato il primo trofeo della nostra storia, segnando una tripletta nella finale di Milano contro il Torino nella stagione 1962-1963. Domenghini incarnava lo spirito dell’Atalanta: determinazione, talento e una connessione sincera con i tifosi. È il giocatore a cui sono più affezionato: non posso non volergli bene.

CP: Oltre al calcio, quali altre passioni ha coltivato nella sua vita?

FC: Ho sempre amato lo sport. Non avevo grilli per la testa, nel tempo libero praticavo la boxe, correvo e ho persino partecipato alla maratona di New York. Lo sport è sempre stato una parte fondamentale della mia vita.

CP: Qual è il ricordo più bello legato all’Atalanta?

FC: Senza dubbio, il viaggio recente a Dublino. Siamo riusciti a battere una squadra che fino ad allora aveva vinto tutte le partite. Il momento del primo gol è stato incredibile: eravamo tutti pazzi di gioia. Si immagina? Ci abbracciavamo senza nemmeno sapere chi avevamo di fronte. È stata una soddisfazione immensa, una ricompensa per tutti i sacrifici fatti negli anni.

CP: Come è nata l’idea di andare a Dublino per la finale?

FC: Sono andato con questa comitiva di amici. Non me la sento più di viaggiare da solo, ma loro mi portano ovunque vadano. Siamo andati in aereo, andata e ritorno in 24 ore, grazie all’organizzazione di un ragazzo di Trescore Balneario. Fortunatamente, non abbiamo avuto contrattempi, rispetto ad altri tifosi che a causa dei ritardi dei voli hanno vissuto una trasferta più burrascosa.

CP: Guardando indietro, ci sono stati momenti difficili e sconfitte che l’hanno amareggiata?

FC: Tanti anni fa, l’Atalanta lottava per restare in Serie A. Spesso, un anno sì e uno no, finivamo in Serie B e dovevamo lottare per tornare nella massima serie. Erano sofferenze per chi, come me, è profondamente attaccato alla squadra. Nonostante tutto, continuavamo a seguirla con passione. Adesso, invece, stiamo vivendo un periodo di grandi soddisfazioni, che ripagano delle delusioni passate.

CP: Lei ha vissuto le evoluzioni del calcio italiano, quali sono le maggiori differenze rispetto a oggi?

FC: Il calcio di una volta era caratterizzato da una maggiore semplicità e autenticità. Oggi vedo una tendenza crescente tra i giovani tifosi a comportarsi in modo esagerato, spesso con un linguaggio irrispettoso verso i giocatori, indipendentemente dal contesto. Questo cambiamento rispecchia una trasformazione più ampia nella società, dove la passione sportiva si mescola con espressioni meno civili e più provocatorie. Tuttavia, questo non sminuisce la bellezza e l’intensità del gioco, ma pone una sfida alla comunità calcistica per ritrovare un equilibrio tra entusiasmo e rispetto.

CP: Nella sua famiglia come vivono questa sua passione?

FC: Sono cresciuto con una libertà che mi ha permesso di dedicarmi completamente allo sport. Questo supporto incondizionato ha rafforzato il mio legame con l’Atalanta, creando una connessione emotiva profonda che ancora oggi mi accompagna. La mia famiglia ha capito che il calcio non era solo un gioco per me, ma una parte fondamentale della mia identità.

CP: Adesso quali sono i suoi pronostici? Cosa si aspetta?

FC: Sono ottimista riguardo al futuro dell’Atalanta. Con lo stadio in fase di rinnovamento e una gestione societaria solida, il futuro sicuramente è promettente. Non siamo più costretti a vendere i giovani talenti per necessità finanziarie. Ora possiamo ambire a traguardi importanti, come lo scudetto. Il nostro gioco è di alta qualità e possiamo competere con chiunque. Naturalmente, il calcio è imprevedibile, ma sono fiducioso che siamo sulla strada giusta per raggiungere grandi risultati.

CP: Cosa rappresenta l’Atalanta per lei, in una parola?

FC: Cuore. Quando la squadra non vince, sento un dolore profondo. Mi chiudo in me stesso. Questo dimostra quanta dedizione c’è dietro al tifo per questa squadra. È una passione che soprattutto mi tiene unito a questo gruppo di ragazzi che mi rendono sempre partecipe delle loro avventure.

CP: Lei che ha 86 anni, cosa vorrebbe dire ai giovani tifosi? Che messaggio vorrebbe dare?

FC: Ai giovani tifosi vorrei dire di mantenere il rispetto per tutti, sia per i giocatori che per gli altri tifosi. La rivalità sportiva è divertente, ma non deve degenerare in insulti e offese. Il calcio deve essere un’occasione di unione, di divertimento, non di divisione e odio. Siate fieri della vostra squadra e dimostrate il vostro supporto con rispetto e dignità, soprattutto quando si subiscono delle sconfitte.

CP: Quindi lei non perde mai la calma?

FC: Mi arrabbio, certo, soprattutto quando guardo l’Atalanta in TV. È come se fossi allo stadio, vivo ogni momento con intensità. Ma quando sono amareggiato per una sconfitta, preferisco stare in silenzio. È il mio modo di gestire la delusione e il dispiacere.

CP: Se deve scegliere un giocatore di quest’anno, chi sarebbe?

FC: Quest’anno sono molto affezionato a Lookman. Non so come si pronuncia, sono bergamasco! (ride). Quel che è certo è che è stato un giocatore che ha dimostrato grande talento e capacità di fare la differenza, come nella partita a Dublino dove ha segnato tre gol. È diventato uno dei nostri beniamini. Del resto come non si può non sostenere uno che in finale segna una tripletta?

CP: Cosa pensa di Gasperini?

FC: Gasperini è un allenatore straordinario. È serio, competente e sa come ottenere il massimo dai suoi giocatori. È severo quando necessario, ma sempre giusto. La sua capacità di motivare la squadra e di sviluppare un gioco così efficace lo rende uno dei migliori allenatori che abbiamo mai avuto. Il suo approccio rigoroso ha portato grandi risultati e un’identità forte alla nostra squadra.

CP: Qual è il più bel ricordo del viaggio a Dublino con la comitiva?

FC: A Dublino ho tanti bei ricordi, ma uno dei più divertenti è stato sicuramente il momento trascorso in un pub a mangiare fish and chips. Chi mai se lo sarebbe aspettato che saremmo finiti lì a tifare Atalanta?

CP: Il fish and chips è approvato o è meglio la salamella?

FC: La salamella di Bergamo ha un sapore unico, più nostrano e autentico. È difficile competere con i nostri sapori locali…

CP: Le faccio i complimenti per la lucidità e per il suo spirito giovane.

FC: Sono giovane di spirito perché mi mantengo attivo. Preferisco godermi la vita in modo sano e consapevole. Lo sport mi fa sentire sempre pieno di vitalità.

CP: E l’Atalanta?

FC: E L’Atalanta!

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