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Dalla fantasia dei graphic novel alla realtà dei ring: Nicolò Tiraboschi e lo scacchipugilato

Articolo. Cresciuto nel mondo degli scacchi, il 24enne di Villa di Serio ha scoperto una nuova via per superare le difficoltà causate dal Covid-19. Parliamo dello scacchipugilato, una disciplina per cui serve una grande preparazione fisica e mentale, e tanta adrenalina

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«M ens sana in corpore sano» sosteneva Giovenale nelle sue «Satire», perché se è vero che tutto parte dal cervello, al tempo stesso è necessario che un corpo altrettanto prestante lo sostenga. Da qui l’idea di lavorare su sé stessi per essere forti sia a livello fisico che mentale. Non esiste una disciplina che raffigura maggiormente questa dicotomia che lo scacchipugilato.

Il tutto nasce dalla mente fumettista francese Enki Bilal, che nel 1992 raffigurò un match nel graphic novel «Froid Équateur» («Freddo Equatore»). In quel caso i due contendenti si affrontavano in un incontro di scacchi prima di salire sul ring e chiudere la contesa. Prendendo spunto da quella raffigurazione, nel 2003 l’imprenditore olandese Iepe Rubingh decise di concretizzare quel sogno codificando lo scacchipugilato e diventando peraltro campione del mondo nei pesi medi.

Pian piano la disciplina ha preso piede in tutto il mondo, con la creazione di una Federazione Internazionale accompagnata da Europei e Mondiali. Il movimento ha raggiunto anche l’Italia dove, a partire dal 2012, esiste un ente che si occupa dello scacchipugilato, e ha toccato in particolare Nicolò Tiraboschi, che nel 2023, ai Campionati del Mondo di Riccione, si è laureato campione iridato Under 65.

Cresciuto nel mondo degli scacchi, il 24enne di Villa di Serio ha scoperto nell’innovativa disciplina una nuova via a fronte delle difficoltà causate dal Coronavirus che, oltre a lasciare un pesante solco sulla popolazione orobica, ha bloccato l’intero panorama sportivo. «Gioco a scacchi da quando avevo quattordici anni tanto da diventare maestro. A quel punto nel 2019, una volta finito il liceo, mi sono preso un anno per puntare soltanto su quello e provare a raggiungere un certo ranking, tuttavia il Covid ha bloccato tutto fermando i tornei per più di un anno – racconta Tiraboschi – A quel punto mi sono accorto che il mio mondo girava tutto attorno agli scacchi e come questa cosa non fosse sana. Ho deciso di iscrivermi a filosofia e di provare a iniziare a far boxe, mettendomi alla prova con l’obiettivo di superare i miei limiti. Conoscevo già lo scacchipugilato e, dopo un anno, ho preso parte ai Mondiali».

Un cambio di vita radicale che ha però aperto le porte a un nuovo modo di vedere la propria esperienza. Nicolò si è immerso in uno sport che prevede undici riprese in cui vengono alternati scacchi e pugilato con round da quattro minuti nel primo caso e tre per il secondo. Fra un momento e l’altro vi è un minuto per cambiarsi, tuttavia è necessario essere sempre attivi su entrambi i fronti.

«Da una parte sono due sport diversi, dall’altra molto simili perché la fortuna conta soltanto in parte, serve una grande preparazione fisica e mentale. Quando ho iniziato a fare boxe, ho scoperto una parte di me che non conoscevo, che mi ha permesso di rinascere. Chiaramente ci sono delle tattiche da applicare, con giocatori che puntano maggiormente sugli scacchi e altri sulla boxe – sottolinea Tiraboschi – Ovviamente quando ho iniziato ero più propenso ai primi, però andando avanti mi sono accorto di dare molto di più nel pugilato. Vincendo soltanto per K.O. oppure per scaccomatto, le tattiche cambiano rispetto alle prove tradizionali con un pugilato molto più aggressivo e un livello scacchistico in parte inferiore rispetto al solito, perché ci si presenta alla scacchiera con la grande adrenalina proveniente dal ring. Ovviamente serve comunque preparazione visto che, più sei avvezzo al mondo degli scacchi, più le possibilità di errore calano e di conseguenza sei anche più svelto nel compiere le mosse».

Insomma, non basta puntare a vincere ai punti: è necessario cercare di buttar giù l’avversario sul ring oppure mettere in campo la mossa giusta per aprire la strada verso lo scaccomatto, costringendo lo sfidante a sprecare parte del suo tempo per trovare la mossa giusta e quindi avvicinare la vittoria. Ogni tattica è ricca di emozioni perché, oltre all’adrenalina creata dai combattimenti, vi è anche la tensione legata al match e all’avversario che ci si trova di fronte. È accaduto anche a Tiraboschi, che si è presentato ai Mondiali di Riccione con un solo anno di preparazione alle spalle e soprattutto con un avversario decisamente più celebre da superare.

Se i primi due incontri sono stati complicati, il peggio è arrivato in finale dove ha avuto modo di incontrare l’influencer francese Tony Infantino. Quest’ultimo ha dovuto ritirarsi a un passo dal K.O., dopo aver compreso che sarebbe arrivato uno scaccomatto. «Ero molto agitato, però volevo vincere. Avrei voluto farlo nella boxe, ma alla fine poco importa come sia finita. Chiaramente i miei genitori non sono così felici che faccia questo sport visto che considerano la violenza come qualcosa da non perseguire, però pian piano stanno imparando a comprendere come questa sia la mia passione. Ovviamente sono preoccupati quando mi vedono tornare a casa con un occhio nero oppure se dico che ho infilato un pugno a un mio avversario, ma penso sia giusto così».

Lo scacchipugilato contiene anche una serie di rischi che non vanno sottovalutati e che Nicolò ha imparato bene a conoscere. Nonostante la passione per la boxe sia diventato un traino anche per la vita fuori dal ring, un problema fisico lo ha costretto a prendersi qualche mese di stop prima di ritornare nuovamente in campo verso nuovi obiettivi, seguendo proprio la massima di Giovenale secondo cui una mente sana deve vivere in un corpo altrettanto sano: «Lo scorso febbraio ho avuto un’embolia polmonare che mi ha costretto a interrompere gli allenamenti di pugilato e metterli in pausa per un annetto circa – ricorda Tiraboschi – Sto prendendo degli anti-coagulanti che mi impediscono di subire dei traumi per evitare di peggiorare ulteriormente il mio stato di salute. Nel frattempo sto comunque allenandomi in palestra con i pesi per tenere la forma. Questo non dovrebbe impedirmi di ritornare nuovamente al top anche sul ring. Dopotutto, prima del Mondiale non giocavo a scacchi da tempo e mi sono preso solo un mese per prepararmi. Nonostante quella sosta prolungata, sono riuscito comunque a performare al meglio e vincere».

Dopotutto, se il Coronavirus non ha impedito a Nicolò di diventare un campione (e prima ancora la fantasia di Enki Bilal non ha ostacolato Iepe Rubingh nel rendere reale quanto era scritto sulla carta), possiamo facilmente pensare che questo sia soltanto un piccolo infortunio in vista di altri grandi successi.

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