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Che lavori fanno gli studenti dell’Università degli studi di Bergamo?

Articolo. La nostra piccola inchiesta prosegue con la raccolta delle testimonianze relative ai lavori che gli studenti dell’Università di Bergamo svolgono durante il loro percorso di studi, e come provano a bilanciare gli impegni accademici e professionali

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Un recente rapporto rilasciato da AlmaLaurea offre un’interessante panoramica sulle performance dell’Università degli Studi di Bergamo in termini di inserimento lavorativo dei suoi laureati. È stato registrato un aumento significativo nel tasso di laureati magistrali che trovano occupazione entro un anno dal conseguimento del titolo, raggiungendo l’85,2% (+8 punti percentuali rispetto all’anno precedente).

In questa seconda parte dell’inchiesta dedicata agli studenti Unibg (qui trovate la prima) cercheremo di documentare e comprendere attraverso alcune testimonianze dirette il modo in cui gli studenti dell’Unibg integrano lavoro e studio. Ma soprattutto faremo luce su quali lavori gli studenti svolgono e sulle opportunità offerte dall’università stessa, durante il percorso di studi.

Per tutelare la privacy degli intervistati i nomi che riporto sono da intendersi come frutto della fantasia di chi scrive.

Chiedimi tutto, ma non quanti esami mi mancano

Per supportare il lavoro degli studenti durante gli studi, l’Unibg mette a disposizione l’ Ufficio Placement . L’Ufficio offre consulenze di carriera, revisioni individuali del curriculum vitae, simulazioni di colloquio e eventi di approfondimento su temi legati alla ricerca attiva di impiego.

Le aziende e gli enti hanno inoltre la possibilità di pubblicare offerte di lavoro o di tirocinio nello Sportello Tirocini/Placement, di accedere ai curricula dei laureati tramite la piattaforma AlmaLaurea e partecipare a iniziative di incontro diretto con studenti e laureati. Uno degli eventi principali organizzati dall’Ufficio Placement, in tal senso, è il Career Day, una tre giorni durante la quale l’Università degli Studi di Bergamo permette alle aziende del territorio di incontrare studenti e neo-laureati, svolgendo anche colloqui one-to-one. Il prossimo appuntamento è previsto il 15, 16 e 17 ottobre nella sede di Dalmine (polo ingegneristico).

Tra le opportunità di lavoro all’interno dell’università ci sono le “ 200 ore ”. Una forma di collaborazione retribuita che permette agli studenti di acquisire esperienza e competenze lavorando presso le strutture universitarie durante il percorso di studi. Questa attività a tempo parziale può essere svolta dagli studenti iscritti dall’anno successivo al primo e non oltre il 2° fuori corso, in qualsiasi ambito dell’amministrazione universitaria.

Per molti, comunque, il lavoro part-time o stagionale è essenziale per finanziare gli studi o sostenere le spese quotidiane. A queste opportunità gli studenti accedono facendo ricerche online, oppure all’interno delle loro cerchie di amici e conoscenti. Come ci racconta Daniele, che ha 23 anni e studia Lettere: «Durante gli studi, ho svolto diversi lavoretti. Ho iniziato con una cooperativa che si occupava del rifornimento di supermercati, trovata tramite app come Indeed o Infojobs. Successivamente ho lavorato come cameriere per un’estate, grazie a un annuncio trovato in una pizzeria locale. Attraverso il passaparola, ho avuto l’opportunità di fare doposcuola con una cooperativa. Attualmente sto svolgendo il servizio civile in Croce Bianca, un’esperienza che ho trovato estremamente gratificante. Tuttavia, questa doppia esigenza può ridurre il tempo disponibile per lo studio approfondito e per le attività ricreative, essenziali per un sano equilibrio psicofisico. All’inizio è stato difficile conciliare studio e lavoro, soprattutto perché non ero abituato a gestire entrambi contemporaneamente. Personalmente, ho trovato soddisfazione nei lavori di tipo sociale, che oltre ad essere in linea con i miei interessi, mi hanno permesso di crescere come individuo e di sentire la gratificazione a fine giornata».

Spesso, la difficoltà nel trovare un lavoro che rispecchi le competenze acquisite durante gli studi, costringe gli studenti a optare per impieghi di ripiego, scelti principalmente perché rappresentano una fonte di reddito certa. Ci racconta Irene, che ha 28 anni e ha studiato Pedagogia: «Per bilanciare gli impegni al meglio spesso la sera oppure il fine settimana ho lavorato in una pizzeria, che ho trovato consegnando il curriculum di persona. Questa cosa mi toglieva quasi tutto il tempo libero e quindi mi rimaneva poco tempo per ricaricarmi. Lavorando all’interno dell’università, invece, è stato più facile bilanciare le risorse, anche se comunque qualcosa inevitabilmente la perdi per strada, che sia tempo libero o tempo per lo studio. Se ci rifletto, penso che queste esperienze mi abbiano influenzato positivamente, perché fanno parte della mia formazione, se non professionale, direi personale. Da un lato ho cercato lavoro per avere un guadagno nell’immediato, dall’altro ho avuto un quadro generale sul mondo del lavoro, dei rapporti con i responsabili e con i clienti».

Manuale di sopravvivenza per bilanciare studio e lavoro

Nell’ambito universitario, la combinazione di studio e lavoro si rivela una fonte di opportunità, e allo stesso tempo di sfide. Gli studenti si destreggiano in una realtà complessa, cercando di ottimizzare sia il loro percorso accademico sia la loro esperienza lavorativa. Questa ricerca di equilibrio, tuttavia, non è priva di ostacoli, come ci racconta Marika, che ha 27 anni e ha studiato Psicologia clinica: «Durante il mio percorso accademico, ho svolto diversi tipi di lavoro per sostenermi e finanziare i miei studi. Ho lavorato in fabbrica durante le pause stagionali, ho svolto mansioni part-time sia all’interno dell’università tramite il programma delle 150 ore, sia al di fuori dell’ambiente accademico».

Anche il servizio civile rappresenta una valida opportunità per chi studia. Si tratta di progetti che consistono nello svolgere incarichi di assistenza o di utilità sociale o di promozione culturale, che hanno una durata che varia dagli 8 ai 12 mesi e che occupano generalmente metà della giornata.

A questo proposito, Andrea, che ha 27 anni e studia Pedagogia, ci dice: «Ovviamente è difficile lavorare e studiare allo stesso tempo, soprattutto per il fatto che nel mio caso non ho più potuto seguire le lezioni a partire già dal secondo anno in poi. In particolar modo, il mio secondo anno di università, l’ho “perso” in quanto non sono riuscito a dare nessun esame. Non so se la colpa è stata che era il primo anno di un lavoro che mi impegnava ogni giorno (il servizio civile), oppure se era l’anno del Covid, che ho vissuto abbastanza intensamente vivendo in Val Seriana e lavorando nel pubblico».

«L’impatto del lavoro sulla mia esperienza accademica è stato duplice – continua ancora Marika, 27 anni – Da un lato, lavorare mi ha aiutato a gestire meglio il mio tempo e a organizzare le mie giornate in modo più efficiente. Dall’altro lato, però, ne ho risentito sia in termini di energia che di capacità di concentrazione. Inevitabilmente ho anche ridotto il tempo e le risorse che avrei potuto dedicare allo studio. Il mio consiglio per gli studenti che cercano lavoro durante gli studi è di considerare anche le opportunità online, che possono offrire flessibilità e possibilità di lavoro da remoto».

La necessità di bilanciare lavoro e studio spesso porta a situazioni di stress e stanchezza. Sulla sua esperienza lavorativa, Mattia ci racconta: «Faccio due lavori: uno come cameriere durante i fine settimana e l’altro come social media manager per una fumetteria e un commercialista. Li ho trovati entrambi grazie al passaparola locale e alla mia intraprendenza. Bilanciare il lavoro con gli studi e il tempo libero è stato difficile all’inizio, ma ora riesco a farlo meglio, dedicando più tempo alla gestione dei social media, poiché è strettamente collegata al mio percorso di studi».

Da alcune storie, emerge un quadro di come il lavoro influenzi il presente accademico e anche le prospettive future di questi giovani adulti. «Sono soddisfatto del mio lavoro attuale, perché mi permette di esprimere la mia creatività e di lavorare verso la mia futura carriera, anche se sogno di diventare uno sceneggiatore» prosegue Mattia.

Marco, che ha lavorato sia durante gli studi triennali che in magistrale, tira un po’ le fila del discorso: «Ho fatto qualsiasi tipo di lavoro per pagarmi gli studi: dal pescivendolo, al commesso per un banco della frutta, fino al lavoro al lavoro come cameriere al McDonald’s. Quando poi ho iniziato a lavorare full-time la cosa è diventata ingestibile perché significava dover studiare nei weekend o durante le ferie. Un altro aspetto su cui voglio riflettere è che l’università non ti fa capire realmente qual è il tuo ambito prima di buttarti nel mondo del lavoro, ma vai a tentativi sostanzialmente, quindi mi sento decisamente insoddisfatto. A chi cerca lavoro per mantenersi durante gli studi, voglio dire che nonostante tutta l’ansia e il nervosismo che comporta fare certi lavori, bisogna pensare che quel lavoro non sarà il vostro per sempre, ma lo farete solo per un po’ di tempo. Io questa cosa la ripetevo ogni weekend».

Per quanto concerne il lavoro all’interno dell’università, studenti come Irene hanno trovato queste esperienze fondamentali non solo per il supporto economico. Come nel caso delle “200 ore”, di cui abbiamo parlato sopra, che consentono agli studenti di acquisire esperienza e competenze lavorando nelle strutture universitarie durante il percorso di studi, ad esempio nelle biblioteche o facendo supporto agli studenti con disabilità o con DSA.

L’espansione di programmi che collegano gli studenti con opportunità lavorative all’interno e all’esterno dell’ambito accademico potrebbe quindi essere un punto di forza per l’università, da incentivare. La preparazione al mondo del lavoro, però, è una tematica ricorrente e critica. Anche se alcuni hanno trovato opportunità valide all’interno dell’università, altri, come Marco, segnalano una disconnessione tra gli studi e le reali esigenze professionali. Concretizzare ulteriormente il legame con il mondo del lavoro potrebbe migliorare significativamente la preparazione degli studenti e il loro futuro professionale? Agli studenti l’ardua sentenza.

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