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L’handmade di Creattiva ha 75 mila anni (ed è molto rilassante)

Articolo. Dai primi manufatti strumentali – come oggetti incisi con figure astratte, ornamenti del corpo e pitture rupestri – all’esplosione di fantasia della “Fiera Nazionale delle Arti Manuali”. Il lavoro manuale stimola la creatività, diverte e rilassa. Può essere un hobby o un lavoro alternativo

Lettura 4 min.
foto Ivan Klistin

Nel loro libro “E avvertirono il cielo. La nascita della cultura” i filosofi Carlo Sini e Telmo Pievani spiegano che le prime manifestazioni di manufatti non strumentali (cioè utili a qualcosa, come ad esempio l’amigdala) risalgono a 75 mila anni fa, a partire – come spesso accada nella storia evolutiva dell’uomo – dall’Africa. Questi oggetti si devono agli Homo Sapiens, che dopo ripetuti adattamenti celebrali “iniziarono a manifestare un pacchetto di comportamenti e di capacità mai visti prima tutti insieme e svincolati dalle esigenze di mera sopravvivenza: oggetti incisi con figure astratte; ornamenti del corpo; sepolture rituali; pitture rupestri; strumenti musicali; innovazioni e variazioni tecnologiche. L’alba dell’immaginazione”.

Possiamo considerare questa come la nascita dell’handmade , lungo il solco della cultura e della tecnica (che secondo Sini e Pievani nascono con la prima scheggiatura da parte di un ominide di una pietra da usare per varie necessità) nel quale s’innesta l’immaginazione, cioè la creatività. La storia del pensiero sul lavoro manuale – dall’Homo Sapiens a Creattiva – è lunghissima e intricata. Ne abbiamo parlato con lo psicologo e psicoterapeuta Claudio Agosti, partendo dalle riflessioni di Carl Gustav Jung sui benefici del lavoro con le mani (se volete saperne di più di Creattiva potete seguire questo link).

“Dal punto di vista corporeo – spiega – l’handmade come hobby è la risposta ad una prevalenza di lavori intellettuali, di cui a volte non vediamo nemmeno il risultato, mentre la creazione con le mani dà un risultato palpabile. Ma non solo: “Jung si è quasi costruito una casa da solo, come poteva essere un’abitazione di un uomo del ‘700, quindi senza acqua corrente ed elettricità (per concludere il lavoro si fece aiutare da alcuni muratori, ndr). Oltre a scrivere libri, infatti, spaccava la legna e andava a prendere l’acqua alla fonte per riuscire a vivere nella Torre di Bollingen, un paese sul Lago di Zurigo, senza corrente e acqua”. Perché faceva tutto questo? “Jung credeva molto nel lavoro manuale, tanto da consigliare ai suoi allievi di non pensare mai a mani vuote ma di disegnare scarabocchi, scolpire, fare origami: tutti gesti che, secondo lui, davano una forma diversa al pensiero, bloccando il pensiero ricorsivo e favorendo l’emisfero destro, quello della creatività”.

Molte persone che praticano una o più tecniche dell’handmade come hobby sostengono che lo fanno perché è divertente ma soprattutto perché è rilassante: “come già aveva intuito Jung, lavorare con le mani attiva la parte più creativa del nostro cervello, quella destra, e distrae da quella sinistra, dove avviene il pensiero ricorrente, il cosiddetto rimuginio”.

In altre parole “il lavoro corporeo porta l’attenzione su qualcosa di esterno al nostro corpo e ci distrae dal chiacchiericcio mentale, che di solito riguarda problemi che ci affliggono”. Un esempio di lavoro corporeo (negativo) fuori da noi stessi, capace di distrarre, è la dipendenza, “ad esempio dalle macchinette. Ovviamente è una distrazione sbagliata, che poi in qualche modo ci si rivolta contro. Stesso discorso per la dipendenza da sostanze stupefacenti: mi è capitato di consigliare a una persona che ne faceva uso di dedicarsi maggiormente ad una sua passione, la pesca, che è un lavoro tipicamente manuale”.

È innegabile che il lockdown abbia accelerato questo trend (positivo) del ‘fai da te’: “tantissimi tutorial su Youtube hanno aiutato molte persone a dedicarsi ai gioielli, al decoupage”, tuttavia Creattiva faceva numeri importanti (70 mila presenza nelle edizioni autunnali e primaverili del 2019) già prima della pandemia: “se vogliamo affermarlo in modo molto semplice possiamo dire che l’handmade fa bene, stimola la creatività, ci distoglie da qualsiasi meccanismo seriale, ripetitivo, sia esso lavorativo, sociale o altro. È una sorta di terapia che pratichiamo a volte senza accorgercene”.

Creattiva ospita anche realtà che hanno trasformato la loro attività manuale in un lavoro. “Imparare delle tecniche per produrre oggetti belli che possono interessare ad un potenziale pubblico può diventare uno spazio di lavoro alternativo, più autonomo, libero. Di solito questo coincide con l’esigenza di tempi e ritmi più lenti, più umani. Una persona può decidere di lavorare 4 ore un giorno e magari 12 il giorno dopo, a seconda dei propri bisogni e delle richieste dei clienti”.

In questo senso la storia di Monica Vinci e quella di Lorenza Guerini che vi abbiamo raccontato ieri sono due esempi di come la creatività può agire sulle persone. Monica ha lasciato un lavoro importante (direttrice commerciale prima di Bmw e poi di Porsche) per un’esigenza personale qual è la nascita e la crescita di un figlio: l’abilità nel costruire gioielli, la conoscenza di tantissime tecniche di realizzazione – e l’apprendimento fin dalla più tenera età del ricamo, dell’uncinetto e la passione per il disegno – le hanno permesso di mettersi in gioco e realizzarsi come insegnante di tecniche di costruzione di gioielli, tenendo corsi prima della pandemia anche all’estero.

La storia di Lorenza Guerini invece riguarda il suo lavoro di insegnante e la possibilità di proporre ai propri studenti dei lavori manuali. “I ragazzi oggi hanno una manualità molto schematica, ovvero i gesti ripetitivi compiuti sullo smartphone – racconta Claudio Agosti – Per loro l’handmade può essere l’apertura di una radura di senso ulteriore, entusiasmante e creativa”. E difatti Lorenza ci ha raccontato quanto i suoi alunni siano incentivati dai lavori manuali.

Creattiva per la scuola: “Nuovi alfabeti”

La questione scuola-creatività riguarda anche il convegno che Creattiva organizza domenica 3 ottobre alle 10 presso la sala Convegni Caravaggio, con il titolo “Nuovi alfabeti: la scuola dopo la pandemia”. Interverranno Pier Cesare Rivoltella, Professore Ordinario presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore esperto di Didattica e Pedagogia Speciale, Cristiana Ottaviano, Professoressa Associata presso l’Università degli Studi di Bergamo dove si occupa di Sociologia dei Processi Culturali e Comunicativi, e Giuseppe Scaratti, Professore Ordinario presso l’Università degli Studi di Bergamo esperto in Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni. Al termine della mattinata i relatori risponderanno alle domande dei presenti.

Le attività continueranno a partire dalle 14.15 con tre laboratori: “Podcast Anch’io! Come attivare la classe, divertirsi e imparare ‘on the go’”, coordinato da Claudia Canesi, “Trasformiamo e costruiamo la matematica!” guidato da Elisa Marchisoni e “Robot, insegnami tu! Il Pensiero computazionale per risolvere problemi” gestito da Silvia Sirtori. I laboratori si ripeteranno nel pomeriggio (alle ore 14.15, 15.30, 16.45 e 18.00) per permettere al maggior numero di insegnanti possibile di parteciparvi in tutta sicurezza.

Il tutto avviene pochi giorni prima del World Teachers’ Day, dunque il convegno e i laboratori – gratuiti e a numero chiuso (150 posti per il convegno, 11 per ciascun laboratorio) – sono riservati agli insegnanti. È obbligatorio accreditarsi sul sito teachersday.it (ciascun insegnante può iscriversi al convegno e a due laboratori). Per gli iscritti è prevista la visita gratuita a Creattiva, presentando (in formato cartaceo o digitale) la conferma di avvenuta registrazione alle iniziative in cassa, dove riceveranno il biglietto di ingresso gratuito.

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