C’è un qualcosa di materno nella delicatezza con cui Susanna Alberti accarezza vasetti e modella blocchi d’argilla. Non possiamo stringerci la mano, ma le dita gliele osservo comunque: la terra si è insinuata fin sotto le unghie, ed è difficile lavarla via. Sorrido, le mostro i segni della penna sul mio anulare destro. A ognuno il suo mestiere, a ognuno la sua creatura: la penna e la ceramica.
Susanna Alberti mi apre le porte delle Officine Tantemani di Bergamo, in Via Suardi 7, e mi mostra il suo “piccolo universo” di piattini e pennelli. Durante la settimana, questo angolo di mondo si popola, e Susanna insegna a adulti e bambini come trasformare un blocco amorfo in una pantera colorata, con o senza l’aiuto di un tornio.
Premessa: quello di Susanna è un laboratorio nel laboratorio. Progetto della Cooperativa Sociale Patronato San Vincenzo, Tantemani propone esperienze lavorative, culturali e di aggregazione a persone con diverse abilità e fragilità. È una fucina di idee che prendono forma. Come l’argilla.
Come tutto è cominciato
Susanna Alberti, che lavora in Officine Tantemani fin dal giorno della loro inaugurazione, nel 2019, ha trentatré anni, una maglia arancione fluo e i capelli neri, raccolti con una coda alta. Cito i capelli perché sono un elemento importante della storia dell’artista. “Da piccola, non avrei mai pensato di fare la ceramista, anche se mia mamma mi ha sempre fatto fare cose creative con la pasta di sale. Dopo la terza media, sono andata all’open day del liceo artistico, del geometra e della scuola aeronautica. Ho scartato l’aeronautica perché avrei dovuto tagliare i capelli. Li avevo rosa”.
Susanna sceglie il liceo artistico senza pensarci troppo: “Questo posto sporco in Via Tasso pieno di disegni mi aveva convinto, mi immaginavo di lavorare al tornio in una soffitta”. Il sogno bohemienne di Susanna si concretizza in realtà molti anni più tardi. Dopo aver studiato Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Bergamo ed essersi specializzata alla I.U.A.V. di Venezia con una tesi sugli artisti che smettono di essere artisti, Susanna si prende del tempo per capire cosa le piace davvero fare. Per mantenersi, la mattina imbuca lettere e consegna raccomandate (“Guai a parlare male dei postini: è un lavoro faticosissimo!”). Nel pomeriggio, si dedica al disegno. Per togliersi un capriccio, si iscrive a un corso di ceramica con la mamma, ad Alzano Lombardo. È il 2014.
Dalla ceramica alle illustrazioni (e viceversa)
Dopo tre mesi di corso, Susanna comincia a fabbricare qualche regalino di Natale. Cuoce le sue creazioni a Bergamo. Poi, in un momento che definisce ancora di “shopping compulsivo”, si compra un tornio. Ma gli artisti, si sa, non fanno in tempo a dare forma a un’idea che già gliene frulla in testa un’altra.
Parallelamente alla ceramica, Susanna si dedica all’illustrazione. Nel 2015, si iscrive a MIMaster, un master di illustrazione a Milano, che le ha dà tutti gli strumenti per poter fare del disegno un vero e proprio lavoro.
Non sapendo scegliere tra ceramica e illustrazione, Susanna fonde insieme i due percorsi. Oggi, sul suo profilo Instagram trovate lavori in ceramica e stampe. Potete acquistarli entrambi. “Ciò che faccio con la ceramica parte spesso da un mio lavoro di illustrazione, o viceversa: sono comunicanti”.
C’è un elemento ben preciso che unisce ceramica e illustrazione: i colori. Avrei dovuto capirlo subito dalla maglia arancio fluo. Susanna (questo ci accomuna) è una grande fan dei colori, soprattutto quelli vivaci, accesi. “Mi piacciono un sacco. Vorrei tutti i colori degli evidenziatori, e quindi scelgo delle palette simili sia per le illustrazioni che per le ceramiche”.
I soggetti di Susanna sono coloratissimi. Le chiedo quale sia il suo preferito, tentenna un po’. Resta vaga, mi dice di amare tantissimo i pattern floreali. Al secondo posto forse ci sono i corpi, maschili e femminili, tutti belli cicciottelli. Poi, ama sperimentare. L’ispirazione le viene spesso dai clienti che commissionano un lavoro, o dai bambini, che sanno costruire vasetti-tigri ma anche vere e proprie città futuristiche.
L’online come opportunità e i social come vetrina
L’handmade è bello. È un dono di sé e del proprio tempo agli altri. Un oggetto artigianale è qualcosa di unico, un piccolo lusso a portata di mano. Ma vivere di solo handmade è complicato. Chiedo a Susanna come è riuscita a trasformare un corso di tre mesi in un lavoro remunerativo. Alza gli occhi al cielo: ha cominciato con i banchetti. Probabilmente, il primo mercatino in cui ha esposto ceramiche è stato il Factory Market ad Alzano, che già frequentava con le amiche vendendo vestiti usati.
Dal 2015 al 2020, Susanna si muove per la Lombardia, fa tappa a Roma, a Verona, a Torino. Nel frattempo, comincia a tenere corsi, apre uno shop su Etsy.com, poi si crea un sito da sola imparando a usare Cargo Collective, una piattaforma per creare siti. Quando la pandemia la costringe a rinunciare ai mercatini, non è poi così dispiaciuta. Lavorare con l’online le piace, e le frutta anche economicamente. “All’inizio, è fondamentale andare in giro per farti conoscere, ma poi se lavori bene sui social e sull’online, va bene così. Non basta fare ceramica, bisogna pensare a un’attività a 360 gradi”.
I social, soprattutto Instagram, sono per Susanna una vetrina insostituibile. “Instagram mi ha aiutato tanto, perchè è accessibile a tutti, ti svincola dalla territorialità. Se voglio sponsorizzare il mio profilo in altre regioni di Italia lo posso fare. Certo, Instagram lo usa un certo target, deve essere quindi congeniale a quello che fai. Io ho comunque delle clienti tra i 20 e i 35 anni, poi c’è qualcuno di più giovane o maturo”.
Fare, creare, manipolare
Tra banchetti, vendite online e corsi, mi viene naturale chiedere a Susanna quale sia la cosa che le piaccia di più. La risposta è molto semplice: zittire i pensieri e manipolare la terra. “Il bello di questo materiale è che deve rispondere alle leggi della fisica. Però si possono creare oggetti che ti sei inventato tu, e il fatto di manipolare l’argilla, dare forma all’idea che hai creato tu, è una figata”.
Devo ammettere che di ceramica ne so davvero poco. Da piccola aveva un tornio giocattolo, su cui mi divertivo a far girare blocchi di terra aspettandomi che i vasi si fabbricassero da soli. Poi ho visto “Ghost” e credo di aver trasformato il tornio in un oggetto romantico che avrei dovuto assolutamente comprare, una volta trovato il mio Patrick Swayze.
Susanna ride quando le cito il cult degli anni ’90. Ne ha preso spunto anche lei, per proporre “Oh my love”, un workshop di tornio di coppia. “In realtà, lavorare al tornio”, mi dice, “è molto più complicato di quello che sembra, ed è solo una delle tecniche con cui si può lavorare la ceramica. Io non ho iniziato con il tornio, ma con le tecniche di forgiatura manuali: colombino, pizzico, lastre”.
A Susanna non piace spiegare le cose, lei le fa. Mi mette in mano un pugnetto di argilla e riprende a parlare solo quando comincio a maneggiarlo. “Ecco, vedi, quello che stai facendo tu è una tecnica: è il pizzico”. Le si illuminano gli occhi. C’è una gioia nel manipolare la terra che a parole è quasi indescrivibile. “Lavorare la ceramica è davvero qualcosa di ancestrale: è terra, bagnata, il primissimo materiale che l’uomo si è inventato per dare forma a una idea. Questa potenza qua c’è ancora, è un materiale neutro che trasformi in quello che vuoi”. La ceramica è paziente: finché è umida, la si può modellare, rimodellare, gli errori si possono correggere.
Esiste un unico caso in cui la ceramica non perdona. Me lo confida Susanna, quasi in un sussurro: “Quando hai l’ansia, la ceramica lo capisce, lo assorbe, e ti restituisce questo sentimento con delle fratture. Se tu la ceramica non la lavori in pace, esce storta. La ceramica ti obbliga a spegnere il cervello, a concentrarti su quello che stai facendo, e a dedicarle tempo”. Sì, perché non c’è solo la modellazione. C’è la rifinitura, il giorno successivo. C’è l’asciugatura, che richiede un tempo di tre-quattro giorni. Poi una prima cottura di ventiquattro ore, la decorazione, una seconda cottura. “La ceramica ti obbliga alla calma”.
Storie di laboratori
Lavorare la terra dà soddisfazione, lavorarla insieme agli altri ancora di più. Negli anni, Susanna ha conosciuto mamme, bambini, ha raccolto storie e le ha trasformate in ciotoline e piattini. Tra i laboratori che ha amato di più ci sono quelli svolti con i ragazzi che frequentano quotidianamente le Officine Tantemani. C’è anche un corso tenuto l’anno scorso in collaborazione con AIPD (Associazione Italiana Persone Down), che le ha consentito di mettersi alla prova anche nell’ambito della gestione delle diverse fragilità e disabilità.
Susanna non ha dubbi su quale sia il corso più divertente che abbia mai tenuto: un workshop di ceramica erotica organizzato in collaborata con Orlando Festival e Chiara Cerinotti, ceramista di Verona. “All’inizio, ero forse più inibita io delle mie studentesse. Poi, il disagio è scomparso. Lavorare con vasi-seno o vasi-sederi te li normalizza. Le studentesse hanno dimostrato una voglia impressionante di sfidare i tabù”.
Insomma, lavorare con la ceramica non è solo bello. È liberatorio. Provateci.