I l profumo di legno lo senti subito. È pungente, resinoso, avvolgente. Commuove chi è abituato a camminare nei boschi e chi, come me, è cresciuto con un nonno antiquario e ha imparato a lucidare tavoli dell’Ottocento.
Quando Francesca Levoni apre le porte del suo laboratorio, mi sembra di tornare bambina. Cassettiere di legno dipinte in azzurro, un’ape un po’ cicciotta appesa ai pioli di una scala, la luce soffusa. Siamo nel cuore di Bergamo, non lontano da Via Broseta, eppure il “Fr’angolo” ha tutto l’aspetto di un mondo a sé, dove a far da padrone è il rumore di un traforo. “Sono entrata ufficialmente qua a fine agosto. Prima lavoravo a casa” mi rivela l’artigiana. “C’era l’annuncio di questo posto che vedevo da mesi, ma dalle foto non mi convinceva. Poi a giugno sono venuta a vederlo e me ne sono innamorata. Era tutto bianco, luminoso. L’ho preso subito, tra luglio e agosto ho dipinto mobili, pareti, ho preparato quello che volevo preparare in pronta consegna, organizzato il laboratorio, fatto i banchi di lavoro e sono partita” .
Il primo amore non si scorda mai
Francesca mi racconta la sua storia dopo avermi presentato il più amato tra gli oggetti che popolano il suo laboratorio: il traforo. È con un traforo che è cominciato tutto. “Ho sempre fatto lavori d’ufficio. Mi sono occupata di amministrazione e selezione del personale per un’agenzia del lavoro per quattrodici anni, poi di back office commerciale per ABenergie. Nel 2015, sono passata a un’altra azienda” . La sera, dopo il lavoro, comincia a farsi strada nella mente di Francesca la necessità di canalizzare la creatività in un’attività manuale. “Tornavo a casa la sera e mi inventavo sempre qualcosa: ho avuto il mio periodo cucito, mi sono data al découpage, alle torte americane decorate” .
Sorrido, mentre la mia interlocutrice si scosta la frangia dalla fronte. È un fiume in piena. “Il 2016 è stato per me un anno pesantissimo. A ottobre, sono stata licenziata. Avevo 45 anni. Il mio ex marito mi ha regalato un traforo, un macchinotto classico del Leroy Merlin e mi ha detto ‘Divertiti’. E quindi io e il traforo ci siamo guardati a lungo, per circa un mese, gli giravo attorno… cercavo di capire e facevo andare la testa… poi l’ho preso in mano e ho cominciato a tagliare il legno” .
Mi è capitato spesso di incontrare figli d’arte. Ma Francesca figlia d’arte non è. Ancora oggi non si spiega da dove provenga quell’indole creativa che l’ha spinta a dedicarsi al taglio, al carteggio e al decoro a tempo pieno. “Non avevo mai lavorato il legno in vita mia e non avevo nessuno in famiglia che lo faceva. Mia madre è interprete, mio papà era biologo” . Lei stessa, me lo ripete, si è seduta per anni alla scrivania di un ufficio.
Quando scopre di poter dedicare giornate intere al legno, per Francesca è “gioia immensa” . All’inizio del 2017, comincia a creare ciondolini, portachiavi, ad affidarsi ai passaparola delle amiche. Apre una pagina Instagram , che poco a poco raduna sempre più curiosi. È il 2018 quando la passione diventa lavoro a tutti gli effetti: Francesca apre partita IVA, rendendo ufficiale il passaggio da hobbista ad artigiana.
Dall’idea al prodotto
Da piccola, “la Fra” voleva fare la giornalista. Non è diventata artigiana delle parole, ha preferito dare alle idee una forma più concreta. La forma tonda di un animale, di un’ape “bella cicciosa”, di una scritta decorata o di un coniglietto con gli occhioni e i pomelli rossi. Il mercato a cui Francesca ha scelto di indirizzarsi è quello del bambino, “un mercato molto fertile, anche se non facile, perché le mamme oggi non sono facili, hanno le idee molto chiare” .
Chiedo a Francesca, che di tanto in tanto si scusa per la segatura sparsa sui pavimenti, di spiegarmi come succede che un pannello di legno finisca nella cameretta di un bambino. “Il cliente mi contatta di solito sui social o via mail. Lavoro tanto su commissione perché a oggi c’è la predilezione per il personalizzato: il nome dei bambini devono essere su qualunque oggetto. Non tutto quello che mi viene richiesto ora lo faccio: se non rispecchia il mio stile dico di no. In questo mi sento più forte rispetto a quando ho cominciato” , sorride. “Quando il progetto viene stabilito faccio un preventivo, richiedo il pagamento anticipato. Metto poi l’ordine in agenda, lo scadenzio e do delle tempistiche molto precise sulla consegna, che rispetto a costo di lavorare di notte” .
La voce di Francesca trema. Arriva la parte del lavoro che preferisce. “A questo punto faccio le grafiche, che poi riporto su legno con la carta carbone. Mi dedico al taglio e al carteggio. Sono molto precisa: mi è capitato di buttare via cose che non erano venute come dicevo io” . Il mondo del legno è un mondo di prove e di sbagli. Un mondo che nasce, sempre nuovo, di volta in volta. “Il taglio mi piace da impazzire. Mi metto lì, la mattina, con le cuffie e Radio Deejay e taglio, posso andare avanti ore... mi piace vedere uscire la cosa da un blocco di legno. E poi mi piace vederla finita, soprattutto se rispecchia quello che avevo in mente di fare” .
Una volta carteggiato il legno, si passa al decoro, ai colori (tantissimi, sempre diversi, con una predilezione per le tonalità pastello). Questa fase del lavoro non avviene in laboratorio, ma a casa, dove ad aspettare Francesca ci sono otto gatti e due cagnolone. Spesso, a fare compagnia all’artigiana c’è anche mamma Elena. “Mia mamma si occupa dei pacchetti. Fa dei pacchetti meravigliosi, in carta velina bianca. Mi piace fare arrivare il regalo a casa delle mie clienti. Anche se è per te, è giusto che l’oggetto che acquisti arrivi con un packaging molto curato, preciso, che rispecchi il mio stile” .
Il Fr’angolo virtuale
La mia interlocutrice ha un “Fr’angolo” fisico che profuma di bosco. Poi ne ha uno virtuale, una community Instagram di oltre 10mila persone con cui negli anni ha costruito relazioni. Francesca non ha mai partecipato a mercatini, ha preferito dedicarsi fin da subito all’attività sui social network. È l’altro lato, altrettanto faticoso, del suo mestiere. “Quando ho aperto il profilo Instagram, non sapevo come utilizzarlo. Ho fatto dei corsi e ho imparato a gestire la pagina, a dare un filo logico ai post, a mettere foto mie, perché i personal brand devono mettere la loro faccia se no il cliente dall’altra parte non si fida” .
Lavorare su Instagram significa comprendere il proprio target, che per Francesca è composto principalmente di donne e mamme, più o meno giovani. Richiede anche di saper creare e coltivare legami: “Sul mio profilo io rispondo a tutti, a chi mi scrive in direct o chi sotto i post. Devi riconoscere a queste persone che una grande parte del tuo successo dipende da loro, che ti tengono in piedi” .
Il Fr’angolo ha anche una mascotte. Si chiama Pigo, ed è uno degli otto gatti, tutti trovatelli, che affollano la casa di Francesca. “Non so come Pigo sia diventato così prorompente nella mia attività: è un gatto che le mie ‘amiche virtuali’ amano follemente” . Ospite fisso del laboratorio, che Francesca ha ribattezzato “Pigolab” , il micio bianco e nero segue la sua padrona dappertutto. Mi guardo attorno, le orecchie tese, caso mai percepissi un miagolio. Oggi Pigo è rimasto a casa, mi confida dopo un po’ la mia compagna. Però è finito nel logo della sua attività e nelle bellissime cartoline disegnate dalla grafica Elisa Ansuini .
“I gatti su Instagram sono molto amati” , ammette Francesca. “Tante persone hanno cominciato a seguirmi perché c’era un gatto. Poi nasce il bambino dell’amica, il loro, il nipotino. A quel punto si trasformano in clienti perché comunque le ho viziate, le ho tenute. Erano persone che c’erano, che partecipavano alle mie stories. È come annaffiare le piantine che pian piano ti danno il fiore” .
L’altra faccia della medaglia del social è più difficile da gestire e amara da considerare. Non faccio fatica a immaginarlo. Di maleducazione digitale non si parla mai abbastanza. Il volere tutto subito, il non avere grazia nel rapportarsi con chi sta al di là di un profilo: sono atteggiamenti noti a Francesca Levoni. Di più: “Il limite di questo lavoro è che dall’altra parte difficilmente c’è la comprensione che sia un lavoro e che, in quanto lavoro, richieda fatiche e dia preoccupazioni. Confrontandomi con le altre artigiane, la sensazione è questa: che sia un lavoretto, un hobby, che se lavori nel weekend è perché ‘c’è passione’” . E se da una parte è vero, dall’altra c’è quel lato del mondo handmade che ancora in tanti hanno bisogno di scoprire.
Buoni propositi per l’anno nuovo
Mentre ascolto, accoccolata sulla mia poltroncina, si è fatto buio. È tempo per me di tornare in ufficio, per Francesca di godersi le meritate vacanze di Natale. Di tempo libero, l’artigiano ne ha poco, soprattutto nei periodi festivi. Francesca si è promessa di prendersene di più, nel 2022. Si dedicherà alla lettura, mi dice, e alla casa, che di tanto in tanto rivoluziona: “Come mi stanco di fare sempre le stesse cose sul lavoro, mi stanco a casa della stessa posizione dei mobili e quindi sposto, ritinteggio le pareti. Le novità mi danno gioia” .
Tra i progetti in cantiere, c’è anche quello di visitare alcune delle artigiane conosciute negli anni su Instagram, come Alessandra del Clan Delle Volpi , che Francesca videochiama spesso mentre lavora. Dai viaggi, conclude l’artista, è bandita l’autostrada. La annoia. “Anche se vado a Milano mi piace attraversare i paesi, immaginare le cose, le case all’interno. Non amo i viaggi dove salgo e scendo, mi piace passare attraverso, fantasticando” .