“Porta una giacca pesante. Fa freddo”. Enus Milesi non ha tutti i torti. Le temperature primaverili di questi giorni calano a poco a poco sul quadro della mia auto mentre mi avvicino a Isola di Fondra. Un comune di un centinaio di abitanti, a pochi chilometri da Piazza Brembana. Accosto, mentre un’allegra famiglia di sciatori mi sorpassa. Il laboratorio di Enus sorge lungo la strada che porta a Foppolo.
Il proprietario mi aspetta fuori – tenuta anti-infortunistica, cappello di lana e guance rosse dal freddo – e mi invita a entrare nonostante non abbia (si scusa fin dal primo momento) una “bella macchinetta del caffè”. Poco importa. Al profumo di caffè preferisco quello di legno. E qua dentro è intensissimo. C’è una motosega, poggiata sul tavolo all’ingresso. Una delle tante con cui Enus dà vita alle sue sculture: animali, volti umani, seggiole, cuori. Pezzi unici, che hanno reso il loro autore molto noto in Val Brembana, a Bergamo, e perfino oltre confine.
Una motosega in cambio di una moto
Classe 1966, nativo di Ornica ma residente a Piazza Brembana, Enus si affaccia al mondo della scultura fin da bambino. “Ho sempre avuto una passione per le scuri. Mio papà faceva il boscaiolo. Andavamo a tagliare la legna nei boschi a dicembre e io lo osservavo. Ero ancora troppo piccolo per usare una motosega, per cui la maneggiava mio fratello”. A circa dieci anni, Enus comincia ad aiutare il padre tagliando a pezzi i tronchi e trasportandoli verso casa.
“Ricordo molto bene un pomeriggio di agosto, una gara di boscaioli a Ornica. Mio zio Luciano realizzava degli sgabelli. Io mi sono fatto accendere la motosega dallo zio e ho fatto una piccola sedia anche io”. Enus arrossisce, mentre da avvocato del diavolo mi metto a discutere su quanto potesse essere sicuro, per un bambino, maneggiare una motosega. “Erano altri tempi” mi confida il mio interlocutore.
Da strumento di lavoro a strumento d’arte è un attimo. “A 14 anni, mio papà mi comprò una moto da trial, perché l’aveva comprata anche a mio fratello e l’aveva pagata 500mila lire. Ho tenuto la moto da maggio a settembre circa. Poi a ottobre ho detto: ‘Papà, voglio vendere la moto e comprare una motosega!’”. Al sì del padre, Enus si fa accompagnare dallo zio a Zogno, dove Piero Fracassetti, titolare di un negozio di motoseghe, non può che accontentare l’anomala richiesta.
La natura che parla da sé
La prima scultura che Milesi realizza è uno scoiattolo. “Gli animali del bosco mi sono sempre piaciuti”, confessa. Qualche anno fa, in occasione della Sagra degli Uccelli di Lenna, Enus ha colorato le rive del Brembo con circa 60 sculture: orsi, caprioli, aquile, cerbiatti, marmotte, ma anche pescatori, miniature di nonni e nonne colti nell’atto di fare il fuoco o di cucinare la polenta. Cosa incidere nel legno, Enus lo decide al momento. “È il legno stesso che mi parla quando sono nel bosco che vedo delle piante, degli alberi dalla forma particolare, mi fermo. Il legno dritto non mi piace”. Spesso, Enus si imbatte in tronchi e radici dalle forme talmente curiose che non ha nemmeno bisogno di lavorarci più di tanto.
Al mio sguardo perplesso, l’artista risponde mettendomi davanti una radice che ha trovato di recente: “Ha la forma di un coniglio. Lo vedono tutti! Tu sei lì a trasformare la natura, a crearla, ma la natura è già di suo un’opera d’arte”. Le mani di Enus, che la segatura e la fatica hanno reso ruvide e polverose, raccolgono poi da terra un cuore di legno. Me lo regala, invitandomi a tastarne i bordi. Un lato del cuore è ben levigato, l’altro è segnato da tagli. “Ho trovato questo legno già così, bello pulito da una parte, seghettato dall’altro. E ho pensato di farci un cuore, che per metà ha sofferto e per metà è invece gioioso, come capita a tutti”.
Voglio capirne di più e chiedo al mio interlocutore quando e come si dedica all’arte che l’ha reso famoso in tutta la valle. In settimana, Enus lavora come boscaiolo. Alle sculture si dedica principalmente nel weekend, insieme a un paio di ragazzi che lo affiancano con passione – tra cui Pietro, che quando ha incontrato Milesi aveva sedici anni e ora ne ha quaranta.
Enus realizza spesso le sue opere su commissione, per associazioni, Pro Loco, ma anche per privati. Tra i clienti storici, Mauro Corona, i Nomadi. Lo scultore ricorda ancora le parole che gli rivolse Beppe Carletti, fondatore della band: “Mi disse: ammiro la tua capacità di vedere qualcosa di buono, anche in un tronco del tutto storto”. Non usa schizzi né disegni preparatori. “C’è un ragazzo che mi segue spesso. Lui è molto preciso e bravo con gli scalpelli. Disegna sempre. Io invece no. Mi basta vedere il legno per immaginare la scultura, e i lavori che più mi piacciono sono quelli dove sono io a decidere cosa un pezzo di legno diventerà”. Per realizzare le sue opere, Milesi non usa scalpelli, ma solo motoseghe, alcune più piccole, con la punta fine, più adatte ai dettagli e alle scritte, e altre più grandi. In tutto, Enus ne ha circa un trentina, e altrettante da collezione.
Progetti che fanno del bene
Quando scolpisce, Milesi è rapidissimo. Nel 2017, ha guadagnato il sesto posto partecipando al Campionato Mondiale di scultura lignea in velocità a Edolo. Accanto a lui, persone da tutto il mondo: inglesi, cinesi, argentini. Un’esperienza che Enus ricorda con emozione. “Nel 2011 passò il Giro di Italia a San Pellegrino”, continua a raccontare. “Realizzai una scultura di un ciclista, che oggi è stata spostata sul Colle Gallo, dove c’è il Santuario dei Ciclisti”.
Tra i progetti in corso, c’è un’aquila pronta a spiccare il volo. Tra quelli appena conclusi, una serie di sculture in legno che verranno posizionate nel parco del Comune di Presezzo. Rappresentano un gallo, una marmotta, la torre e il caprone dello stemma comunale. Enus le ha ricavate insieme a un altro artista del legno, Diego Calvi, da una quercia secolare recentemente abbattuta perché infestata da un fungo.
E poi, tra i lavori più amati, le dimostrazioni nelle piazze e nelle fiere, soprattutto quelle fatte per i ragazzi del Centro Disabili di Nembro. E poi un cuore di legno, che Milesi ha donato nel settembre 2020 all’ Associazione SOS (Solidarietà in Oncologia San Marco – San Pietro) e che è stato poi messo all’asta per raccogliere i fondi necessari alla ricerca e alla cura dei pazienti oncologici. “L’idea di un cuore per la ricerca è nata durante il lockdown. Ero qua, ho fatto un giro nel bosco e ho trovato una radice in abete rosso, che mi ha fatto subito pensare a un cuore. Davanti alla scultura ho messo un’inferriata: il nostro cuore in quel momento era come imprigionato perché non vedevi più nessuno, nemmeno la mamma, gli amici…”.
“Bisogna sempre fare del bene” è l’invito che mi rivolge Enus, mentre prende in mano un cappello da alpino ricavato nel legno. Uomo dai mille volti, lo definisco. Scultore, alpino, boscaiolo, volontario della Protezione Civile. Milesi è noto in terra bergamasca anche per organizzare l’attesissimo Presepe Vivente degli Antichi Mestieri che ogni anno si tiene in Città Alta in collaborazione con il ristorante Da Franco. “I presepi viventi sono una grande passione. Sia quelli fisici, artigianali (quando andavo nel bosco da piccolo, mi portavo a casa le radici per fare la grotta per le pecore o altro), sia quelli viventi. Quando li fai, ritorni ancora bambino. Ho fatto un presepio a Isola di Fondra con 252 comparse perché avevo messo tutti i boscaioli, i bambini, gli anziani… Volevo far rivivere i mestieri di una volta: la nonna che usciva al sole col grembiule in testa per fare i calzini, il nonno che fa su la gerla”.
La volontà di Enus di dare vita, con un presepio vivente, alle antiche professioni delle valli, è molto simile al lavoro che svolge tutti i giorni con tronchi e radici. “Dai una forma eterna a cose che altrimenti scompaiono” ammette mentre mi accompagna all’ingresso. Incisa nel legno, accanto alla porta del garage, campeggia una scritta: “Nell’arte la natura si dona generosa. L’uomo e il suo plasmare la rendono preziosa”.
C’è anche un ramoscello d’abete, accanto al disegno di un sole sorridente e di una nuvola di pioggia. “Vedi quel rametto?”, mi dice indicandolo. “Oggi il tempo è bello e il ramo indica il sole, quando si avvicina il temporale, il rametto si alza da solo e indica la pioggia. Lo fa da solo, con l’umidità. È una cosa che mi ha insegnato mio nonno”.
Rimango a bocca aperta, mentre Enus mi confida l’ultimo segreto, prima di salutarmi. Piero Fracassetti, l’uomo di Zogno che ai tempi rimase stupito di fronte a quell’adolescente che chiedeva una motosega in cambio di una moto, gli ha appena fatto un regalo. “Mi ha donato la sua motosega, la motosega più vecchia dell’alta valle. La devo ancora pulire, sistemare. Intanto la tengo lì come l’oro. E mi commuovo”.