La siccità di quest’inverno, così inaspettata e così poco familiare in una zona come la bergamasca, ha avuto il potere di portare i discorsi sul cambiamento climatico a un livello molto più terra terra, comprensibile, vicino. Un conto è sentir parlare di iceberg che si sciolgono o di foreste che bruciano all’altro capo del mondo. Tutt’altra storia è vederne le conseguenze sulla propria pelle. Aiuta a ricordarci che, sebbene non siamo tutti sulla stessa barca, certamente stiamo affrontando tutti la stessa tempesta.
Un simbolo inaspettatamente rappresentativo di questa situazione è il torrente Morla, che, nonostante nasca nel territorio di Sorisole e Ponteranica, è considerato da sempre “il fiume di Bergamo”, visto che ben 8 chilometri dei 14 totali sono compresi nel territorio comunale del capoluogo di provincia. Valtesse, Borgo Santa Caterina, Borgo Palazzo, Campagnola: sono numerosi i quartieri che se lo contendono (e che non riescono ad accordarsi sul suo genere: si dice la Morla o il Morla? Ai posteri l’ardua sentenza).
Nei più secchi giorni di aprile, chi passeggiava lungo i suoi argini o attraversava uno dei ponticelli che lo sovrastano si è trovato di fronte uno spettacolo disarmante: livello dell’acqua praticamente inesistente, fondo scoperto e pozze melmose. Riscaldamento globale a domicilio davanti alla porta di casa? «Per sua natura, il Morla è soggetto a sostanziose oscillazioni della portata», mette in chiaro Eric Spelta, agronomo del Parco Locale di Interesse Sovracomunale (PLIS) del Rio Morla e delle Rogge, «ma, perché si trovi in secca, deve trattarsi di un periodo particolare e ben contenuto o dev’esserci una mancanza di precipitazioni della durata di mesi, come sta succedendo ora».
Il Morla ha, per la verità, caratteristiche molto diverse a seconda del tratto che si prende in considerazione. Come spiega Spelta, «bisognerebbe spezzarlo in tre: la prima parte è la zona a nord di Bergamo, dove il Morla è un torrente pedemontano, che scorre in mezzo al verde, ha apporti laterali ed è accerchiato da un ambiente agricolo, semi-naturale; la seconda è la parte urbana, dove è più o meno tutto canalizzato e si sviluppa in un ambiente artificiale; l’ultima è la parte sub-bergamasca, dove torna in ambiente agricolo».
È stata proprio la sua ricchezza e varietà a ispirare, nel 2004, la fondazione del PLIS del Rio Morla e delle Rogge, per opera dei Comuni di Comun Nuovo, Levate e Zanica, supportati dall’azione di alcuni cittadini. «L’intento, ieri come oggi, era di tutelare le ultime aree agricole e gli spazi aperti semi-naturali presenti nel territorio del Parco dalla crescente pressione urbanistica», si legge sul sito del Parco. Il territorio del Morla «rappresenta ormai l’unico spazio ancora prevalentemente agricolo e con elementi semi-naturali di pregio, come prati e fasce boscate lungo le rogge, nella fascia periurbana di Bergamo».
A spiegarmi le finalità del Parco è Matteo Vezzoli, assessore all’ambiente del Comune di Zanica: «abbiamo istituito il PLIS per tutelare le aree agricole intorno al Morla e preservare il corridoio ecologico che si va a instaurare con il Parco del Serio. Inoltre, c’è una finalità di educazione ecologica: diffondere una maggiore coscienza ecologica e formare alla corretta lettura e tutela del paesaggio, del territorio e della biodiversità. Infine, è un ponte di relazione tra istituzioni, che collaborano con un fine comune: oltre ai Comuni fondatori, il Comune e la provincia di Bergamo, Ersaf e il Parco dei Colli di Bergamo».
Il PLIS ha visto negli anni numerosi interventi di tutela del paesaggio, tra cui, nel 2010, un importante intervento di rimboschimento. Mi racconta Spelta: «due anni di lavori e cinque di manutenzione hanno dato vita a una rete ecologica naturale. Lungo il Morla e le pertinenze laterali sono stati creati circa 3 ettari di nuovi boschi distribuiti tra i quattro Comuni». Nella pianura agricola, i boschi rimasti, sebbene presenti in percentuale minima, ricoprono una funzione essenziale per il mantenimento della biodiversità, la riduzione dell’inquinamento e la regolazione dei cicli naturali della CO2, dell’acqua e di molti altri elementi.
«L’intento», continua Spelta, «era quello di avere una visione più alta e una prospettiva temporale più lunga di quella dei singoli mandati delle singole amministrazioni. E ha ripagato: ora quelle zone iniziano a configurarsi come veri e propri boschi, zone piacevolmente vivibili anche dalle persone e non solo dalla piccola fauna locale».
«Quello di riabilitare gli spazi», spiega Vezzoli, «è uno dei maggiori obiettivi del PLIS. L’idea è preservare gli ambienti naturali non solo a beneficio esclusivo della flora e della fauna locale, ma anche per restituire alla popolazione la possibilità di utilizzarli e di viverli».
Nonostante, infatti, gran parte del territorio del Parco sia rappresentata da campi coltivati, vengono mantenute attive alcune forme di gestione del territorio che favoriscono la presenza di habitat importanti per il mantenimento della biodiversità animale e vegetale. In alcune aree del Parco, inoltre, si mantengono alcune formazioni vegetali tipiche, collegate alla storia del territorio, come i filari di gelso gestiti a “testa di moro” per l’alimentazione del baco da seta, un tempo fondamentale fonte di reddito per gli abitanti.
Altro habitat del Parco sono i prati, sebbene arginati dall’agricoltura moderna e ad alta meccanizzazione. I prati ricoprono un importante ruolo ecologico, grazie alla loro costante copertura del suolo, che evita l’erosione e immagazzina CO2 catturata dall’aria. Sono inoltre casa per numerose specie vegetali, animali e insetti, che qui trovano luoghi adatti all’alimentazione e alla nidificazione. E contribuiscono infine alla differenziazione degli habitat e del paesaggio.
Il torrente Morla è protagonista anche del progetto «Cli.C. Bergamo! – CLImate.Change. Bergamo!», di cui abbiamo parlato tempo fa. Il Comune di Bergamo, in partenariato con il Parco dei Colli di Bergamo, Legambiente Lombardia ed ERSAF, l’ha presentato nel luglio 2020 al bando lanciato da Fondazione Cariplo denominato «Call for Ideas “Strategia Clima”», per la co-progettazione di una Strategia di Transizione Climatica (STC) e la realizzazione di alcuni interventi.
«Il Parco dei Colli di Bergamo», spiega Pasquale Bergamelli, Responsabile del Servizio Tutela Ambientale del Parco, «ha ottenuto l’opportunità di essere soggetto attuatore di una serie di azioni, tra cui un progetto di riqualificazione naturalistica di un tratto del torrente Morla in zona urbanizzata del comune di Ponteranica. Un progetto dal valore totale di € 550.000,00, che vede coinvolti in prima linea il Parco dei Colli, in quanto soggetto attuatore, il Comune di Ponteranica e i progettisti, ovvero l’azienda Ecogeo srl di Bergamo».
L’intervento sul Morla è duplice. Da un lato, «l’azione interessa un tratto molto antropizzato del Morla di circa 500 metri lineari in località Pontesecco, per cui si prevedono di realizzare interventi di rinaturalizzazione dell’alveo e degli argini del torrente basati sull’uso prioritario di tecniche Nature Based Solution (NBS) e su una riduzione consistente delle parti cementificate». In una parola: depavimentazione.
Dall’altro lato, «un incremento della vegetazione di circa 4.000 nuovi arbusti autoctoni collocati in numero 6-10 arbusti per metro lineare, in funzione delle caratteristiche dei diversi tratti delle sponde». «L’intenzione», riassume Bergamelli, «è quella di restituire naturalità all’alveo, migliorare la qualità e la gestione delle acque e migliorare la qualità della vegetazione con lo scopo di offrire agli abitanti un ambiente più sano, più sicuro, meno inquinato, più accessibile e di qualità paesaggistica».
E non è finita qui: «è in cantiere anche il cosiddetto “contratto di fiume”, intitolato “Il Morla e i suoi affluenti – come scorre tra i Colli e la città di Bergamo”, uno strumento volontario di programmazione strategica e negoziata che persegue la tutela, la corretta gestione delle risorse idriche e la valorizzazione dei territori fluviali. La prospettiva è quella di creare un percorso virtuoso che sappia restituire valore al Torrente che da sempre rappresenta un asse ecologico identitario del territorio bergamasco, ma che in molti contesti è compromesso a causa dell’intensa influenza delle attività umane».
Insomma, intorno al Morla c’è grande fermento. Che sia questa una buona traccia su come stiamo affrontando il cambiamento climatico? Dal locale al globale, un piccolo segnale di speranza.