Sarà pur vero che “a goccia a goccia si scava la pietra”, ma se parliamo di energie rinnovabili ci sarebbe bisogno di un fiume intero per intaccare l’enorme masso degli obiettivi europei che rotola di gran lena giù per il dirupo dei nostri ritardi. Infatti, nonostante nel 2020 nel Vecchio Continente la produzione di elettricità da energie rinnovabili abbia superato per la prima volta quella da combustibili fossili, basta sollevare appena appena il tappeto dei grandi traguardi per scovare nugoli di polverosa sconfitta. Infatti, nello stesso anno, fotovoltaico, eolico e idroelettrico hanno registrato un calo del -32% rispetto al 2019.
La situazione è migliorata nel 2021, quando hanno iniziato a farsi sentire gli effetti del Superbonus 110% e di altri decreti a favore dell’eolico e delle comunità energetiche. Secondo l’Osservatorio FER (Fonti di Energia Rinnovabili), realizzato da ANIE Rinnovabili, nei primi nove mesi del 2021 si è registrato un totale cumulato di 809 MW: ben +30% rispetto allo stesso periodo del 2020. Una media che nasconde grosse differenze: 607 MW per fotovoltaico (+20%), 179 MW per eolico (+229%) e 22 MW per idroelettrico (-63%). Quest’ultimo, in particolare, vede la Lombardia tra le regioni che hanno registrato cali più significativi.
L’Italia, per la sua conformazione, avrebbe buone ragioni di investire quote significativamente maggiori nel settore. Non fosse altro che per ragioni di mercato. Come spiega ANIE, “disponendo le FER di commodity energetiche non negoziabili sui mercati e gratuite, perché fornite da madre natura, quali sole, vento ed acqua, la maggior penetrazione delle FER (...) può contribuire a ridurre i prezzi dell’energia elettrica sul mercato elettrico grazie ad una maggior indipendenza dai combustibili non rinnovabili: l’Italia è una miniera inesauribile di sole e vento, diversamente dalle altre commodity energetiche”.
Un’altra buona motivazione, a sfondo più prettamente politico, sarebbe la speranza di allinearsi agli obiettivi legislativi: occorre infatti che il nostro Paese faccia molto di più per traguardare gli obiettivi del PNIEC (Piano Energia e Clima) al 2030. Il rischio è, anzi, che la transizione energetica si protragga fino al 2100: se l’Italia dovesse continuare a installare nuova capacità di generazione con il trend attuale, ossia 0,85 GW all’anno, arriverebbe con 35 anni di ritardo sugli obiettivi del PNIEC e addirittura 70 sul pacchetto climatico europeo “Fit for 55”. Quest’ultimo si riferisce alle proposte legislative per raggiungere entro il 2030 gli obiettivi del Green Deal europeo di riduzione delle emissioni dal 20 al 55%.
Prospettive certamente poco rassicuranti. Ma come si posiziona Bergamo in questo quadro? C’è innanzitutto da fare una premessa: territori diversi consumano quantità diverse di energia, a seconda di diversi fattori come densità abitativa, numero di abitazioni, di mezzi di trasporto, di luoghi di lavoro e così via. Le città, i centri urbani, sono i territori che richiedono e consumano i maggiori quantitativi di energia: nei capoluoghi finisce in media un quinto dell’energia elettrica consumata dall’intera provincia. Bergamo, con una percentuale di 6,3%, corrispondente a 8.257,10 GWh su 520,99 GWh totali provinciali, è tra i capoluoghi con le quote più basse di consumi.
Ma quanta di questa energia è prodotta da fonti rinnovabili? In Italia, quasi tutti i capoluoghi producono energia da fonte solare fotovoltaica. Bergamo, in particolare, registra una produzione netta di energia elettrica in impianti fotovoltaici di 9.711.874 kWh, che incide per l’1,4% sul totale nazionale.
Molto meno diffusa nella Penisola (e totalmente assente in bergamasca) è la produzione di energia eolica, per la quale è necessaria una determinata conformazione geologica che si presti all’installazione delle pale eoliche. Similmente poco presente è la produzione di energia idroelettrica: sono solo 8 i Comuni capoluogo che la producono e tra di essi rientra anche Bergamo, che a livello provinciale conta una produzione lorda annua di 1.006,8 GWh, un decimo del totale regionale.
La transizione energetica è tra le priorità ambientali globali: basti pensare che il settore energetico, da solo, è responsabile di quasi tre quarti delle emissioni globali di gas a effetto serra e che, nel 2021, le emissioni prodotte dal settore energetico sono state 33 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente.
Lato produzione, la situazione globale non migliora di certo: quasi l’85% dell’energia che consumiamo nel mondo utilizza i combustibili fossili come fonte primaria, ovvero petrolio (33%), carbone (27%) e gas (24%). Le rinnovabili sono a poco più dell’11%, ma togliendo l’idroelettrico i soli fotovoltaico ed eolico sono ben al di sotto del 5%. Sul fronte europeo la penetrazione delle rinnovabili nel mix energetico raggiunge invece quasi il 20% e si punta ad almeno il 32% entro il 2030.
Anche l’Italia è a buon punto sull’utilizzo di energie rinnovabili, in linea con (anzi in anticipo su) gli obiettivi europei e nazionali: l’obiettivo del 17% di energia rinnovabile da raggiungere entro il 2020 è stato già conseguito nel 2014.
Tuttavia la strada da percorrere è ancora lunga. Il professor Michael Mann, uno dei principali climatologi al mondo, indica quali interventi sarebbero necessari per decarbonizzare le nostre economie. Primo, “togliere i sussidi alle industrie dei combustibili fossili e incentivare le energie rinnovabili”. Secondo, sfruttare tutti gli strumenti a disposizione, come la carbon tax o approcci alternativi come il “cap and trade” (un programma di regolamentazione del governo che stabilisce un tetto alle emissioni). Terzo, spostare l’attenzione dal peso dei comportamenti individuali alla responsabilità politica: “possiamo usare la nostra voce attraverso il voto e facendo pressione sui politici, opinion leader e persone che hanno influenza e potere a vario livello”.
È certamente possibile, secondo Mann, decarbonizzare l’economia globale con la tecnologia di energia rinnovabile esistente: eolica, solare, geotermica, accumulo di energia, tecnologia delle reti intelligenti”. Lo studioso ci tiene a sottolineare il punto: “Abbiamo gli strumenti, gli ostacoli non sono tecnologici (...), sono politici”.
Per ridurre drasticamente le emissioni di CO2 del settore energetico occorre, secondo gli esperti, seguire due strade maestre. Una è quella dell’efficientamento energetico, per la riduzione dei nostri consumi. La seconda strada è quella dell’elettrificazione di quanti più settori possibili. Il rapporto Net Zero by 2050 della IEA indica quali siano le tappe da percorrere nei prossimi 30 anni per ottenere una riduzione delle emissioni compatibile con il contenimento del riscaldamento globale entro 1,5°C.
Alcuni esempi: entro il 2030 il 60% delle auto vendute dovrebbero essere elettriche; nel 2040 la metà di tutti gli edifici dovrebbe essere a emissioni zero; nel 2050 quasi tutti i settori dovrebbero essere elettrificati e il 90% dell’elettricità dovrebbe essere generata da fonti rinnovabili: il fotovoltaico e l’eolico da soli dovrebbero rappresentare il 70% del totale.
Indicazioni precise, ma molto difficili da portare a termine con l’attuale andamento degli interventi. Per realizzare i soli obiettivi del fotovoltaico, a livello globale bisognerebbe installare ogni giorno fino al 2030 l’equivalente del più grande parco solare ad oggi esistente. Per quanto riguarda l’Italia, da qui al 2030 dovremo installare, a seconda degli scenari, circa altri 70 GW di rinnovabili. In meno di 10 anni significa almeno 7 GW all’anno, quasi 9 volte la potenza installata nel 2020.
A livello locale qualcosa si muove. Il Comune di Bergamo è in fase di redazione del PAESC (Piano di Azione per l’Energia Sostenibile e il Clima) riferito all’asso temporale 2021-2030. Contemporaneamente, nel progetto Cli.C. Bergamo! è compreso “uno Studio di Fattibilità di un Progetto Pilota di ‘Comunità Energetica’, ossia un modello innovativo di approvvigionamento, distribuzione e consumo dell’energia con l’obiettivo di agevolare la produzione e lo scambio di energie generate principalmente da fonti rinnovabili, nonché l’efficientamento e la riduzione dei consumi energetici”. La speranza è che da cosa nasca cosa e che si possa procedere a grandi passi verso il raggiungimento degli obiettivi climatici italiani ed europei.