Nel cuore verde dell’Orto Botanico di Bergamo, dove la natura incontra l’arte, Margherita Leoni ci accoglie con il suo spirito vibrante. Pittrice botanica e viaggiatrice, è tornata alla sua città natale dopo aver esplorato luoghi remoti e selvaggi, come la foresta amazzonica. Qui, tra foglie e fiori, ci guida in un percorso emozionante che intreccia scienza, arte e una profonda connessione con la natura. Oggi insegna la tecnica dell’acquerello, trasmettendo ai suoi studenti non solo una disciplina artistica, ma anche una nuova visione del mondo naturale.
ARM: Margherita, il tuo percorso artistico è intrecciato con le radici della tua Bergamo. Cosa rappresenta per te la tua città natale e come il suo paesaggio ha nutrito la tua creatività?
ML: Bergamo ha sempre rappresentato una parte essenziale del mio essere e della mia evoluzione artistica. Fin da bambina, i miei genitori mi portavano in gita in Val Seriana, dove ho sviluppato un legame profondo con la natura. Quel paesaggio mi ha insegnato l’arte dell’osservazione e il rispetto per il mondo naturale, valori che hanno gettato le basi per la mia passione per la botanica.
Durante la mia formazione artistica, prima al liceo artistico e poi all’Accademia di Brera, quel legame con il territorio è diventato la bussola che ha orientato la mia carriera. Nonostante i lunghi periodi trascorsi in Brasile, ogni anno sentivo il bisogno di tornare a Bergamo per riconnettermi con le mie radici e rigenerare la mia creatività. Nel 2001, la mia carriera ha conosciuto una svolta decisiva proprio a Bergamo, con la mostra «Orchideas Brasileras: tesori di una foresta da salvare» al Teatro Sociale, organizzata dall’Orto Botanico. Questo evento è stato non solo un trampolino di lancio per la mia attività artistica, ma mi ha anche dato l’opportunità di approfondire temi per me fondamentali, come la tutela della biodiversità.
ARM: Hai viaggiato nei luoghi più remoti e selvaggi, come la foresta amazzonica. In che modo quei paesaggi esotici e misteriosi hanno arricchito la tua visione artistica e il tuo modo di rappresentare la natura?
ML: La foresta amazzonica, con la sua vasta biodiversità e la sua forza vitale, ha trasformato profondamente il mio modo di percepire la natura. Non si tratta solo di essere colpita dalla bellezza selvaggia di quei luoghi, ma anche di immergermi in uno studio scientifico. Ho studiato botanica in Brasile, apprendendo molto più della flora locale che di quella italiana. Quella conoscenza ha arricchito il mio approccio, permettendomi di combinare l’osservazione scientifica con l’espressione artistica. Anche i viaggi più brevi, come le vacanze in Corsica, sono stati momenti di immersione profonda nella natura.
Quest’ estate ho riempito un taccuino di disegni anatomici e botanici, creando un dialogo tra i due mondi, quasi come se il paesaggio si riversasse dentro di me. È questo contatto diretto con la natura che mi permette di rappresentarla in modo autentico. Dipingo ciò che vivo: devo essere presente, osservare la luce, sentire l’energia di un luogo. A volte, la mia creatività prende vie più astratte, soprattutto di notte. Sto sperimentando disegni fatti al buio, come se volessi staccarmi dalla rappresentazione fedele per immergermi in un mondo di sogni e intuizioni. È un modo per esplorare la mia creatività in un modo più istintivo, meno controllato.
ARM: Bergamo con le sue colline ordinate e l’Amazzonia, con la sua vastità incontrollata: come convivono questi due mondi nella tua arte?
ML: Questi due mondi convivono in armonia nella mia arte. Bergamo e l’Amazzonia non competono, ma si completano. Le dolci colline della mia città natale, con i loro colori pastello, coesistono con l’esplosiva vitalità cromatica del Brasile. La ricerca della bellezza della natura è il filo conduttore che lega questi due mondi. Ciò che veramente mi interessa non è solo la forma esteriore delle piante, ma la loro anima, la loro energia vitale. Voglio catturare ciò che c’è sotto la superficie, la vita interiore della natura. Che si tratti delle montagne di Bergamo o delle foreste del Brasile, il mio lavoro mira sempre a esplorare questa dimensione più profonda.
ARM: La foresta amazzonica è un mondo di meraviglia e di mistero. C’è stato un momento in cui ti sei sentita particolarmente ispirata da quella natura primordiale?
ML: Ho sempre avuto più paura della città che della natura. Le mie esplorazioni nella foresta amazzonica e in altri luoghi sono state fatte in modo consapevole, sempre accompagnata da guide esperte. Non mi sono mai spinta nell’entroterra amazzonico più selvaggio, ma ho esplorato questi mondi con il mio kit artistico minimalista, cercando di catturare l’essenza dei luoghi.
Una delle esperienze più intense che ho vissuto è stata nel Cerrado brasiliano, una regione di savana apparentemente arida e devastata dagli incendi. Mi aspettavo di trovare un paesaggio distrutto, ma siamo arrivati subito dopo una pioggia, e ho assistito a una rigenerazione sorprendente. Piante della famiglia delle bromeliacee fiorivano, rigenerandosi dal fuoco stesso. Era come se la vita nascesse dalla distruzione. In quell’occasione, ho raccolto carbone e cenere per usarli come materiali artistici. Volevo trasmettere il messaggio che la vita può emergere dalla morte. Ho persino bruciato un mio acquerello, un’opera che avevo realizzato lì, per sottolineare questa idea di rinascita e trasformazione. Quell’azione è stata un modo per riflettere criticamente sulla nostra relazione con la natura e per elevare la mia arte a un livello di consapevolezza più profondo e non solamente contemplativo.
ARM: C’è una pianta o un fiore brasiliano che ti ha colpito al punto da diventare uno dei tuoi soggetti preferiti da dipingere? E la stessa domanda per qualche nostra specie autoctona.
ML: Sono profondamente attratta dagli alberi, che spesso rappresento nei miei lavori. Per quanto riguarda Bergamo, sono affezionata alla quercia e al ciliegio selvatico in fiore. Queste piante evocano in me un senso di forza e delicatezza, rappresentando l’equilibrio della natura bergamasca. In Brasile, invece, sono affascinata dalle bignoniaceae, con i loro fiori dai colori vibranti. Il giallo, il rosa e il bianco che riempiono l’ambiente incarnano perfettamente l’energia vitale del Brasile. Il paesaggio brasiliano mi stimola a usare colori più intensi, mentre in Italia i toni diventano più delicati, quasi pastello. La mia arte si adatta costantemente ai luoghi che vivo, come se mi immergessi completamente nel loro spirito.
ARM: Essere madre e artista sembra un equilibrio delicato. Come la maternità ha cambiato il tuo modo di vedere e vivere la natura ed esprimerla attraverso la tua arte?
ML: Essere madre ha influenzato profondamente il mio percorso artistico. Inizialmente, la maternità ha limitato i miei spazi e tempi creativi, ma, una volta trovato l’equilibrio, ho scoperto che la mia arte aveva raggiunto una nuova maturità. I miei figli sono diventati parte integrante del mio viaggio artistico: non solo mi accompagnano nelle mie spedizioni, ma si sono trasformati in critici attenti del mio lavoro. È commovente vedere come interpretano la natura e l’arte con la loro sensibilità unica.
Un momento particolarmente significativo è stato quando ho bruciato un acquerello a cui ero profondamente legata. Mio figlio Leon ha pianto, percependo la memoria profonda del luogo rappresentato e il valore del mio lavoro. In quell’istante ho capito quanto profondamente la mia arte toccasse i miei figli e quanto fosse ormai parte delle loro vite. Non ho mai avuto bisogno di spiegare loro il mio lavoro; lo hanno sempre osservato e assorbito in modo naturale.
ARM: Attualmente stai tenendo un corso di acquerello nel giardino botanico della nostra città. Quale magia speri di trasmettere ai tuoi studenti?
ML: La mia speranza è di rendere i miei studenti autonomi nel loro percorso artistico. Fornisco delle basi iniziali, ma il mio obiettivo è evitare di legarli alle mie scelte stilistiche. Credo che ogni artista debba scoprire il proprio linguaggio espressivo, e voglio incoraggiarli a esplorare la loro individualità. La mia formazione al liceo artistico mi ha insegnato il valore del rigore, una disciplina che mi è servita anche durante il mio percorso all’Accademia di Brera, dove ho potuto immergermi in un mondo di assoluta libertà soggettiva.
Ho sempre avuto una grande passione per le scienze naturali e l’arte, e sono riuscita a trasformare queste passioni in una carriera. In Brasile, ho avuto l’opportunità di lavorare con l’università, dove sono stata assunta per tenere corsi e realizzare illustrazioni. Il mio obiettivo era avvicinare il mondo accademico alla società, trasformando la bellezza botanica in una visione immediata e in un linguaggio universale. A Bergamo, l’insegnamento è arrivato come una naturale conseguenza delle mostre e delle esperienze che ho vissuto. Quando i miei studenti sono immersi tra foglie e fiori, spero che possano percepire la magia della natura e tradurla nelle loro opere. Desidero che possano scoprire non solo la bellezza esteriore delle piante, ma anche la loro essenza, creando un dialogo profondo tra l’arte e la natura.
ARM: Come si sviluppa il tuo processo creativo, sia quando ricevi commissioni che quando lavori liberamente?
ML: Il mio processo creativo varia molto a seconda del contesto. Quando ricevo una commissione, devo lavorare all’interno di parametri precisi: dimensione, tipologia, pianta... Quindi, il mio compito è quello di trovare un equilibrio tra le esigenze del committente e i miei gusti personali. È un processo più complesso e strutturato, dove devo unire ciò che amo con ciò che è richiesto. Quando invece lavoro di mia iniziativa, ultimamente mi lascio trasportare verso creazioni più introspettive e oniriche, meno immediate. Questi lavori sono più personali, riflettono le mie emozioni e stati d’animo profondi. A prescindere dal tipo di opera, però, mi impongo sempre dei limiti temporali. L’esperienza mi ha insegnato a riconoscere il momento esatto in cui un’opera è finita, quando prende vita propria e sento che è completa. È come con un figlio: a un certo punto devi lasciare che vada da solo. Alcune volte mi impongo di completare un’opera in una notte.
Questo metodo introspettivo mi aiuta a concentrarmi e a limitarmi. Proprio come nei sogni, ogni notte racconta una storia, e così anche le mie opere. Questa introspezione è sicuramente una mia forza, ma spesso può diventare anche una debolezza, perché mi perdo un po’ nel confronto con gli altri. Infatti, pur avendo un marito artista, non mi è mai capitato di lavorare insieme a lui. Ci consigliamo e confidiamo, perché siamo cresciuti insieme artisticamente, ma abbiamo processi creativi molto differenti. Invece, con mia figlia sì, a volte lavoriamo a quattro mani. È un’esperienza molto particolare e unica, che però per ora non riuscirei a condividere con nessun altro.
ARM: A malincuore è giunto il momento di salutarci, mi auguro che i lettori possano, anche solo leggendo, immergersi nel magico “mondo Margherita”, come ho potuto fare io materialmente frequentando il tuo corso.
ML: Questo dialogo tra arte, natura e vita quotidiana è ciò che mi guida e, a mio modo, spero di poter trasmettere questa passione anche agli altri, attraverso le mie opere e l’insegnamento. Ogni pennellata, ogni foglia dipinta è un invito a fermarsi, osservare e sentire il mondo che ci circonda, con tutto il rispetto e la meraviglia che merita.